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Actarus, uno di noi. Intervista a Claudio Morici

di Cristiano De Majo - 23/05/2007

     
   
 

Chi è Actarus? Actarus lo conosciamo tutti o quasi. Actarus è il pilota di Goldrake, il robot con le alabarde spaziali. Ma Actarus è anche il protagonista di "Actarus. La vera storia di un pilota di robot" (Meridiano Zero, pp. 222, euro13) , ultimo romanzo di Claudio Morici, nel quale il pilota di Goldrake vive a Tokyo in un futuro non troppo lontano, ma è un giovane uomo pieno di problemi esistenziali che beve Peroni per distrarsi da un mondo invaso dalle chat.

Chi è Actarus? Actarus lo conosciamo tutti o quasi. Actarus è il pilota di Goldrake, il robot con le alabarde spaziali. Ma Actarus è anche il protagonista di "Actarus. La vera storia di un pilota di robot" (Meridiano Zero, pp. 222, euro13) , ultimo romanzo di Claudio Morici, nel quale il pilota di Goldrake vive a Tokyo in un futuro non troppo lontano, ma è un giovane uomo pieno di problemi esistenziali che beve Peroni per distrarsi da un mondo invaso dalle chat. La sua vita non lo soddisfa, si ripete sempre uguale - distruggi il male, salva la Terra, eccetera - e senza nessuna garanzia di stabilità. La salvezza può essere solo l'amore per una ragazza che lavora nel commercio equo e solidale. Sulle prime potrebbe sembrare un'usurata "operazione nostalgia", ma poi si capisce che si tratta piuttosto di una mimetica biografia sentimentale costruita con la materia dell'irrealtà (eppure così verosimile). Actarus è uno di noi, intendendo con noi quella generazione cresciuta davanti alla televisione e passata senza soluzione di continuità davanti allo schermo del computer.

Dopo esserti cimentato con i pazzi e il Messico dei funghi allucinogeni - tutte esperienze in qualche modo vissute sulla pelle - hai scelto come protagonista di questo nuovo romanzo Actarus, il pilota di Goldrake, robot del celebre cartone animato anni 80. Come si arriva a fare questo salto?
Direi che anche Goldrake l'ho vissuto sulla mia pelle. Non sarei quello che sono senza di lui, proprio come milioni di altre persone della mia generazione. Il fatto è che ha sostituito le favole della nonna davanti al fuoco e gran parte dell'interazione con i nostri genitori (i primi nella storia a piazzare i figli davanti la tv). Per scrivere il romanzo ho studiato tutte le puntate. Actarus parla come noi, i suoi atteggiamenti nei confronti di tematiche come la guerra, la diversità, gli affetti, ci appartengono di default. Come dire: è successo qualcosa quando eravamo bambini. La mia intenzione era riprendere questo qualcosa come metafora, ma anche svelarlo nella sua realtà causa-effetto, per comprendere i meccanismi di finzione del presente.

Quante volte scrivendo hai pensato che il romanzo potesse essere equivocato e preso come l'ennesimo prodotto del marketing della nostalgia?
Stavo scrivendo un libro sul pilota di Goldrake che si scola cinquanta Peroni al giorno, che subisce mobbing sul lavoro e che fa il colloquio da Jeeg, ma lì c'è tutto un altro stile aziendale. E pensavo: «chi me lo pubblica?». Poi ho intuito l'appeal editoriale, anche per la questione "nostalgica" e in fondo mi andava bene. Tuttavia non sono un nostalgico, Goldrake è solo un contesto funzionale. Il mio romanzo si interessa del mondo del lavoro, degli extracomunitari come Actarus e della nostra capacità di accorgersi che stiamo vivendo dentro un terribile cartone animato americano.

Il libro è pervaso da un sentimento di disillusione evidente, come di tradimento di un'utopia: continui sono i riferimenti all'epoca d'oro della New Economy e al suo successivo fallimento…
Ho iniziato a lavorare come creativo in una web-agency quando ti assumevano perché eri andato a fare il colloquio con lo skateboard. Ricordo che due minuti dopo che era caduta la prima torre gemella, il collega della scrivania accanto aveva preso la foto e ci aveva già fatto il desktop del computer, e mi diceva: «guarda che fico Cla!». Tre mesi dopo l'azienda stava fallendo, come tutte le altre. Non a caso i colleghi di Actarus chattano dalla mattina alla sera invece di interessarsi alla guerra. L'unica vera minaccia che puoi fargli è staccare la rete. E' una situazione che va oltre il precariato, no?

Chi è allora Actarus?
Actarus si accorge che c'è qualcosa che non va. Sono anni che gli dicono che la Terra è sul punto di essere distrutta, poi combatte, ammazza tutti e si ricomincia da capo. Lo stesso plot, 6 volte a settimana, dalle 7 alle 7:30, con replica il sabato... Actarus è l'unico a chiedersi: cosa sta succedendo? E' mai possibile? Ci hanno presi per bambini dai 7 ai 13 anni? Senza parlare delle puntate: magari stai nel nascondiglio segreto e tutto a un tratto ti ritrovi a fare la spesa al supermercato. Possibile che nessuno si accorga di niente? Actarus prova a parlarne ai pochi amici che gli rimangono, ma ottiene solo indifferenza. Allora tenta un differente stile di vita, ma ecco che dovrà pagarne tutte le conseguenze, una sorta di atroce vendetta della società. Actarus è il classico trentenne italiano: più dimostra di essere intelligente e più viene bombardato da missili termonucleari.

Esiste ancora una distinzione tra reale e irreale, tra il vero e il falso?
Actarus e la ragazza di cui si innamora (una pacifista che opera nel commercio equosolidale) in una scena del romanzo sono sdraiati a contemplare le nuvole. Il classico gioco del «che ci vedi?». Actarus non ci vede proprio nulla, nuvole e basta. Tranne alla fine, quando tra le forme scorge un bambino, con le scarpe sul divano, che lo sta guardando.

Hai frequentato per parecchi anni la piccola editoria e i circuiti alternativi. Che tipo di influenza hanno secondo te questi spazi sulla cultura italiana in generale?
Beh, il discorso è complesso, mi concedo però un'osservazione. Non conosco un libro pubblicato da un piccolo editore negli ultimi dieci anni che non poteva essere pubblicato anche da un editore medio o grande (se escludiamo ragioni di vendite). Il fatto è che non c'è più differenza di contenuti, e questo non mi piace per niente. Negli anni Settanta, ad esempio, non era assolutamente così. Oggi c'è una sorta di intesa, dove il grande fa le stesse cose del piccolo e pesca gli autori dai soliti 4-5 e tutti gli altri piccoli editori stanno lì che vorrebbero tanto che beccassero anche da loro. Roba incestuosa, no? E infatti spesso nascono figli disgraziati, brutti, dementi, pieni di problemi, che campano pochi anni.

Quali sono gli scrittori che in questo momento preferisci o quelli a cui ti sei ispirato per Actarus?
Actarus deve molto a Hubert Selby Jr, Viktor Pelevin e anche a Luciano Bianciardi. Gli italiani contemporanei che preferisco sono Pincio e Galiazzo.