Le due facce della moneta Sarkozy
di Alain de Benoist - 22/05/2007
P
er Ségolène Royal la china da risalireera davvero ardua. In un Paese
in cui l’insieme dei partiti di sinistra
rappresenta poco più del 36% dei
voti, la candidata socialista poteva sperare
di imporsi solo conquistando i voti che
erano andati al primo turno a François
Bayrou, o persino a Jean Marie Le Pen.
Ma il 6 maggio, il 63% dei lepénisti e il
45% degli elettori di Bayrou le hanno preferito
Sarkozy. Vittima dell’aritmetica elettorale,
sfavorita dal grande scarto (doveva
contemporaneamente piacere sia ai
centristi che all’estrema sinistra), penalizzata
dalle proprie gaffes di fronte ad un
candidato sempre sicuro di sé, mal sostenuta
dalla sua stessa parte elettorale, la
candidata socialista non poteva che essere
sconfitta. Gli elettori francesi hanno alla
fine preferito il trittico “maschile” di
Nicolas Sarkozy, “lavoro-autorità-merito”,
al trittico “materno” di Ségolène
Royal, “giustizia-compassione-rispetto”.
Il primo risultato è che questa elezione
presidenziale determinerà una ricomposizione
del paesaggio politico. Nel Partito
Socialista, dopo la sconfitta di Ségolène
Royal, è suonata l’ora del regolamento
dei conti. Ora il PS si trova ad una svolta
della sua storia. Con i Verdi ridimensionati
e i comunisti praticamente scomparsi, è
diventata impensabile una nuova strategia
di “unione della sinistra”. Dunque i
socialisti dovranno confrontarsi per sapere
se il “rinnovamento della sinistra” passa
dalla ricerca di “nuove convergenze”
con i centristi o se è ancora possibile
“rifondare” un partito social-democratico
indipendente. François Bayrou, che ha
annunciato la creazione di un nuovo partito,
il Movimento democratico, spera evidentemente
di trarre benefici da questo
“aggiornamento”.
Ma anche il Fronte Nazionale è in crisi.
La sconfitta del 22 aprile deriva dal fatto
che la borghesia ha lasciato cadere Le
Pen. La destra autoritaria, ostile alla liberalizzazione
dei costumi, ma in compenso
favorevole alla liberalizzazione economica,
ha trovato in Sarkozy il rappresentante
più giovane e più credibile di una “destra
senza complessi”. Prova di ciò è che negli
ambienti operai e nelle zone geografiche
più popolari Le Pen ha perso meno voti.
Cosa aspettarsi da Nicolas Sarkozy? E,
soprattutto, a quale Sarkozy bisogna credere?
Durante la sua campagna elettorale
il candidato dell’UMP ha tentato ogni
mezzo. Ma soprattutto ha tenuto discorsi
che né Chirac né Giscard d’Estaing
avrebbero mai fatto. Approfittando dello
spostamento a destra del paesaggio politico,
l’abbiamo sentito parlare della Francia
in termini di un lirismo finora riservato
a Le Pen. La sera in cui è stato eletto,
ha persino esclamato: «Restituirò l’onore
alla nazione e all’identità nazionale.
Restituirò ai Francesi l’orgoglio della
Francia». «Amo la Francia come un essere
caro, che mi ha dato tutto - ha aggiunto
-. Ora spetta a me restituire alla Francia
ciò che la Francia mi ha dato». Era quasi,
parola per parola, il discorso d’investitura
di Arnold Schwarzenegger eletto
Governatore della California. Dopo di
che, Sarkozy è andato agli Champs Elysées,
dove i suoi amici francesi dello
“show-business” e del “complesso militar-
industriale” avevano organizzato una
cena in suo onore. Infatti Sarkozy
è prima di tutto il candidato
dei datori di lavoro.
Sul piano sociale, sostiene
una meritocrazia all’americana:
“lavorare di più per
guadagnare di più”; resta
inteso che coloro che non
hanno come scopo essenziale
nella vita di “guadagnare
sempre di più” possono
essere legittimamente lasciati
sul bordo della strada.
Alle classi medie, vittime sia
dell’insicurezza che della
rapacità del capitale mondializzato,
ha fatto credere
che ristabilirà l’ordine e lotterà
contro “l’assistenzialismo”,
favorendo la flessibilità
del lavoro. In realtà propone
una società più competitiva,
più dura, in cui sarà data priorità
all’efficienza ed al rendimento
senza considerare i costi
sociali.
Sul piano della politica estera,
Sarkozy dice che «la Francia è
tornata in Europa», mentre si è
pronunciato in modo fermo
contro l’ingresso della Turchia
nell’Unione europea. Ma ha
anche annunciato che al popolo
francese non sarà richiesto
di esprimersi con un referendum
sul progetto “semplificato”
di Costituzione europea
che ha in mente di fare adottare
dal Parlamento. Ha fatto
subito visita ad Angela Merkel,
ma in privato non nasconde il
suo atteggiamento tiepido nei
confronti di russi e tedeschi.
Dice di essere sostenitore di
una “Europa politica” autonoma,
ma non ha smesso di dare
prove di simpatia all’America.
Il 12 settembre 2006, parlando
a Washington, Sarkozy riferiva
di voler «aprire una nuova era
nelle relazioni transatlantiche
», di «rifondare un’alleanza
» per «difendere i nostri
valori ed i nostri interessi
comuni». «L’America -
aggiunge - è il partner evidente
e naturale dell’Europa […].
È impensabile che l’Europa
costruisca la propria identità
opponendosi agli Stati Uniti
[….]. I legami che uniscono
l’Europa agli Stati Uniti sono
unici e insostituibili».
La sera del 6 maggio 2007 ha
dichiarato: «Voglio lanciare
un appello ai nostri amici
americani per dire loro che
possono contare sulla nostra
amicizia». Un nuovo Presidente
che salutava calorosamente
un popolo diverso da
quello che lo aveva eletto non
si era mai visto! La Casa
Bianca non si è scomposta: il
primo capo di Stato a congratularsi
con Sarkozy è stato
George W. Bush.
Sarkozy è un uomo assetato di
potere. Sappiamo che è forte
con i deboli e servile con i
potenti. François Bayrou lo ha
già messo in guardia contro la
tentazione del “potere assoluto”.
Durante la campagna
elettorale, il suo slogan era:
“Insieme, tutto diventa possibile”.
I suoi avversari rispondono:
con lui, in effetti, tutto è
possibile, ed è proprio ciò che
bisogna temere.