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Un Meridiano con l'opera del pensatore olandese Spinoza

di Umberto Galimberti - 28/05/2007

Nonostante l'insegnamento di Papa Ratzinger, secondo il quale non c'è conflitto tra fede e ragione (lasciando sottinteso che, in caso di conflitto, ad aver torto non è la fede, ma la ragione, in base al principio tomista: philosophia ancilla teologiae), i filosofi non se la sono mai passata tanto bene nel confronto con le autorità religiose, di qualunque posizione di fede esse siano espressione.
Ne è un esempio Baruch Spinoza, di cui Mondadori ha pubblicato in questi giorni l'intera sua opera, ottimamente tradotta e curata da Filippo Mignini con la collaborazione di Omero Proietti. Spinoza nasce ad Amsterdam nel 1632 da una famiglia ebrea che era stata costretta ad abbandonare la Spagna per l'intolleranza religiosa di quel paese. A 24 anni venne espulso dalla comunità ebraica, dove era stato educato, «per eresie praticate ed insegnate».
Nel 1670 comparve anonimo il suo Trattato teologico-politico, dove tra l'altro si legge che «in una libera comunità dovrebbe essere lecito a ognuno pensare quel che vuole e dire ciò che pensa». Il libro fu subito condannato dalla chiesa protestante e da quella cattolica, e Spinoza dovette impedire la pubblicazione di una traduzione olandese per evitare che fosse proibito anche in Olanda.
Stessa sorte ebbe la sua opera maggiore: Ethica ordine geometrico demonstrata, di cui Spinoza rinviò la pubblicazione perché sarebbe stata immediatamente condannata, in quanto si sosteneva che Dio è la natura (Deus sive natura) e le cose di natura sue manifestazioni regolate da una ferrea necessità. Per cui Spinoza può dire: «gli uomini credono di essere liberi perché sono consci delle loro azioni e ignari delle cause da cui vengono determinati». Quest'opera verrà pubblicata solo dopo la morte del filosofo, che avvenne a 44 anni per tubercolosi, dopo una vita trascorsa fabbricando e pulendo lenti per strumenti ottici, per guadagnarsi il pane.
L'edizione Mondadori include le opere di Spinoza non nella collana di letteratura e di filosofia, ma in quella dei "Classici dello spirito". Giustamente, perché Spinoza spezza quell'impropria alleanza tra pensiero greco e pensiero giudaico-cristiano, così cara a Ratzinger e a Giovanni Reale, perché abissale è la differenza tra la cultura giudaico cristiana che concepisce la natura come un prodotto della "volontà" di Dio, consegnata alla "volontà" dell'uomo per il suo dominio, e la cultura greca che concepisce la natura come quel cosmo che, al dire di Eraclito: «Nessun dio e nessun uomo fece, perché sempre fu, è, e sarà», regolata da quella necessità (anánke) a cui l'azione umana deve piegarsi come alla suprema legge. Dello stesso parere è Platone che nelle Leggi scrive: «Non per te, uomo meschino, questa vita si svolge, ma tu piuttosto vieni generato per la vita cosmica».
Spinoza riprende l'originario modello greco, tenendolo ben distinto (donde le scomuniche) da quello giudaico-cristiano, che pone l'uomo al centro dell'universo e la natura come ambito del suo dominio. In questo modo ribalta la metafisica occidentale e soprattutto la stretta alleanza tra filosofia e teologia che su quella metafisica si fondava. In questo senso Spinoza anticipa l'oltrepassamento della metafisica, che noi conosciamo a partire da Nietzsche e da Heidegger, e, nel suo trattato sulla politica, precorre di un secolo e mezzo l'illuminismo, rivendicando la libertà di pensiero e la tolleranza nell'ambito delle fedi. Oggi come allora, Spinoza sarebbe rubricato tra i panteisti, come Cusano e Giordano Bruno, di cui il filosofo olandese evitò un'analoga fine solo astenendosi dal pubblicare i propri libri. Questa è la sorte della libertà di pensiero, quando egemoni sono le fedi.