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Libano: è stato «Al Qaeda», proprio così

di Massimo Granata - 22/05/2007

 
 
L'esercito libanese ha ripreso a bombardare per il terzo giorno il gruppo di militanti islamici di Fatah al-Islam in un campo profughi nel Libano del Nord.

LIBANO - Fatalmente il calvario del Libano sta ricominciando.
Gli ultimi avvenimenti a Tripoli sono emblematici.
I soliti noti vogliono, fortissimamente vogliono, innescare in Libano una guerra civile che consenta loro di intervenire e regolare i conti con Hezbholla.
Purtroppo per loro non trovano tra i libanesi personaggi volenterosi in questo senso.
Gli unici due figuri pienamente disponibili alla bisogna sono Samir Geagea  e Fouad Siniora che sono ancora ai loro posti di prestigio, e non in galera o sulla forca come meriterebbero, perché sostenuti dagli Usraeliani.
Ma Geagea è sempre più minoritario nel consenso dei maroniti e Siniora soffre del nuovo corso saudita che ha portato Amadinejad a Riad e di conseguenza ad una trattativa tra gli Hariri e Hezbholla per l’interposta persona di Nabib Berry.
E così ritornano in campo i palestinesi, come nel ‘76, ed esattamente come nel ‘76 si scopre che nei loro campi ci sono «volontari» da tutto il mondo e guarda caso che Hezbholla non è l’unica milizia con armi pesanti rimasta in Libano, come si è voluto far credere qui da noi.
I fatti di ieri, così come vengono descritti in cronaca  danno l’impressione di una vera e propria trappola preparata per le forze di sicurezza e l’esercito libanese.
Viene rapinata una banca ad Amioun, nei pressi di Tripoli.
Quattro «rapinatori» fuggono in auto e si lasciano inseguire dalla polizia sino ad una palazzina di
un quartiere elegante del capoluogo del nord del Libano.
Credendo di avere a che fare con dei semplici banditi le forze di sicurezza circondano l’edificio e a questo punto si scopre che tutti gli appartamenti del palazzo sono occupati da miliziani con armi pesanti.
Vengono fatti affluire rinforzi e si chiede l’intervento dell’esercito.

A riprova del piano preordinato i reparti dell’esercito libanese che affluiscono da sud cadono in una imboscata tesa loro nei pressi del villaggio di Qualamun e perdono qui 7 uomini.
Viene attaccata la caserma dell’esercito che controlla il campo palestinese di Nahar el Bared; anche qui 4 caduti tra le fila dell’Armée.
Rinforzi ai terroristi affluiscono anche nel centro di Tripoli.
L’esercito deve impiegare i blindati in una battaglia di alcune ore per le strade della città per riprenderne il controllo.
Bilancio degli scontri 23 caduti tra i soldati e la polizia e 14 tra i guerriglieri tra i quali si
scoprono uno yemenita e un cittadino del Bangladesh.
A sera poi un attentato, rivendicato da Fateh el Islam, il movimento salafita che sarebbe all’origine degli scontri di Tripoli, ha fatto due vittime a Beirut, nel quartiere di Ashrafie.
Alcune considerazioni si impongono a margine di questa cronaca: i disordini sono scoppiati nel nord perché al sud e intorno a Beirut Hezbholla ha provveduto da tempo a disarmare e a mettere sotto controllo i palestinesi.
L'attentato di Ashrafie è una chiara provocazione.
Perché mai attaccare per ritorsione i cristiani quando le forze che hanno represso la «rivolta» di Tripoli erano in gran parte sunnite?
Mi sembra poi difficile che si possano fare attentati ad Ashrafie senza che la mafia di Geagea sia almeno accondiscendente.
L’Orient le Jour , il «Corrierone» di Beirut associato a Project syndacate di George Soros, ha subito trovato un colpevole a Damasco, collegando i disordini di Tripoli alla querelle sul tribunale internazionale per l’attentato ad Hariri Senior.
Di conseguenza lo stesso giornale si è poi lanciato in un veemente attacco all’emiro Nashralla e al generale Aoun , colpevoli di «destabilizzare» il Paese.


Infine una considerazione sulla Francia, da sempre patrona europea del Libano: uscito di scena Chirac il Libano riesplode.
Un primo via libera di Sarkozi ai «fratelli maggiori»?