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Storia del Gulag

di Guido Franzinetti - 30/05/2007



Dietro l'acronimo Gulag si cela la Glavnoe Upravlenie Lagerej, e cioe' la
"Direzione centrale dei campi" gestiti dalla polizia politica sovietica,
l'Ogpu-Nkvd. Fu questo - come spiega Jacques Rossi nell'utilissimo Manuale
del Gulag. Dizionario storico, uscito nei mesi scorsi per L'ancora del
mediterraneo (pp. 352, euro 18) - il nuovo nome assunto dall'amministrazione
dei campi di concentramento dell'Ogpu dell'Urss nel 1930, quando la loro
denominazione muto' in "campi di lavoro correzionale". Ma nel lessico
europeo la parola comincio' a entrare solo a partire dal 1973, con la
pubblicazione - dapprima in russo a Parigi, poi rapidamente nelle altre
lingue - di Arcipelago Gulag di Aleksander Solzhenicyn. L'opera fu accolta
nell'Europa occidentale con reazioni contrastanti, in cui prevalevano
comunque la diffidenza, il sospetto e anche l'ironia.
*
Testimonianze di prima mano
A distanza di oltre trent'anni non manca di suscitare una certa sorpresa il
fatto che lo storico Robert Conquest sia stato scelto per firmare la
prefazione all'importante volume di Oleg Chlevnjuk, Storia del Gulag. Dalla
collettivizzazione al Grande terrore (pp. 398, euro 44), da poco uscito per
una casa editrice come Einaudi, che nel corso degli anni ha rappresentato un
punto di riferimento per la sinistra italiana. Sarebbe utile capire come
mai, nonostante Conquest sia autore di numerosi studi sul terrore
staliniano - primo fra tutti Il grande terrore. Le "purghe" di Stalin negli
anni Trenta (1968, trad. it. 1970) - abbia dovuto attendere cosi' a lungo
questo sdoganamento, prematuro nel '70, e poi ancora nel 1986, data di
uscita del suo fondamentale libro sulla collettivizzazione e sulla carestia
in Ucraina Raccolto di dolore. Collettivizzazione sovietica e carestia
terroristica (pubblicato anch'esso tardivamente in Italia, nel 2004, per le
edizioni della Fondazione Liberal).
I campi sovietici erano in realta' noti da tempo. Le stesse fonti ufficiali
sovietiche ne ammettevano l'esistenza, pur cercando di offuscarne la vera
natura. Sulla realta' dei Gulag erano infatti sempre esistite testimonianze:
nella sua prefazione Conquest afferma che "gia' alla fine degli anni
Quaranta si aveva notizia di numerosi resoconti di prima mano", e ricorda il
libro di Dallin e Nikolajevskij del 1947 (Forced Labor in Soviet Russia, che
descriveva centoventicinque campi e conteneva una corposa bibliografia di
testi dedicati, gia' a partire dagli anni Trenta, alla realta'
concentrazionaria sovietica. Una realta' pubblicamente riconosciuta in Urss
dopo il '56, e soprattutto dopo il '62, con la pubblicazione del racconto di
Solzhenicyn Una giornata di Ivan Denisovic.
*
La stima delle vittime
Cosa rimaneva da scoprire quindi, alla vigilia della progressiva apertura
degli archivi sovietici a meta' degli anni Ottanta (dopo l'avvento di
Gorbacev), e ancor piu' dopo la dissoluzione del sistema sovietico nel '91
(e l'inizio dell'era di Eltsin)? Rimaneva da effettuare il confronto tra le
fonti, la collazione definitiva tra le innumerevoli vittime del sistema
concentrazionario e la documentazione burocratica del sistema stesso, e
infine una piu' accurata stima del numero totale delle vittime. Non e' poco,
e Chlevnjuk fornisce una magistrale sintesi dei risultati raggiunti dagli
storici nel corso delle loro ricerche.
Innanzitutto, come nasce il Gulag? Un sistema di campi di detenzione era
sempre esistito nell'Unione Sovietica, da Lenin in poi. Quel che lo
stalinismo maturo introdusse (nel giugno del 1929) fu "una rete di campi in
cui i detenuti dovessero lavorare e mantenersi con il loro guadagno". Ma
"questa decisione sarebbe forse rimasta solo uno dei tanti tentativi di
riorganizzare il sistema penitenziario, se non avesse coinciso con
avvenimenti che predeterminano non solo il destino dei lager, ma anche il
corso della storia sovietica nel suo complesso". La coincidenza (non
fortuita) fu, come e' noto, con la decisione di collettivizzare forzatamente
le campagne e avviare l'industrializzazione a tappe anch'esse forzate. Si
realizzo' cosi' un apparente intreccio tra istanze economiche (agricoltura e
industria) e il ricorso a un sistema concentrazionario sempre piu'
massiccio.
*
Nella logica della necessita'
Questo intreccio spiega molto del seguito della storia sovietica, del modo
in cui essa fu vissuta (dalle vittime e dai suoi artefici), e del modo in
cui fu vista e accettata. Se il Gulag era la conditio sine qua non della
collettivizzazione e dell'industrializzazione, e queste ultime erano state
la base della sconfitta della Germania nazista, esso rientrava nella logica
della "necessita' storica". Era questo nesso causale a spiegare
l'acquiescenza nei confronti dei costi umani e sociali dello stalinismo non
solo all'interno del sistema sovietico (ove, come conferma la documentazione
citata da Chlevnjuk, nessuno poteva "non sapere") ma anche all'esterno.
Il problema era un altro: ovvero, per usare l'interrogativo formulato dal
menscevico Alec Nove negli anni Sessanta: "Stalin era davvero necessario?".
Il dubbio si trasformava rapidamente in certezza per i comunisti e i
compagni di strada. La sconfitta di Hitler (e il successo del modello
sovietico con lo Sputnik, nel 1957) giustificava il Gulag. Anche leggendo la
biografia di Stalin di un trockista informato quale non poteva non essere
Isaac Deutscher, era difficile evitare questa conclusione. "Non si fanno
frittate senza spaccare uova", "non si puo' tagliare un albero senza
lasciare schegge": cosi' si diceva, sino a non molto tempo fa.
A questa iniziale coincidenza tra allargamento del sistema concentrazionario
e collettivizzazione, segui' una ulteriore coincidenza: le carestie del
1931-'33 (che derivavano in parte dalla stessa svolta nella politica
agricola, e che costarono forse sei o sette milioni di vittime). Dopo una
battuta di arresto nell'ampliamento del sistema segui' una fase di apparente
stabilizzazione. A questa segui' nel 1937-'38 il Grande Terrore, sempre
sotto la regia di Stalin, come dimostra la documentazione del libro. Sono
oramai abbastanza note le vicende della collettivizzazione e delle
deportazioni in Ucraina; meno note, ma adesso ben documentate, le vicende
delle deportazioni di popolazioni nelle repubbliche sovietiche dell'Asia
centrale. Nel 1937 settantaseimila coreani dell'Estremo Oriente dell'Urss
furono deportati in Uzbekistan "per scongiurare la penetrazione dello
spionaggio giapponese".
Come osserva Chlevnjuk, nel corso della prima meta' degli anni Trenta "una
parte significativa della popolazione adulta del paese aveva subito
repressioni e persecuzioni di vario genere. Tutti costoro erano considerati
da Stalin e dai suoi collaboratori come 'colpevoli', 'sospetti' o
'potenzialmente sospetti'". Lo stesso ricorso alle torture "era diffuso
ovunque e generalizzato". Nel gennaio del 1939 fu ritenuto necessario
spedire un telegramma cifrato (attribuito allo stesso Stalin) per confermare
"assolutamente" la necessita' di questo strumento.
Agli apparenti "eccessi" del Grande Terrore, segui' un periodo di
riorganizzazione del sistema sotto la direzione di Lavrentij Berija: come in
qualsiasi sistema burocratico, anche il Gulag era afflitto da lotte interne
all'apparato, tra fazioni e organismi con interessi burocratici divergenti.
A fornire molta documentazione sul funzionamento del sistema, furono proprio
questi contrasti, come pure gli innumerevoli appelli di parenti dei detenuti
(che, in base al principio di responsabilita' collettiva, erano sempre a
rischio di essere arrestati anch'essi). La situazione risulto' ulteriormente
complicata dall'espansione occidentale dell'Unione Sovietica durante il
periodo del trattato Molotov-Ribbentrop, con l'annessione degli stati
baltici, della Polonia orientale e della Moldavia. Furono i polacchi (tra i
piu' attenti osservatori della realta' sovietica, come dimostra una raccolta
dei loro studi, Polska szkola sowietologiczna, 1930-1939, 2003) a fornire
nel dopoguerra le piu' documentate testimonianze sul sistema
concentrazionario sovietico. Bastava leggerle, dai libri di Herling o di
Swianewicz agli elenchi dei polacchi fucilati a Katyn. Testi pienamente
confermati dalla documentazione emersa con l'apertura (ancora incompleta)
degli archivi sovietici.
Questa documentazione permette anche di sbloccare le interminabili
discussioni sui numeri, che per decenni hanno coinvolto gli studiosi: quanti
gli arrestati, i deportati, i fucilati, i morti per carestia? Con
l'accrescersi dei dati a disposizione, diventa evidente quanto essi siano
incompleti. E possiamo ora accettarne la natura frammentaria, ma solo dopo
aver dimostrato, una volta per tutte, l'entita' della devastazione arrecata
dallo stalinismo, mettendo d'altro canto da parte le comode equazioni tra
stalinismo e nazismo: e' la documentazione stessa degli archivi a rivelarci
un meccanismo concentrazionario non necessariamente meno infame, ma
certamente diverso da quello tedesco.
L'opera di Chlevnjuk consente di chiarire altre questioni. Non e' vero che
"le repressioni di massa, e in particolare il Grande Terrore, si basassero
in larga misura sulle delazioni". Infatti "nel 1937'-38 le repressioni
partirono rapidamente dalle delazioni spontanee", ma "le vittime dei nuovi
arresti erano individuate dai cekisti prevalentemente attraverso la
falsificazione dei casi di 'organizzazioni controrivoluzionarie di massa',
sulla base delle 'confessioni' ottenute sotto tortura nel corso
dell'istruttoria".
*
Un onere aggiuntivo
Ma il Gulag almeno aiuto' l'economia? Non e' vero neppure questo: secondo
Chlevnjuk, "l'economia del Gulag era un gravoso onere aggiuntivo, piuttosto
che una fonte di reddito, ancorche' criminale". E infine, quale fu
l'eredita' del sistema? "L'isterismo delle campagne di massa contro i
'nemici' favoriva il radicarsi nella realta' sovietica di fenomeni come
l'aggressivita', l'estrema intolleranza, l'abitudine alle spiegazioni
semplicistiche dei problemi ('sabotaggio', 'intento criminale'). Una
conseguenza diretta del terrore fu un persistente timore dell'iniziativa, la
tendenza all'eccessiva cautela e all'inazione... Le azioni di massa, le cui
vittime erano spesso individuate in base alla nazionalita', alimentavano la
xenofobia, il nazionalismo, l'antisemitismo fra la maggioranza russa della
popolazione e, viceversa, un persistente odio verso la Russia e i russi
negli altri popoli che facevano parte dell'Urss".
Inoltre "gran parte dei cekisti e dei funzionari di altri organi punitivi
che si macchiarono di gravi delitti contro l'umanita' non solo non furono
puniti, ma fecero brillanti carriere. Cio' fu di esempio ai loro successori,
favori' la corruzione dell'apparato statale e il rafforzamento dello spirito
di corpo degli organi punitivi, che approfittavano di ogni occasione per
porsi al di sopra della legge e affermarsi come una forza privilegiata
all'interno della societa'". In conclusione, Chlevnjuk aggiunge: "Il modo in
cui il Gulag dilago' oltre i recinti di filo spinato e' un problema ancora
inesplorato, ma reale, come e' reale il prezzo, evidente o nascosto, pagato
da centinaia di milioni di persone per l'affermazione e l'espansione dello
stalinismo".
Le testimonianze (scritte e orali) dei sovietici hanno sempre reso possibile
farsi un'idea abbastanza precisa della realta' del sistema staliniano.
Chlevnjuk fornisce qualcosa di piu': un bilancio, materiale e umano, della
devastazione di una societa'. La Russia di Putin ne e' uno dei frutti.
*
Postilla: Sugli scaffali. Saggi e memorie
Ricercatore presso l'Archivio di Stato della Federazione russa, Oleg
Chlevnjuk ha potuto avvalersi della gigantesca massa di documenti, divenuti
accessibili con l'apertura degli archivi ex sovietici. Prima del recente
Storia del Gulag uscito per Einaudi, lo studioso russo aveva pubblicato in
Italia nel 1997, per le Edizioni Guerra, Stalin e la societa' sovietica
negli anni del terrore (pp. 240, euro 17,56).
Fra gli altri testi usciti negli ultimi anni sull'argomento, puo' rivestire
notevole interesse il volume fotografico di Tomasz Kinzy, Gulag (Bruno
Mondadori 2004, pp. 495, euro 59), che raccoglie il frutto di oltre quindici
anni di ricerche.
Punti di riferimento essenziali sono poi naturalmente le opere letterarie:
oltre ad Arcipelago Gulag di Aleksandr Solzhenitsyn (Oscar Mondadori 2001)
anche gli straordinari Racconti della Kolyma di Varlam Shalamov (reperibili
per i tipi di Adelphi e di Einaudi).

[Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 maggio 2007.
Guido Franzinetti e' ricercatore presso la Facolta' di scienze politiche
dell'Universita' del Piemonte Orientale. Opere di Guido Franzinetti: I
Balcani 1878-2001, Carocci, Roma 2001; "La crisi del 1980-'81, col senno di
prima", in E. Jagolla e G. Meardi (a cura di), Solidarnosc venti anni dopo.
Analisi, testimonianze e eredita', Rubbettino: Soveria Mannelli 2002;
"Diritti e conflitti: Irlanda del Nord, Cipro e Fyrom", in M. C. Ercolessi
(a cura di), Stati e micropolitica dei conflitti, L'Ancora del Mediterraneo:
Napoli 2002; "Economic Reform in Uzbekistan and Central Asia: Some
Hypotheses", in Giampiero Bellingeri e Giovanni Pedrini (a cura di), Central
Asia. A decade of Reforms, Centuries of Memories, Olschki, Firenze 2003;
"Greater Albania, Little Albanianism and Albanian identities", in A.
Basciani e A. Tarantino (a cura di), L'Europa d'oltremare, Bagatto Libri,
Roma 2004; "I conflitti balcanici e le "nuove guerre"", in W. Bonapace e M.
Perino (a cura di), Srebrenica, fine secolo. Nazionalismi, intervento
internazionale, societa' civile. Dieci anni dopo., Isra, Asti 2005.
Oleg Chlevnjuk (1956) e' ricercatore presso l'Archivio di Stato della
Federazione russa; le sue opere di storia sovietica sono state tradotte
negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Francia e Germania. Opere di Oleg
Chlevnjuk: Storia del Gulag. Dalla collettivizzazione al grande terrore,
Einaudi, Torino 2006]