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La seconda corsa allo spazio è già cominciata

di Marzio Paolo Rotondò - 25/05/2007

 


Le potenze mondiali tornano a individuare lo spazio come una priorità strategica per il futuro. L’Unione europea e l’Agenzia spaziale europea (Esa) hanno varato nel Consiglio Spazio una nuova politica fondamentale per i futuri equilibri mondiali. La prossima battaglia per la supremazia globale si giocherà infatti nel cosmo.
“È una giornata storica - ha dichiarato Jean-Jacques Dordain, direttore generale dell’Esa - perché dal novembre 2004, prima riunione del Consiglio spaziale europeo, per la prima volta abbiamo un quadro per la politica spaziale europea. Questa politica non è più facoltativa, come è stato finora, è una realtà solida che ha avuto il consenso di 29 Paesi. È un primo passo, ma fra 10 anni saremo tutti giudicati sulla base dei frutti scaturiti da questa risoluzione”.
Malgrado le difficoltà sopraggiunte nella realizzazione del progetto di navigazione satellitare europea Galileo, il Vecchio Continente non demorde e rilancia le proprie ambizioni spaziali.
Lo spazio rappresenta un mercato mondiale di 90 miliardi di euro, con una crescita del 7% l’anno. Le aziende europee sono in prima linea, con il 40% del mercato commerciale per la produzione satellitare e un comparto che impiega oltre 28.000 lavoratori, principalmente in Francia, Germania e Italia. In Europa è Parigi che ha la leadership spaziale. L’Ue continua a puntare su questo settore, anche se ancora poco: per il periodo 2007-2013 ha investito oltre 1,4 miliardi di euro per ricerca e sviluppo.
A livello mondiale, secondo lo Space Security Project, sono gli Stati Uniti che dominano il cosmo. Il budget annuale degli investimenti statunitensi nello spazio è di circa 36 miliardi di dollari. Questa cifra rappresenta il 73% di quanto spendono collettivamente tutte le altre Nazioni mondiali per lo spazio. Oltre ad Usa ed Ue, i principali attori sono la Russia, il Giappone, l’Australia, il Canada ma potenze emergenti come Cina ed India stanno prepotentemente entrando nello scenario rilanciando le prospettive del settore.
Approvando la risoluzione, i 27 Paesi dell’Ue ed i 17 dell’Esa - in tutto 29 vista la presenza anche della Norvegia e della Svizzera nell’Agenzia spaziale - hanno dato il loro benestare alla nuova strategia presentata il 26 aprile scorso dalla Commissione Ue per dare impulso all’Europa dello spazio.
La nuova politica spaziale del Vecchio continente è articolata su tre pilastri: integra tutti i 29 Paesi partecipanti, si allarga sia a livello nazionale sia a livello comunitario, e coinvolge settori come la difesa, la sicurezza - fin qui escluse - i trasporti, le comunicazioni e soprattutto l’ambiente oltre che, ovviamente, la ricerca.
L’aspetto commerciale prenderà sempre più piede in questo nuovo settore di conquista. Nel prossimo futuro, infatti, le aziende private dello spazio si moltiplicheranno visto le grandi prospettive di guadagni che potrebbero generare, ad esempio, il turismo spaziale, o qualsiasi altro servizio offerto dallo spazio, capace di dominare la visione globale del commercio. Da questo punto di vista si potrebbe vedere un’evoluzione del settore simile a quella avvenuta con l’avvento dell’aeroplano, che in meno di 50 anni ha creato un mercato totalmente nuovo e cresciuto in modo esponenziale.
Le linee guida della nuova politica Ue sono definite essenzialmente pacifiche dai Paesi membri anche se non si escludono rischi per l’inizio di una nuova corsa allo spazio che potrebbe portare anche ad una militarizzazione orbitale. Sebbene il cosmo rappresenti un immenso per l’azione globale dell’Unione europea, bisogna riconoscerne il potenziale rischio della sua trasformazione in un campo di battaglia: uno scenario sempre più concreto.
Nel 2002, il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha deciso il ritiro degli Usa dal trentennale trattato Abm che vietava il dispiegamento di armi spaziali. Nell’ottobre dello scorso anno, Washington ha elaborato e reso nota la “Politica spaziale nazionale” nella quale ha fatto intendere, con l’usuale chiarezza dell’amministrazione Bush, di voler ignorare ogni appello alla proibizione globale della militarizzazione dello spazio. Nella nuova “dottrina” - che si aggiunge all’arroganza di molte altre - gli Usa affermano infatti di “voler mantenere il diritto, la capacità e la libertà di azione nello spazio” e che “dissuaderanno o scoraggeranno chiunque vorrà impedire loro l’esercizio di questi diritti o svilupperà capacità con l’intenzione di farlo”. Se necessario, poi, gli Stati uniti “negheranno agli avversari di esercitare attività spaziali ostili agli interessi nazionali Usa”.
Con questa seria presa di posizione, gli Usa hanno di fatto rilanciato senza mezzi termini una nuova corsa allo spazio, ma con lo spettro di pesanti connotati bellici inquadrati in un momento storico favorevole al riarmo globale. Il progetto dello scudo spaziale statunitense è soltanto l’inizio di questo processo che potrebbe minare seriamente la pace nel prossimo futuro.
Il test militare cinese sulle armi anti-satellite dello scorso 11 gennaio, è un’ulteriore dimostrazione del rischio potenziale di una nuova corsa agli armamenti spaziali. Malgrado la Cina si sia formalmente opposta alla nuova politica statunitense, Pechino ha voluto dare un segnale forte per dimostrare la sua presenza in questo settore. I cinesi, solo pochi mesi prima, hanno inviato autonomamente i propri primi astronauti nello spazio: un sintomo tangibile che anche per loro lo spazio è di strategia importanza.
Nel cosmo si giocheranno ormai i nuovi equilibri del futuro. È inequivocabile che nei prossimi anni saremo testimoni di un forte sviluppo a 360° dell’industria aerospaziale. Gli Stati Uniti sono orami decisi ad allargare ulteriormente i propri confini verso l’alto, essenzialmente per dominare meglio il basso: il “Progetto per un nuovo secolo americano” passa anche dallo spazio.