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Per la sinistra al sushi, Nicolas Sarkozy e John Wayne pari sono...

di Carlo Gambescia - 25/05/2007

C’è di che rimanerci secchi… Uno apre il Manifesto, per dare un’occhiata al supplemento settimanale del sabato, Alias (quello di sabato 19 maggio) e chi scopre in copertina a tutta pagina? Il grande John Wayne, con la supercolt d’ordinanza, spianata. Ma come non era fascista? Boh… La didascalia, a fianco della foto, presenta le celebrazioni “wayniane” di questi giorni a Cannes, come un “omaggio al reazionario e guerrafondaio più amato del mondo”… Più amato, sul Manifesto… Gatta ci cova. Infatti, superato il primo choc, se ne prepara subito un altro. A pagina tre, Roberto Silvestri, riferisce di lui, citando, e dunque condividendo, il positivo giudizio sul di lui di Mark Rydell, regista liberal : “Uomo di profonda cultura, non solo bellica, anche letteraria, maniaco di poesia inglese del Settecento”. E ancora più sotto, il colpo grazia di buonista: si celebra il comportamento “egualitario e non sessista”, in “Ombre Rosse", di Wayne-Ringo verso la bella Dallas, donna dai costumi non proprio irreprensibili: “Signora, so quel che basta sapere”… Dopo di che si sposano.
Tutto vero. Wayne era un gentiluomo al cinema come nella vita. Ma non per i nonni e i padri, con le famose tre narici, di quelli che oggi scrivono sul Manifesto. Per i quali era un “fascista, punto e basta”: in senso antropologico, neppure ideologico… E oggi, invece, i nipotini, più acculturati, o presunti tali, vanno alla ricerca dei “lati nascosti del Duke”. E si inventano, citiamo sempre dall’articolo di Silvestri, una sinistra Wayne, da una “destra Wayne”, quella di “De Marsanich (?) o Fini”… Senza poi specificare, questa sinistra e questa destra, in che cosa realmente consistano… E soprattutto, chiudono un occhio sui film più tosti, e francamente più beceri, di John Wayne. E non parliamo di “Berretti verdi”, che tutto sommato era tecnicamente un bel film, che aveva, all’epoca, le sue ragioni politiche. Ma del John Wayne degli ultimi fuochi. Interprete di ispettori e tenenti di polizia, un po’ sfiatati e tromboni persino nei nomi: Parker, Brannigan.
E qui va fatta una osservazione politica.
La cultura post-post-post-marxista che ruota intorno al Manifesto è alla frutta (loro preferirebbero al sushi…). Praticamente, per usare il gergo da distretto di polizia del tenente Wayne-Parker, “stanno raschiando il fondo della botte, ragazzi…”. Perciò ne vedremo delle belle. Chi scrive, si aspetta, prima o poi (anche perché era veramente bravo), il recupero del regista Gualtiero Jacopetti. Regolarmente massacrato, per anni, dai critici di sinistra. Magari, inventandosi, che i suoi erano film dove si intrecciava “la cifra colonial con quella post-colonial…”… E trasformandolo così in terzomondista di complemento. Potremmo, insomma, vederne delle belle.
Del resto, basta seguire il dopo Sarkzoy. Veltroni ha dichiarato che apprezza il suo modello politico, perché ha promosso ministro degli Esteri il socialista Bernard Kouchner, già fondatore di “Medici senza Frontiere”. Un modello, quello di Sarkozy, dice il sindaco di Roma, segnato dal “bipolarismo a prescindere dagli schieramenti”. Un po’ come fanno i bipolaristi del Manifesto, che presentano John Wayne, come un medico senza frontiere del Far West, che gli indiani invece di ammazzarli li curava… Contenti loro. Probabilmente Sarkozy punta più sulle capacità politiche della singole intelligenze, da utilizzare all’interno di uno schieramento preciso, quello della destra francese. Piuttosto che sulle ammucchiate buoniste, sognate da Veltroni. Questa, però, è un’altra storia.
Ma tant’è: per certa sinistra al sushi, pardon alla frutta , Nicolas Sarkozy e John Wayne, pari sono. Tramonto dell'Occidente? No, tramonto dell'ideologie. Anche di quella hollywoodiana? Assolutamente no. Rivolgersi a Veltroni e alla redazione di Alias.