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La flora sub-antartica di Mas a Fuera

di Francesco Lamendola - 23/05/2007

 

 

 

   C’è una sorpresa in serbo per chi navighi dalla punta settentrionale della Nuova Zelanda in direzione est, verso l’America del Sud.. Dopo aver percorso qualcosa come un terzo del periplo terrestre senza mai avvistare ombra di terra, neppure uno scoglio, neppure un uccello marino, improvvisamente a 33°45’ lat. S. e a 80°45’ long. O., egli si vedrà emergere incontro una muraglia di roccia basaltica la cui cima si nasconde fra le nubi.

    Quest’isola disabitata dal profilo fantastico, piccola (85 kmq.: più o meno come la nostra Pantelleria), drizza la vetta perpendicolare a 1.650 metri d’altitudine, simile – secondo la suggestiva immagine di un eminente scrittore cileno – al forte e inaccessibile castello del signore feudale di quei mari incolleriti (B.Vicuna-Mackenna, 1974). E’ Mas a Fuera (= più al largo) e venne così chiamata nel 1563 dal suo scopritore, il navigatore spagnolo Juan Fernandez, con riferimento alla sua gemella situata 150 km. più vicino alla costa americana, Mas a Tierra appunto (S. Zavatti, 1967).

Così la descrive un membro della squadra navale tedesca che incrociò nel 1914 in quelle acque:

 

“Sulla costa occidentale dell’isola una parete a picco rocciosa si eleva rapidamente a più di 1.000 metri sul livello del mare. Ciò dà una grande impressione e appare talmente inospitale da indurre ben difficilmente le navi a soggiornarvi a lungo… Oggi ancora è viva in me la prima impressione datami da quell’incombente colosso, che ci dominava (H. Pochhammer, 1932).

 

Che questo lembo di terra sub-tropicale, smarrito nell’immensità del Pacifico, ospitasse una flora completa di tipo sub-antartico o magellanico, il mondo lo ignorava ancora nel XX secolo. L’isola era rimasta sempre disabitata (e lo è ancor oggi), tranne un breve periodo dal 1909 al 1913, quando fu adibita a colonia penale (C. Skottsberg, 1918). Nell’estate australe del 1891-92 vi aveva soggiornato, tra l’altro, la spedizione scientifica diretta dal prof. Federico Johow, un illustre botanico cileno di origine germanica.

 L’itinerario delle sue escursioni, sulla carta, mostra che egli esplorò le quebradas” (=burroni, canyons) Casas e Vacas, così profondamente incise da tagliar quasi in due l’isola (1), quindi si spinse a nord-ovest fino al Plano de la Mona e a sud ovest fino alla base del picco Los Inocentes, la vetta più alta dell’isola. Non risalì tuttavia questo impervio massiccio montuoso e non penetrò nei canaloni ombrosi bagnati dalle cascate. Aveva soltanto pochi giorni a disposizione e le zone alpine dell’isola sembravano accessibili solo a degli scalatori provetti, cosa che egli e i suoi collaboratori non erano. Così, ripartendo in gennaio con la piccola nave Huemul, egli credette in buona fede d’aver visto tutto quello che d’interessante Mas a Fuera poteva offrire in campo botanico (F. Johow, 1896). E cioè non molto, a paragone dei tesori di storia naturale di Mas a Tierra: niente, comunque, d’insolito per la posizione sub-tropicale dell’isola: la mirtacea arborescente endemica Myrceugenia Schultzei; gli alberi del genere Robinsonia (famiglia delle Compositae o Asteracee), in parte endemici; la felce arborea Dicksonia Berteroana,  i cui parenti più prossimi vivono a distanze enormi nelle isole del Pacifico occidentale (Figi, Nuova Zelanda, Australia, Tasmania), oltre che sull’isola gemella.

La fitta foresta termina superiormente a circa 660 metri sul livello del mare. E’ un limite climatico e non imposto dalla mancanza di terra adatta nelle parti più elevate dell’isola. Al di sopra di esso ha inizio il regno dei prati e delle felci, spesso avvolto dalla nebbia e, d’inverno, imbiancato dalla brina e, nelle parti più elevate, anche dalla neve. Si avverte che la regione ha carattere alpino, per la vegetazione stentata simile a quella di una tundra e per i massi rocciosi arrotondati dall’erosione e disseminati tutto intorno.

    E’ qui che il botanico svedese Carl Skottsberg fece, nell’agosto del 1908 (cioè in pieno inverno australe), la scoperta della flora magellanica, poiché egli fu il primo a posare il piede sulla sommità dell’isola (Lamendola, Il Polo n. 3. sett. 1988).

    Questa flora è composta da un’associazione completa di vegetali inferiori e superiori e comprende il rovo subantartico Rubus geoides, la comune associazione di muschi subantartici Lycopodium magellanicum, l’aster nano di montagna del Sud Lagenophora.

        E fu ancora lo Skottsberg a scoprire, sempre nel 1908 (ma ritornò nell’isola anche nel 1917), l’endemica Gunnera-Mas-a-Fuerae, tipica dei corsi d’acqua, una pianta erbacea dalle foglie ampie persino tre metri. Essa è parente della Gunnera peltatache cresce a Mas a Tierra e appartiene ad un genere diffuso tanto in Australia, che nelle isole Hawaii (Gunnera petaloides) e in Sud America (Gunnera chilensis). Queste grandi ed eleganti dicotiledoni sono ben note agli studiosi di botanica per il fatto che sovente ospitano, nel rizoma e nel fusto, delle colonie di schizoficee simbionti (specialmente Nostoc e Chroococcus) (C. Cappelletti, 1969).

     La flora sub-antartica di Mas a Fuera costituisce un piccolo, affascinante mistero per il naturalista. Essa è esclusiva di questa isola: nessun elemento magellanico è presente a Mas a Tierra. La ragione di tale differenza è evidentemente altimetrica, poiché la massima elevazione di Mas a Tierra, il massiccio chiamato El Yunque (= L’Incudine) non raggiunge che i 915 metri sul livello del mare. Donde è immigrata la flora sub-antartica di Mas a Fuera, dunque, visto che essa non si trova né sulla sua gemella, né sulla costa del Cile dirimpetto alle isole?

   Abbiamo già avuto modo di ricordare di sfuggita la questione in un precedente articolo (F. Lamendola, 1985). All’epoca delle grandi glaciazioni quaternarie anche la valle del Cile centrale dovette conoscere un sensibile raffeddamento del clima e un conseguente mutamento della vegetazione. La flora sub-antartica del Sud America, che oggi è relegata nelle regioni magellaniche del Pacifico, si spinse a nord sfruttando le pendici della Cordigliera. (2) Di lì essa fu in grado di superare i circa 830 km. di mare fra Valparaìso e Mas a Fuera (forse utilizzando Mas a Tierra e Santa Clara, la terza isoletta del gruppo delle Juan Fernàndez, quali “ponti” intermedi), con l’aiuto del vento e degli uccelli.

   Ma  sulle due altre isole di questo piccolo arcipelago oceanico non sopravvisse, perché mancavano le condizioni ambientali: si acclimatò bene, invece, sull’elevato altopiano di Mas a Fuera. Il ritorno di un clima caldo portò poi allo scioglimento di vasti ghiacciai sul continente (il cui relitto più imponente è oggi il cosiddetto Hielo Continental, fra 48° e 52° di latitudine Sud all’incirca), e lasciò la vetta di quella remota isola sub-tropicale quale avamposto smarrito della flora sub-antartica, il più settentrionale del mondo.

    Però nelle condizioni di isolamento evolutivo, tipiche degli ecosistemi insulari (e specialmente oceanici) la vicenda fitogeografica di Mas a Fuera procedette al rallentatore in confronto a quella del vicino continente. Ecco come si spiega il fatto che, oggi, l’elemento floristico cileno presente nelle Juan Fernandez sia da porre chiaramente in relazione non già con quello mediterraneo del Cile centrale, che cresce alla medesima latitudine, bensì con quello della regione di Valdivia (nel Cile centro-meridionale dal clima piovoso), registrando un ulteriore “salto” rispetto alle fasce di vegetazione del Sud America.

    Questa lentezza dell’evoluzione vegetale in un distretto così isolato come le Juan Fernandez non si colloca fra le ipotesi, ma è una certezza scientifica, suffragata da positivi dati di fatto. Ad esempio, l’elemento floristico tropicale, che pure è presente nelle isole (e particolarmente evidente nelle pteridofite) non è apparentato tanto con la flora tropicale odierna della Polinesia o del Sud America, bensì con quella di lontane epoche geologiche. Come si ricorderà, abbiam detto che le felci arborescenti del genere Dicksonia si ricollegano a specie consimili del Pacifico occidentale, dell’Australia e perfino dell’Asia orientale (addirittura, il Santalum fernandezianum, scomparso da Mas a Tierra all’inizio del Novecento, era parente di specie diffuse anche in India). Però, nel caso della felce arborea Thyrsopteris elegans sarebbe vano cercare relazioni con specie tropicali odierne: l’unico possibile raffronto può essere fatto con specie pre-terziarie, vale a dire scomparse da oltre 70 milioni di anni in tutto il resto del mondo!

   Rimane il fatto che il “climax” attualmente stabilito nella regione alpina di Mas a Fuera, pur essendo evidentemente frutto di una vegetazione relittuale, costituisce un consorzio completo e rigoglioso, qualcosa di più, insomma, di un elemento precariamente immigrato dall’esterno e in qualche modo sopravvissuto. (Il climax, in biologia, è lo stato di equilibrio di una comunità di organismi vegetali o animali, che rimane stabile finché non si alterino in modo significativo le condizioni ambientali).  Questo fatto ha dato parecchio da pensare ai geobotanici.

   Skottsberg, personalmente, era convinto che in un passato geologico le isole Juan Fernandez dovettero far parte di una terra più estesa, in seguito sprofondata; una variante della teoria dei “ponti continentali” di origine ottocentesca. Egli era rimasto colpito dalla diversità floristica esistente fra le isole e il vicino Cile; e, viceversa, dalle relazioni evidenti che si notavano fra esse e le altre lontanissime terre dell’Oceania.

   Anche Wegener prese atto di tale osservazione, e cercò di inserirla nel quadro generale della sua teoria sulla formazione delle isole del Pacifico quali “relitti” della deriva del continente asiatico verso Ovest (A. Wegener, 1976). E, più recentemente, R. D. Good, nella sua fondamentale classificazione fitogeografica, ha assegnato alle Juan Fernandez una regione floristica propria (come per le Hawaii o per la Nuova Caledonia), indipendente da quella del Sud America (E. Padoa, 1968).

 

    Che altro dire? Tutte le principali teorie geobotaniche, a cominciare da quella migrazionista, sono messe alla prova dai problemi di storia naturale sollevati da queste piccole isole, e specialmente dalla presenza della flora sub-antartica di Mas a Fuera.

    Il campo è tuttora aperto a nuovi, auspicabili contributi.

 

 

                                                               Francesco Lamendola

 

 

 

 

NOTE

 

1)   Cfr. lo schizzo della costa orientale di Mas a Fuera riprodotto nella carta geografica (ne Il Polo, n. 1, 1989), e tratto dall’originale di F. Johow, ove è tracciato l’itinerario seguito dal botanico cileno.

2)   Cfr. La carta Le glaciazioni quaternaria e attuale delle Ande nella Enciclopedia Italiana, ed 1949, vol. III, p. 178.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

 

 

AA. VARI, Enciclopedia Italiana delle scienze, vol. 1, p. 272: I Vegetali, Novara, De Agostini ed., 1972.

 

BONATTI, WALTER, In terre lontane, Milano, Baldini & Castoldi, 2001, pp. 232-237.

 

BRANCHI, CAMILLO, L'isola di Robinson, in Le vie del mondo, n. 5 maggio 1953, pp. 485-495.

 

CAPPELLETTI, CARLO, Trattato di Botanica, Torino, U. T. E. T., 1969 (2 voll.), vol. 1, p. 579; vol. 2, pp. 885, 1.397.

 

DE CASTRO, RODRIGO Le isole di Robinson, in Atlante, n. 11 novembre 1992, pp. 26-33.

 

HOLSTEIN, Otto, Robinson Crusoe e la sua isola, in L'Universo, n. 1 gen. 1933, pp. 1-15.

 

JOHOW,FEDERICO, Estudios sobre la flora de las Islas de Juan Fernandez, Santiago de Chile, 1896.

 

LAMENDOLA, FRANCESCO Carl Skottsberg, un naturalista alla scoperta dell’estremo Sud, su Il Polo, n. 3, sett. 1988, pp. 11-17.

 

LAMENDOLA, FRANCESCO, Il limite antartico della vegetazione arborea, su Il Polo, n. 4 dic. 1985, pp. 29-35.

 

VICUNA-MACKENNA, BENJAMIN, Historia verdadera de la isla de Robinson Crusoe, Santiago de Chile, 1883, rist. Ediciones Universitarias de Valparaìso, 1974 (2 voll.), vol. II, p. 782.

 

PADOA, EMANUELE, Biologia generale, Torino, Boringhieri, 1968, p.753.

 

POCCHHAMMER, HANS, L’ultima crociera dell’Ammiraglio Spee, tr. It. Milano, F.lli Marangoni ed., 1932, p. 160.

 

SCMITT, W. L., A Voyage to the Island home of Robinson Crusoe, in National Geographic Magazine, n. 2 feb. 198, pp. 353-370.

 

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SKOTTSBERG, CARL, The Islands of Juan Fernandez, in The Geographical Review, maggio 1918, p. 375.

 

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WEGENER,ALFRED La formazione dei continenti e degli oceani, tr. it. Torino, Boringhieri, 1976, p. 170.

 

ZAVATTI, SILVIO, Dizionario degli esploratori e delle scoperte geografiche, Milano, Feltrinelli, 1967, p. 109.

 

 

 Artcolo pubblicato su “Il Polo”, n. 1 del 1989, la rivista dell’Istituto Geografico Polare fondata da Silvio Zavatti