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L’evoluzione è una cosa, l’evoluzionismo è un’altra.

di redazionale - 29/05/2007

 

L’evoluzione è una cosa, l’evoluzionismo è un’altra. L’evoluzione è un dato oggettivo, l’evoluzionismo è un’interpretazione filosofica di questo dato. Dai medesimi dati possono derivare interpretazioni contrapposte. In cosmologia c’è chi pone l’assurdità come sigla finale del tutto, per esempio Steven Weinberg, Nobel in fisica 1979, secondo cui «quanto più l’universo ci appare comprensibile, tanto più ci appare senza scopo»; e c’è chi, come Albert Einstein, Nobel in fisica 1921, parla di «ammirazione estasiata delle leggi della natura» nelle quali «si rivela una mente così superiore che tutta l’intelligenza umana non è al suo cospetto che un riflesso assolutamente nullo». Quando si tratta di dare un significato umano ai dati della scienza, entra sempre in gioco il modo con cui si guarda alla vita. Questo vale anche per l’evoluzione.
L’evoluzionismo spiega il dato dell’evoluzione mediante il nesso «mutazioni casuali + selezione naturale». Io penso che il dato dell’evoluzione meriti di essere interpretato mediante una teoria più adeguata; non contraria al darwinismo, ma che lo superi. Prima però una puntualizzazione, soprattutto da un punto di vista teologico.
L’evoluzione dice che il mondo è libertà. A chi, come me, crede in Dio, si impone il dovere intellettuale di conciliare questo dato della libertà del mondo con la fede. Io ritengo che tra questo mondo e Dio vi sia un distacco. Di più: per Dio il senso della creazione è proprio la posizione di questo suo distacco dal mondo, essendo il distacco la condizione di possibilità della libertà ed essendo la libertà l’obiettivo primario della creazione. Se il mondo c’è, è per far nascere la libertà, e per far nascere la libertà non ci deve essere in esso nessun governatore onnipotente. Nessuna tesi, quindi, di tipo «disegno intelligente». Non faccio della natura un piedistallo su cui posizionare la statua di Dio. Dio non ha creato il mondo per porsi al centro e farsi adorare.

La natura però non è neppure l’inverso: un grande buco insensato da riempire con l’ipotesi Dio. Si tratta di una visione diffusa in teologia: il mondo viene ridotto a un carico di dolore-morte-assurdità, e siccome gli uomini vogliono gioia-vita-senso, si introduce Dio. Di questa impostazione tappabuchista, nemica della natura e dell’uomo naturale, la filosofia darwinista, che toglie finalità e quindi interiore bellezza al mondo, è alleata.
Che cosa appare, invece, se si riflette sulla vita come evoluzione? Appare che c’è una spinta infinita nella natura che rende possibile l’evoluzione. L’universo da 13,7 miliardi di anni è dominato da una spinta all’espansione, all’opera ancora oggi e che il nostro pianeta riproduce nella generazione ininterrotta della natura. Evoluzione però non è semplice mutazione, ma mutazione orientata allo sviluppo. Le mutazioni si possono dare per caso. Il caso però è solo uno dei fattori alla base delle mutazioni: se la mutazione casuale non è funzionale all’incremento dell’ordine, è un handicap rigettato dalla natura con la selezione naturale. In caso contrario, è destinata a essere riprodotta divenendo una forma di vita più evoluta. Ne consegue che il caso che produce le mutazioni risulta discriminato da una legge superiore, che negativamente si chiama selezione naturale ma che richiede di essere nominata anche e soprattutto positivamente.
Tra gli scienziati contemporanei che sostengono la necessità di dare un nome in positivo al motore dell’evoluzione c’è anche Lynn Margulis: dopo anni di studi sui mitocondri è giunta alla conclusione che «la vita non prese il sopravvento del globo con la lotta, ma istituendo interrelazioni». Ecco il nome della legge fondamentale della natura: relazione. L’evoluzionismo nella sua accezione classica non è in grado di nominare questa logica positiva relazionale della natura perché non la conosce, conosce solo la logica negativa, e anzi vede ogni affermazione di finalità intrinseca alla natura come pericolosa. Un piano di sviluppo però nella natura esiste e si chiama relazione, web , per tradurre nel linguaggio odierno il termine classico logos. La logica che muove la vita è la relazione ordinata.
Questo logos intrinseco al processo evolutivo ha dato e dà vita a un disegno intelligente: non un disegno che scende dall’alto ma un disegno che sale dal basso. Il disegno intelligente non è posto all’inizio da Dio come modello che la natura deve seguire, ma è la natura stessa che lo va faticosamente disegnando da 13,7 miliardi di anni. Dobbiamo cambiare prospettiva rispetto al racconto biblico di Genesi 2, 7 secondo cui Dio prese la polvere, plasmò l’uomo e poi infuse il suo soffio vitale nell’uomo. No, Dio infuse il suo soffio vitale prima, direttamente nella polvere, la quale poi da sé, autonomamente, ha dato origine alla vita in tutte le sue forme, compresa, alla fine, quella dell’uomo. Si tratta di una prospettiva legittima anche a livello biblico alla luce della tradizione sapienziale. L’evoluzione, quindi, è libera ma non è in balìa del caos, è governata ma non dall’alto (perché altrimenti non sarebbe libera) bensì dal basso, dalle leggi basilari dell’ordine e della simmetria. Queste leggi sono state poste dal caso o da Dio? Non c’è alcuna possibilità di rispondere in base alla sola ragione, e in questo contesto non è neppure importante. Ciò che conta è che sono esse la logica che governa il mondo, e quindi anche noi in quanto fenomeno del mondo. Il significato della vita si chiama relazione ordinata. Occorre riprodurre tale logica in ogni campo: nella medicina per avere salute, nell’arte per avere bellezza, nella musica per avere armonia, nella politica per avere giustizia, nei rapporti personali per avere amicizia e amore. È questa la filosofia che dalla vita come evoluzione io ritengo si debba trarre.

* Professore di Teologia moderna
e contemporanea Università Vita-Salute
San Raffaele Milano