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Tonnellate di armi Usa al Libano

di redazionale - 28/05/2007

 
Si lotta per sopravvivere nel campo profughi di Bedawi, dove sono affluiti gran parte dei 12 mila palestinesi fuggiti da Naher al Bared, in cui rimangono asserragliati alcune decine, forse più, di militanti di Fatah al Islam, il gruppo di Shaker Abbasi che si proclama alleato di al-Qaeda. Gli sfollati vivono in condizioni precarie nonostante l'intervento delle ong locali e internazionali, delle agenzie per i rifugiati Unrwa e Unhcr e della Croce rossa. Servono aiuti umanitari urgenti e la Commissione europea ha stanziato 370mila euro. Tuttavia 15.000 profughi sono ancora intrappolati negli scontri a Nahr ed Bared e si teme che l'esercito libanese si stia preparando a chiudere i conti con Fatah al Islam e, quindi, ad attaccare di nuovo il campo profughi. Ora il governo di Fuad Siniora può contare anche sulle armi americane prontamente inviate da Washington. Ieri i primi due di otto aerei da trasporto C-130 sono atterrati, con un carico di proiettili d'artiglieria, all'aeroporto di Beirut. Gli altri giungeranno dai paesi arabi dove gli Usa hanno depositi di armi. Tra gli «aiuti» ci sarebbero anche apparecchiature per il combattimento notturno, una indiscrezione che accredita la tesi di un prossimo intervento di squadre speciali per stanare Fatah al Islam. L'aiuto Usa peraltro è supplementare rispetto ai 220 milioni di dollari in armamenti che Washington ha già promesso al governo Siniora per il 2007.
Hezbollah guarda con sospetto al «ponte aereo» Usa e il quotidiano di sinistra A-Safir, nel riferire ieri i timori del partito guidato da Hassan Nasrallah, ha titolato: «Il terrorismo usato come pretesto per un intervento in armi degli Stati Uniti»". Secondo il giornale è illogico ricorrere a ponti aerei «per estirpare una piccola banda criminale come Fatah al Islam» mentre Hezbollah parla di «soccorso ambiguo». Per A-Safir, gli aiuti Usa mandano in realtà «un messaggio a forze interne e regionali» e ad indicarlo sarebbe il fatto che «nessuna voce ufficiale è emersa per porre interrogativi sui reali orizzonti di queste forniture». «Non vorremmo che il soccorso Usa al Libano sia una trappola, tipo quello offerto a Israele nella sua guerra alla resistenza libanese nell'estate scorsa», ha concluso il quotidiano in riferimento all'offensiva israeliana contro Hezbollah.
Di riorganizzazione e riarmo dell'esercito libanese si parla da mesi. La questione sta molto a cuore agli Stati uniti che nel 2006 hanno versato nelle casse del ministero della difesa libanese poco più di 10 milioni di dollari, con i quali sono stati rimessi in moto autocarri e blindati fermi da anni. Un centinaio di ufficiali libanesi inoltre hanno partecipato a programmi di formazione nelle accademie militari statunitensi mentre altri due milioni di dollari l'amministrazione Bush li ha messi a disposizione delle unità «antiterrorismo». E' evidente che l'esercito libanese diventerà un elemento centrale nel futuro del paese. Maggioranza e opposizione perciò discutono, senza trovare punti comuni, quali dovranno essere le funzioni e le dimensioni delle forze armate mentre è noto il desiderio di Washington e di vari governi europei di arrivare al disarmo totale della resistenza libanese e alla resa di Hezbollah.
Al momento i soldati libanesi sono 45mila (11 Brigate meccanizzate, un reggimento di marines, cinque reggimenti di «forze speciali», alcuni battaglioni di commandos, la guardia presidenziale e la polizia militare) e hanno a disposizione 310 carri armati e centinaia di autocarri e jeep costruiti negli anni '50, 23 elicotteri Huey (quelli della guerra del Vietnam), 27 antiquate motovedette prive di sistemi radar moderni e una decina di velicoli leggeri da ricognizione. Gli stati maggiori libanesi, o almeno una parte di essi, vorrebbero un esercito forte in grado di difendere il Libano da minacce esterne come quella israeliana, ma Usa, Gran Bretagna e Francia - i principali finanziatori del programma di ammodernamento - non hanno alcuna intenzione di garantire a Beirut armamenti importanti. Per questi paesi, ha scritto Nicholas Blanford dell'informato Jane's Defence Weekly, «l'esercito libanese in futuro dovrà garantire la stabilità interna e dimostrare, con la sua organizzazione ed efficienza, che non c'è bisogno della milizia islamica (Hezbollah)».
E non manca di far sentire la sua voce anche Israele. Alla fine dello scorso anno il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Steven Hadley, ha spiegato a due inviati israeliani l'intenzione di Washington di riorganizzare le forze armate libanesi in senso anti-Hezbollah. Tel Aviv approva il progetto americano ma, allo stesso tempo, è contraria alla consegna al Libano di armamenti sofisticati anche leggeri, che - dice - potrebbero finire nelle mani della guerriglia.