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La penisola del tesoro, anzi dei tesoretti

di Decio Siluro - 23/05/2007

 
Nelle tasche delle famiglie italiane entrano sempre meno soldi o, meglio, quelli che entrano hanno sempre minor valore d’acquisto. Così chi va al mercato, al supermercato o sempre più spesso al discount, per fare la spesa deve avere bene in mente quali siano le risorse economiche delle quali la sua famiglia può disporre; questo, ovviamente, per evitare che si spendano più soldi di quanti materialmente ne entrino in casa.
Sono regole semplici, quelle del buon padre di famiglia o della buona massaia, ma non sembrano essere le regole dello Stato italiano evidentemente guidato da chi non sa essere buon padre di famiglia e nemmeno discreta massaia. Lo Stato, infatti, altro non dovrebbe essere che la famiglia di tutti gli italiani e il ministro dell’Economia prima di tutti e poi anche il presidente del Consiglio e tutti gli altri ministri dovrebbero ben conoscere la situazione patrimoniale, se non altro per decidere le spese e la loro priorità.
Succede invece che nessuno sa bene quanti soldi ci siano in cassa e le risorse appaiono e spariscono secondo stravaganti quanto indecifrabili modalità.
I dipendenti pubblici sono in agitazione per il rinnovo del loro contratto scaduto da tempo (è stato anche già indetto uno sciopero per il prossimo 1 giugno) e fino a pochi giorni fa il governo rifiutava le richieste poste dai sindacati adducendo come motivazione la mancanza delle risorse necessarie per coprire l’esborso economico più gravoso.
E’ invece successo che il consiglio dei ministri convocato domenica scorsa abbia inaspettatamente “trovato” quei soldi ed ora le parti sembrano avvicinarsi per potersi incontrare su un aumento pro capite di 101 euro mensili ed un nuovo contratto con scadenza triennale.
Ci fa piacere sapere che i pubblici dipendenti potranno presto risolvere la loro vertenza, anche perché sappiamo i loro stipendi essere modesti e rappresentare proprio parte importante di quella fascia di ceto medio sempre più spinta verso il basso, ma le modalità ed i tempi di questa scoperta di nuove risorse ci lasciano perplessi e dubbiosi.
Intanto una domanda. Se la disponibilità c’era ed il governo sapeva, perché ha portato avanti un inutile quanto dannoso braccio di ferro? Sarebbe invece imbarazzante scoprire che la disponibilità c’era, ma il governo non lo sapeva. In questo caso sarebbe stata fatta salva la sua buonafede, ma sarebbe una grave prova di incompetenza ed incapacità.
Facciamo invece un’altra ipotesi, che sembra poi quella fatta trasparire dalle dichiarazioni del ministro della funzione pubblica Luigi Nicolais: i soldi non c’erano e sono stati trovati.
Già, ma come?
Le ipotesi possono essere solamente due. Questo denaro era inizialmente destinato per iniziative irrilevanti o peggio inutili per la comunità. In questo caso sarebbe opportuno individuare chi sono stati nel tempo i responsabili di queste scelte, perché non c’è dubbio che costoro abbiano prodotto un danno patrimoniale allo Stato. Non arriviamo a sperare che la Corte dei conti intervenga per chiedere la restituzione del maltolto, ma, poiché i responsabili sono certamente esponenti politici, vorremmo quanto meno conoscerne il nome, se non altro per non votarli mai più.
Esiste poi invece la probabilità che questi soldi erano destinati per iniziative utili o addirittura indispensabili, ma che questa improvvisa inversione di priorità sia stata dettata al governo da motivazioni elettoralmente interessate.
Non c’è dubbio che l’apparire di questi soldi in prossimità di un importante consultazione elettorale, che seppur amministrativa ha elevato valore politico, possa far pensar male. Già, perché in questo caso sarebbero gli italiani a dover pagare la campagna elettorale con la quale il centrosinistra sta cercando di salvare la poltrona dopo un anno di malgoverno.
E’ stato qui preso in considerazione il rinnovo del contratto degli statali solo perché è l’ultimo episodio del genere in ordine di tempo, ma tutta la destinazione del cosiddetto tesoretto potrebbe funzionare altrettanto bene come esempio.
Lo Stato è la cosa pubblica, ma questo governo continua a trattarci come sudditi e mette in sostanza le mani nelle nostre tasche pretendendo anche di non dirci cosa sta prendendo.