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Elogio del crimine (recensione)

di Dj Melonarpo - 24/05/2007

 
 

Autore: Karl Marx
Titolo: Elogio del crimine (prefazione di Andrea Camilleri)
Edizioni: Nottetempo, Roma 2007
Pagine: 24

Nel corso di una Fiera di Torino alluvionata da eventi mediatici e scritture ibride, dai lucchetti di Moccia alla conversione di Lindo Ferretti, è stato per me un vero piacere imbattermi in qualche piccolo editore coraggioso capace di affrontare le asprezze del mercato senza scadere nella massificazione dell’offerta. Nascosti tra i poderosi allestimenti delle grandi case editrici, qua è la nei padiglioni fiorivano stands capaci di attirare immediatamente le mie attenzioni: da quello di “Sensibili alle Foglie” che hanno ristampato l’opera omnia (o quasi) del filosofo Georges Lapassade, a “L’orecchio acerbo” che affronta con grafica e materiali impensabili la letteratura per l’infanzia, alle edizioni Tunuè che affrontano il genere del fumetto con impressionante rigore filologico.
Il primo libro che mi sono sparato di ritorno alla base, ad esempio, fa parte di una collana denominata I sassi, dell’editore Nottetempo, una collana dove a soli 3 euro si possono acquistare pillole di saggezza a cura di grandi prosatori del pensiero mobile, da Hanna Harendt a Levi Strauss dalla Yourcenar a Karl Marx.
E proprio di Carlo Marx hanno ristampato questo geniale libello dal titolo “Elogio del crimine”, con una prefazione di Andrea Camilleri intitolata “Il rinascimento e l’orologio a cucù”.
Diciamo subito che tra le due scritture quella che suona decisamente più moderna ed efficace è quella del filosofo di Treviri, capace di esprimersi con un linguaggio decisamente ammaliante e dal grande valore sia letterario che filosofico. Zio Carlo Marx in 4 paginette agili e snelle ci convince del ruolo decisamente positivo svolto dal crimine sotto il profilo della produttività socioeconomica dell’intera collettività. Il delinquente con il suo crimine produce ed alimenta dinamiche economiche, il delinquente con il suo crimine giustifica l’esistenza di una serie di categorie professionali, dai giudici agli sbirri, dai professori di diritto agli scrittori di gialli (come Camilleri, appunto). “Il delinquente - afferma Marx - sprona le forze produttive, rompendo la monotonia e la banale sicurezza della vita borghese”. Il crimine arricchisce la società, quindi, ed anche le arti, è la conclusione dell’inventore del materialismo storico, che chiude il saggio citando un saggio di Mandeville, un polemista di fine settecento che nel suo “La Favola delle Api” aveva dimostrato come tutto il complesso apparato sociale delle api, volto al beneficio di tutto l’alveare, in effetti abbia la sua molla propulsiva (il classico motore immobile) nell’egoismo delle singole api.
L’introduzione di Camilleri (che consiglio di leggere dopo aver letto il testo di Marx) ci informa meglio su questo Mandeville, inserendolo all’interno di una corrente di satira paradossale che ha il suo maggior epigono nello Swift di “Modesta Proposta” (dove si propone di risolvere il problema dell’infanzia povera arrostendo i neonati e servendoli come cibo pregiato).
In effetti, a ben vedere, al di là dei pamphlet satirici e di proposte goliardiche, la logica dell’egoismo individuale è stata in quegli anni scelta da Adam Smith per gettare le basi ideologiche del liberismo e dell’intera società capitalista, per cui è naturale che zio Marx ne parlasse. O no?