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Ernst Jünger. Terrore e libertà (novità editoriale)

di Maurizio Guerri - 24/05/2007

Fonte: agenziax

copertina
 

Ernst Jünger

Terrore e libertà

di Maurizio Guerri


“Certi valichi e certe mulattiere si scoprono soltanto dopo aver fatto una lunga salita. Si è ormai giunti a una nuova concezione del potere, a brutali condensazioni dagli effetti immediati. Per opporsi a esse è necessaria una nuova concezione della libertà, ben lontana dagli sbiaditi concetti che oggi vengono associati a questa parola. Ma ciò presuppone che non ci si accontenti di salvar la pelle, e anzi si sia disposti a rischiarla.”

Che ne è della libertà del singolo nell’epoca della guerra infinita al terrore, della prevenzione come sistema di pensiero e nella società planetaria della produzione del lavoro? C’è ancora spazio per la pace, la bellezza e la felicità nell’era della pianificazione della vita? L’autore risponde a queste domande confrontandosi con il pensiero di uno dei più grandi interpreti della cultura europea del XX secolo, Ernst Jünger; in questo volume la sua visione del lavoro, della tecnica e della guerra si rivela come un imprescindibile punto di riferimento per chiunque non voglia arrendersi alla normalizzazione globale del pensiero e dell’azione.

Introduzione

«L’ordine planetario, così nel tipo come nella strumentazione, s’è già compiuto. Attende solo di essere riconosciuto e denunciato come tale [...]. Il progressivo estendersi dei grandi spazi fino a configurare un ordine globale, il confluire degli Stati mondiali nello Stato mondiale, o per meglio dire nell’impero mondiale, si connette al timore che d’ora in avanti la perfezione attinga le sue forme definitive a spese della libera volontà».

Muovendo da questa nitida visione di Ernst Jünger è possibile spiegare il titolo del presente saggio, Terrore e libertà: il mondo in cui viviamo è caratterizzato in ogni ambito da una ferrea necessità che assume sempre più spesso tratti perfetti, tecnocratici, disumani, terrifici; tuttavia è solo all’interno di questa necessità, in un costante contatto e confronto con essa che è possibile per l’uomo dare forma alla propria libertà. D’altra parte è lottando per la formazione del proprio «esser-così» (So-Sein) che la libertà assume necessariamente il carattere della ribellione, affinché appunto la «perfezione tecnica» non possa organizzarsi «a spese della libera volontà» del singolo. La libertà dell’uomo – è un tema che attraversa per intero l’opera di Jünger – è eterna, mutano però le forme attraverso cui è possibile che essa si realizzi, perché muta la necessità con la quale l’azione libera si deve rapportare. La necessità in cui oggi è inserito l’essere umano è l’«impero mondiale», una macchina planetaria del lavoro e dell’amministrazione dei popoli che penetra fin dentro alla vita del singolo e della specie; in questo senso la dimensione della libertà e della lotta per essa, tende a spostarsi oltre la linea descritta dal confine della politica classica e della storia: su questo terreno sconfinato «al muro del tempo» è dato oggi all’uomo un bene e un male, qui l’uomo deve trovare anche la forma della propria libertà.
Compito essenziale del presente saggio è quello di dialogare con questo aspetto estremamente fertile del pensiero di Ernst Jünger, di illuminarlo, tentando di rimanere fedele allo stile filosofico che attraversa per intero tutte le sue opere: la filosofia e l’arte come forme di comprensione del mondo, che devono mirare a vivificare l’azione, a essere restituzione dell’atto di conoscenza alla vita. Tale comprensione può essere definita simbolica, dove le due metà del symbolon sono costituite appunto dal pensiero e dall’azione. Proprio per questa ragione la filosofia jüngeriana permette non solo di gettare un fascio di luce anche là dove molti preferirebbero rimanesse il buio, ma possiede una forte dimensione utopica («Che cosa mai sarebbe l’uomo senza utopia?») che si radica nello stretto legame che unisce «felicità» e «libertà», quale essenza stessa dell’essere umano: dunque, il pensiero di Jünger è un pensiero che sa illuminare la miseria per poter andare oltre. Del resto, spiegava Ernst Bloch, «la speranza del futuro esige uno studio, che non dimentica la miseria, ma soprattutto ancora meno l’Esodo. L’andare oltre ha molte forme, la filosofia – nil humani alienum – le raccoglie e le medita tutte».
Il volume si articola intorno a quattro temi fondamentali del pensiero jüngeriano – la bellezza, il tempo, il lavoro e la guerra, il dolore – e tenta con l’ultimo capitolo di compiere il salto decisivo verso la questione fondamentale: nell’impero della mobilitazione planetaria, nell’era della «cessione di potenza» da parte dei singoli a favore del potere tecnico, economico e militare, quale libertà è possibile? Esistono oggi pericoli più grandi della perdita di libertà? È proprio vero ed è così indubitabile che la libertà risiede dove normalmente viene fatta apparire, nel sistema del comfort, nella logica della prevenzione, nella ideologia della democrazia? Nell’era della produzione del lavoro, del controllo tecnoscientifico della vita, dell’amministrazione burocratica delle coscienze, che volto possiede l’uomo libero?
Al di fuori delle categorie della politica e della storia, il volto dell’uomo libero si presenta ovunque e sotto spoglie inaspettate: ubiqua è la dimensione della violenza dell’«impero planetario», altrettanto ubiquo è il volto dell’uomo libero. Sempre meno, comunque, l’uomo libero si incarnerà nelle figure di coloro che occupano i centri del «potere funzionale». Potrà essere d’aiuto la seguente indicazione jüngeriana: se l’individuo deriva sempre più il suo “valore” in quanto è inserito all’interno di una «organizzazione» è facile intuire che il «potere funzionale» sarà sempre più amministrato da singoli di «statura modesta»; dunque dove si arriva a riconoscere «tratti di intelligenza, oltre la mera forza di volontà, siamo autorizzati a pensare di essere in presenza di gente all’antica»:

Eppure, dobbiamo ammetterlo, sono proprio quelli che lo spirito del tempo ha scelto con tocco infallibile, ammesso che tra i suoi diversi aspetti lo spirito del tempo possa assumere anche quello di una grande impresa di demolizione. Tutte queste espropriazioni, svalutazioni, uniformazioni, liquidazioni, razionalizzazioni, socializzazioni, elettrificazioni, ricomposizioni fondiarie, ripartizioni e polverizzazioni, non presuppongono né cultura [Bildung] né carattere [Charakter], che entrambi semmai, recano danno all’automatismo. In questo paesaggio di officine, dunque, il potere è messo all’incanto e se lo aggiudica colui che dà ali alla propria insignificanza con una forte volontà».

Il volto dell’uomo libero assomiglierà sempre più a colui che sfugge le funzioni, che sa stare faccia a faccia con la propria finitezza come Socrate nella cella, come Gesù Cristo sul Monte degli Ulivi, assume i tratti del singolo che «tra le cifre inerti è comparso a porgere aiuto»:

In ogni situazione e di fronte a chiunque il singolo può diventare il prossimo – rivelando così i suoi tratti originali, la sua nascita principesca. In origine la nobiltà consisteva nell’offrire protezione dalla minaccia di mostri e demoni. È ciò che tuttora distingue un carattere superiore: ed è quanto ancora risplende nella figura del secondino che passa di nascosto al prigioniero un tozzo di pane. Quei gesti non possono andar perduti: il mondo intero ne vive. Sono i sacrifici [Opfer] su cui esso poggia.6


Maurizio Guerri svolge attività di ricerca presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano e collabora con la cattedra di Estetica I. Ha pubblicato saggi di estetica, filosofia politica e filosofia della storia.

pp. 272, illustrato