Dopo tante voci, tanti rumori, il matrimonio dell’anno è stato celebrato.

I consigli d’amministrazione d’Unicredit Banca e di Capitalia hanno dato il via libera alla fusione dei due istituti bancari. Nasce così un nuovo mostro, pardon colosso, bancario da 100 miliardi di euro. Tale superbanca sarà il sesto gruppo mondiale del credito per capitalizzazione in borsa, il secondo in Europa dietro l’inglese HSBC, il primo dell’area euro. Nasce così un nuovo “campione nazionale” (anzi europeo se non mondiale come lo ha definito TPS), che scalza dal trono l’altra superpotenza appena nata l’Intesa-San Paolo di Bazoli (70 miliardi di capitalizzazione).



Le banche italiane hanno così preso alla lettera l’invito del governatore di Bankitalia, Mario Draghi, a fondersi per rafforzare la loro posizione. Dopo il matrimonio tra Milano e Torino (Intesa – San Paolo), quello tra Milano e Roma (Unicredit – Capitalia). Queste non sono le uniche nozze che stanno cambiando il panorama bancario del nostro paese. Sono, infatti, già annunciate quelle tra la Banca Popolare di Milano e la Banca Popolare dell’Emilia Romagna (che darà vita alla sesta banca italiana con 10,5 miliardi di capitalizzazione in borsa – tra le prime 20 del listino –), quelle tra la Banca Popolare di Verona e Novara e la Popolare Italiana. Pochi giorni fa, infine, è nata, dalla fusione tra Banche Popolari Unite e Banca Lombarda, l’UBI Banca, il quarto istituto di credito italiano per numero di sportelli.

Gli occhi sono ora puntati su Siena per vedere se anche il Monte dei Paschi uscirà dal suo dorato isolamento... in ogni modo les jeux sont faits...

Il consenso attorno a questa operazione è stato talmente ampio da risultare sospetto, ed è sufficiente per capire come l’operazione abbia incontrato il favore dei c.d. “poteri forti”. Il peso, gli intrecci ed i conflitti d’interesse che questa operazione si porta dietro sono sotto gli occhi di tutti.

In ogni caso è un’operazione che lascia molte questioni aperte.

E’ la politica che determina le sorti del mercato, oppure i politici oggi possono gestire solo quel “poco di potere che il Fondo Monetario Internazionale e gli ingegneri dell’Haute Finance lasciano ai notabili delle politiche nazionali” (grazie Miro…)? C’è uno strapotere delle banche come sostiene Mario Monti, il Corsera, Scalfari e la banda de “La Repubblica”, oppure i banchieri italiani devono obbedire al potere politico?

Un altro interrogativo riguarda la concentrazione del sistema finanziario nelle mani di pochi. E’ un vantaggio o un rischio? Nonostante l’Antitrust ci rassicuri dicendoci che non ci sono problemi, sorge il dubbio, anzi il sospetto, che questa operazione, che di fatto ha creato un duopolio nel sistema bancario italiano, più che garantire lo sviluppo di una libera e trasparente concorrenza, consentirà ai due colossi di continuare a porre in essere tutte quelle pratiche vessatorie che hanno contraddistinto finora i rapporti banca-cliente.

Un altro elemento di criticità, infine, riguarda sicuramente la possibile riduzione del personale, legata alla necessità di fare efficienza a fronte dei 170mila dipendenti esistenti. Efficienza che, infatti, secondo indiscrezioni deriverà per il 65% da riduzioni dei costi (del personale ovviamente...) e per il restante 35% da maggior ricavi. Le chiamano sinergie...

Un’ultima considerazione. Alessandro Profumo, gran capo d’Unicredit che avrà il comando operativo del nuovo colosso bancario, ha previsto dieci miliardi di utili entro il 2010.

Utili per chi? Saranno come al solito solo i grandi banchieri e gli azionisti a ridere...

A noi, invece, non ci resta che piangere…