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Mais, colza, canapa e girasole carburanti del futuro?

di redazionale - 28/05/2007

Fonte: iorisparmio.eu

Il Petrolio Verde dei Campi

Mais, colza, canapa e girasole carburanti del futuro. Dalle colture tradizionali nascono nuovi mercati e filiere produttive

L’agricoltura è in grado di offrire un’alternativa ecologica e ecosostenibile a molti prodotti di origine petrolchimica. Piante come il mais, la colza o la canapa tessile, oltre ad essere impiegate per la produzione di bio-carburanti, possono essere utilizzate dall’industria chimica per l’estrazione di molecole vegetali, in sostituzione delle tradizionali sostanze derivate dal petrolio.

Legambiente ha aperto la prima giornata di Terra Futura con il convegno “Bioraffinerie” approfondendo le opportunità che l’agricoltura oggi può offrire alla riconversione industriale.

Le applicazioni delle sostanze di origine vegetale nellla chimica, oltre che nel settore energetico, possono rendere la coltivazione economicamente conveniente per gli agricoltori.

La logica è una quella di ottimizzare l’utilizzo delle piante, recuperando gli scarti di lavorazione e utilizzandoli ad esempio per produrre biocarburanti di seconda generazione. “Le colture no-food possono rappresentare la leva di un interessante percorso di sviluppo alternativo – dice Beppe Croce, responsabile per l’agricoltura non-food di Legambiente - a patto che si guardi a queste non solo come fonte d’energia pulita, ma anche come alternativa ai tradizionali prodotti dell’industria petrolchimica: un’opportunità per il territorio, per l’ambiente, ma anche per il mercato”

Molecole presenti nelle piante come amido, olio, trigliceridi, cellulosa ed emicellulosa ed altri costituenti minori sono in grado di essere impiegati per una vasta gamma di usi nell’industria, in sostituzione di quelle sostanze tossiche impiegate per fare plastica o oli lubrificanti per l’industria tessile. Non a caso le bioraffinerie rappresentano un punto cardine del 7° programma quadro dell’Unione Europea e in Italia dal 2010 sarà obbligatorio utilizzare sacchetti di bioplastica.

“Il decollo delle cosiddette agroenergie nel nostro Paese – dice ancora Beppe Croce– si scontra con una struttura del territorio agricolo italiano che non permette di puntare sulle grandi quantità, con altissimi costi di produzione che non consentono la competitività con il mercato internazionale. Il risultato è che ancora nel 2007 oltre il 98% del biodiesel prodotto negli impianti italiani è di origine estera. Il concetto di bioraffineria tende invece ad ovviare il problema dei costi. Ci sono già diverse esperienze reali in questo campo in Italia come quella della Novamont, che produce bioplastica da mais e girasole o la Solvay speriamo ripeta in Italia l’esperienza francese di produzione di glicerina di origine vegetale”.