Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Se scoppia la bolla di Shanghai

Se scoppia la bolla di Shanghai

di Francesco Sisci - 26/05/2007

L'attesa correzione del mercato azionario in Cina potrebbe ferire gli interessi di milioni di risparmiatori e scatenare crisi di enormi proporzioni
 

È un popolo quasi infinito, più grande di quello di molti stati. Sono oltre cento milioni e sono gli investitori spesso piccoli, piccolissimi che ogni giorno si affollano per registrarsi e partecipare a questa specie di gigantesca lotteria che si gonfia  sempre di più e va sotto il nome di Borsa cinese.

Però c’è odore di pericolo. Ormai da un paio di settimane l’indice composito di Shanghai ha superato quota 4.000, considerato un livello di guardia. E non è solo quello. Le quotazioni in un circa un anno e mezzo sono praticamente triplicate, passando dall’essere ampiamente sottovalutate ad essere oggi invece sopravvalutate.

Ci sono molti segni poi che si tratta di una bolla e che un suo eventuale scoppio potrebbe fare male al popolo composito della nuova classe media cinese.

La maggior parte degli investitori registrati hanno speso solo poche migliaia di euro, ma arrivano a cifre anche più basse come poche centinaia di euro. Con un investimento di appena 5mila euro si può comprare e vendere in tempo reale dal computer di casa.

Questo massa di investitori combina quasi il 70% del totale del denaro nella Borsa cinese, che ormai è diventata la meta preferita per i risparmiatori.

In aprile i depositi personali nelle banche sono diminuiti di 167,4 miliardi di yuan (un euro vale poco più di 10 yuan). Invece nello stesso periodo l’anno scorso i depositi erano aumentati di 60,6 miliardi di yuan. In altre parole decine e decine di miliardi di euro di singoli risparmiatori sono piovuti in borsa nell’ultimo anno. In effetti i tassi di interessi bancari sono oggi lievemente sotto il tasso ufficiale di inflazione, per cui i soldi in banca si sciolgono come neve al sole.

Questa massa enorme di denaro però si muove in maniera estremamente disordinata seguendo le voci del momento, le notizie diffuse sull’ultimo giornale. Il risultato è quello di una estrema volatilità del mercato, dove le vendite o gli acquisti di un singolo investitore possono creare effetti a catena irrazionali.

A ciò si aggiungono i tanti problemi strutturali della piazza cinese. Alcuni sono “superficiali”.

Per esempio, molte delle aziende quotate sono sull’orlo del fallimento. In generale le aziende molto buone sono inseguite dalle banche che vogliono prestare loro dei soldi per migliorare la qualità del loro portafoglio e quindi non hanno problemi di finanziamenti per cui debbano rivolgersi alla Borsa.

C’è poi mancanza di trasparenza nelle notizie; pratiche proibite altrove, come l’insider trading, qui invece sono quasi la norma.

Altri problemi sono più profondi. Da una parte il governo ha consentito ai privati di investire direttamente somme anche piccole per evitare di darle a investitori istituzionali. Questi in passato hanno usato il denaro dei piccoli risparmiatori senza trasparenza e spesso li hanno di fatto truffati. I risparmiatori si sono ribellati, hanno inscenato dimostrazioni e il governo ha liberalizzato l’accesso alla Borsa cosa che però creato la folla dei piccoli investitori volatili.

A ciò si aggiunge una vecchia tara della Borsa cinese. La Borsa fu lanciata all’inizio degli anni ‘90 con una specie di compromesso ideologico: si introduceva in Cina uno strumento principe del capitalismo ma ciò, all’inizio specialmente, doveva servire l’economia di stato. In Borsa andavano quote di minoranza di aziende pubbliche. In questo modo lo stato si finanziava attraverso i risparmi dei nuovi piccoli capitalisti, la classe media che emergeva nel Paese.

Attraverso questo meccanismo le aziende pubbliche, in quanto stato, si riprendevano i soldi che i nuovi capitalisti non pagavano come tasse, o avevano guadagnato in operazioni non cristalline. Quando la Borsa crollava alcuni protestavano ma molti stavano zitti, perché poi magari avrebbero dovuto spiegare dove avevano preso i soldi della Borsa.

Oggi però, la nuova legge di tutela della proprietà privata rende più difficile far crollare la Borsa senza suscitare enormi proteste tra la gente. La proprietà è più tutelata e molti possono provare con onestà l’origine di ogni centesimo.

Inoltre, quando, come oggi, gli investitori sono 100 milioni ciò significa che investe in Borsa tutta la classe media cinese, tutti quelli che sono stati i principali beneficiati dalle riforme economiche in corso. Se i loro interessi sono danneggiati si può incrinare una delle basi principali di consenso del governo.

Ma è difficile non pensare a una crisi nella Borsa. Molti titoli sono assolutamente sovrastimati, come per esempio la China Life, che, dopo il piazzamento in Borsa, ha un valore di mercato quasi doppio rispetto alle assicurazioni Generali italiane, le quali però hanno proprietà e tradizioni senza confronti con l’azienda cinese.

Nei prossimi mesi o forse anche nelle prossime settimane o giorni ci si deve attendere allora correzioni anche profonde in Borsa, e, quasi a preparare il tonfo, il governo manda appelli quotidiani agli investitori di uscire gradualmente dal mercato.

Nel frattempo occorrono misure tampone, anche perché il mercato cinese non è più totalmente isolato. È vero che lo yuan non è pienamente convertibile e gli investimenti nella Borsa di Shanghai sono difficilmente accessibili dall’estero, e ciò isola il mercato cinese dalle altre piazze del mondo. Ma aziende cinesi sono quotate a Shanghai e contemporaneamente a Hong Kong, New York e altrove, quindi un crollo a Shanghai manda segnali di instabilità su tutte le Borse del mondo.

Il compito, difficile come non mai, del governo cinese ora è quello di fermare la corsa gli investimenti, far scendere gradualmente l’indice.

Inoltre occorre arginare l’estrema volatilità e per questo occorre alzare di molto la quota minima di investimento per gli individui e portare investitori istituzionali che raccolgano i risparmi dei privati. Questi, però, diversamente dal passato, devono essere a prova di truffa.

Su tutto ciò poi pesa l’ombra della crisi finanziaria asiatica del 1997. Allora l’economia di mezza Asia crollò, cambiò governo per la frana della Borsa di Bangkok che indusse una perdita di fiducia in tutta la regione. Allora il tracollo fu fermato dalla Cina che resistette alle pressioni sul dollaro di Hong Kong e alle spinte per svalutare lo yuan.

Oggi la situazione è diversa. Paradossalmente ci sono spinte fortissime a rivalutare lo yuan, visto anche il forte e inarrestabile attivo commerciale cinese. D’altro canto la Borsa è di Shanghai è una bolla, e uno sgonfiamento qui potrebbe fare franare molto consenso interno in Cina, e mettere sotto pressione di svalutazione lo yuan, scuotendo di nuovo l’Asia.

Allora, mezzo continente entrò in una crisi politica per questo. Una crisi mal gestita in Cina potrebbe avere conseguenze simili se non più gravi a Pechino.