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Colpo d'oppio su Kabul. Le piantagioni di papavero hanno raggiunto i 165.000 ettari

di Massimo Ciullo - 22/05/2007

In Afghanistan le piantagioni di papavero hanno raggiunto i 165.000 ettari

Dopo diversi

anni di occupazione,

le

“teste d’uovo” del

Pentagono hanno

compreso che, in

Afghanistan, non si

può disgiungere la lotta

al terrorismo dalla

battaglia contro la

produzione dell’oppio,

principale fonte

di finanziamento per

gli stessi “signori della

guerra” locali.

Il Paese asiatico ha, di

fatto, il monopolio - il

92% - della produzione

mondiale di questa

sostanza stupefacente.

L’altro dato, piuttosto sorprendente,

è che da quando il regime

dei Talebani è stato rovesciato

dall’invasione della

coalizione NATO, i trafficanti

di droga afghani hanno addirittura

aumentato la produzione.

L’intervento militare dell’inverno

2001 aveva provocato

una drastica flessione della

produzione illecita che aveva

toccato i minimi storici, con

solo 7.606 ettari dedicati alla

coltivazione del papavero.

La situazione, però, è radicalmente

mutata in peggio, come

confermato dai dati contenuti

nel rapporto del 2006, presentato

dalla Giunta internazionale

per il controllo degli stupefacenti

(INCB). Secondo il

report dell’organismo internazionale,

lo scorso hanno si è

toccata la cifra record di 6.100

tonnellate di oppio prodotte

illecitamente, con un incremento

pari al 50% in più

rispetto al 2005. Fonti delle

Nazioni Unite (UNODC) attestano

che nel 2006 la superficie

dell’Afghanistan dedicata

alla coltura illecita del papavero

ha raggiunto il livello di

165.000 ettari, un incremento

del 59% rispetto al 2005 e più

del doppio di quanto registrato

nel 2003.

L’oppio e i suoi derivati principali,

eroina e morfina destinate

in prevalenza al mercato dei

Paesi occidentali, muovono un

giro d’affari, per i produttori

afghani, che sfiora i tre miliardi

di dollari. Lo smercio al

minuto sugli stessi mercati viene

stimato in una forbice compresa

tra i 400 e i 500 miliardi

di dollari. Una valanga di

denaro che finisce perlopiù

nelle tasche dei signori della

droga, dei Talebani e di una

bella fetta di funzionari governativi

corrotti, anche di alto

rango. Le campagne per lo

smantellamento delle piantagioni

di papavero e la loro

riconversione sono finora fallite,

grazie alla complicità dei

governatori locali che si guardano

bene dall’intraprendere

azioni contro la principale fonte

di guadagno per il Paese.

Il responsabile dell’antinarcotici

afghana, il generale Sayed

Kamal Sadar, ammette che

«dirigenti delle forze di sicurezza

e capi della polizia sono

coinvolti nel traffico. I trafficanti

finanziano i governatori

per ottenere il loro consenso

alle coltivazioni nelle loro

zone. Fino a ora non ho visto

nessun governatore o comandante

delle forze di sicurezza

disponibile a prendere misure

contro le coltivazioni e il traffico

».

Informazioni confermate dagli

stessi militari statunitensi sul

campo, che da diverso tempo

hanno segnalato l’andazzo

afghano a chi di competenza.

Solo che le loro richieste di

bombardare le piantagioni di

oppio o di arrestare i leader dei

trafficanti hanno sempre incontrato

strane resistenze ai vertici

dell’Amministrazione Bush.

L’ex-ministro della Difesa,

Rumsfeld, ad esempio, ha sempre

dubitato che gli introiti del

traffico di eroina finissero nella

disponibilità dei Talebani,

compiendo un grave errore di

percezione secondo i militari

USA.

AWashington hanno finalmente

compreso che il problema

della produzione di oppio è

strettamente legato alla questione

della sicurezza interna e

della stabilizzazione del Paese.

«Si riconosce ora che è tutto

correlato, che si tratta di un’unica

questione. Non è più solo

un problema di droga,

ma economico, politico

e di sicurezza»,

dichiara Thomas

Schweich, coordinatore

per l’Afghanistan

dell’impegno nella lotta

al traffico di stupefacenti

del Dipartimento

di Stato. Nell’immediato,

la risposta statunitense

è stata di inviare

a Kabul agenti

colombiani, inquadrati

nella DEA, per avviare

programmi di addestramento

delle forze locali.

Tra un paio di mesi,

sempre nella capitale,

verrà inaugurato un

nuovo Centro giuridico

antinarcotici, con due

tribunali, gli uffici per 70

magistrati e un carcere per 56

detenuti. L’impegno più gravoso

per la nuova struttura sarà

quello di riuscire a portare sul

banco degli imputati coloro

che reggono le fila del mercato

dell’oppio: impresa quasi proibitiva,

visto che si dovrebbero

trascinare in tribunale anche

esponenti di spicco del Governo

Karzai, sostenuto dalla

Coalizione internazionale. In

una lista predisposta da alcuni

agenti statunitensi figurerebbero

addirittura 5 ministri dell’attuale

Esecutivo.