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India, rifiuti «toccabili» e rifiuti «intoccabili»

di Marinella Correggia - 30/05/2007

 

 

È del mahatma Gandhi un'esortazione che se applicata agli individui come alle collettività forse risolverebbe il problema dei rifiuti: «Ognuno sia lo spazzino di se stesso». Il padre della nonviolenza parlava così in un contesto in cui il mestiere della raccolta manuale degli scarti, comprendente allora non certo plastica, carta e lattine ma piuttosto rifiuti organici e corporali, era relegato a certe caste mentre le altre se lo scrollavano di dosso. Ma è certo che, ovunque, chi pensa ai rifiuti come se li dovesse smaltire per conto proprio li evita a monte con diverse scelte di consumo e quei pochi che fa li separa con cura, permettendone il riciclaggio.
Se l'Italia e gli italiani sono lontanissimi da questo principio guida, com'è messa adesso la patria di Gandhi? Intanto anche là - dove la produzione di rifiuti pro capite è molto minore ma avanza insieme ai consumi delle classi medie - ci sono le lotte contro gli inceneritori. Il quindicinale Down to Earth riferisce della rivolta degli abitanti di un piccolo centro, Gummidipoondi, nello stato meridionale del Tamil Nadu. Temono che il sito scelto sotto il loro naso per piazzarvi una discarica e un inceneritore possano danneggiare l'agricoltura e inquinare la falda idrica, vista la sua superficialità e la natura porosa del suolo. Su loro ricorso, la Alta Corte di Madras prima ha bloccato i lavori poi li ha sbloccati perché la questione dei rifiuti nocivi è di competenza della Corte Suprema. Alla quale dunque si sono rivolti di recente quelli di Gummidipoondi. Ma intanto la compagnia costruttrice va avanti, sostenendo di non aver violato nessuna legge perché il consiglio locale (panchayat) a cui si doveva chiedere l'autorizzazione non avrebbe risposto a tempo debito e perché la falda è più bassa di quanto per legge necessario. Si aspetta la sentenza della Corte.
Scarti organici: nella metropoli Mumbai ha successo uno di quegli esperimenti che, se generalizzati, renderebbero gli inceneritori inutili e rimpicciolirebbero le discariche. In un complesso abitativo al centro della città un gruppo di abitanti ha dato avvio al vermicompostaggio. Ogni due mesi, ben 1,5 tonnellate di scarti organici diventano compost e sono distribuiti a scuole, giardini, vasi di piante. Altri stanno copiando l'idea.
Ma c'è in India una peculiarità. Una categoria di rifiuti intoccabile tuttora raccolti manualmente dai soli harijan, gli intoccabili. Uno stuolo di donne, uomini e bambini (si dice centinaia di migliaia), per lavoro, ogni giorno, con cesti e secchi sulla testa rimuovono non solo escrementi animali ma anche gli altrui escrementi umani dalle tantissime latrine - pubbliche e private - che funzionano ancora a secco. In sé, come dimostrano la Cina e anche il nostro passato, tali deiezioni opportunamente compostate sono un ottimo concime, mentre se scorrono via con l'acqua nelle fogne diventano un fonte di inquinamento; occorrono però accorgimenti tecnologici che evitino la manipolazione da parte di esseri umani. In India la lotta contro questo lavoro di casta si fonderebbe su una legge del 1993 - la Employment of Manual Scavengers and Construction of Dry Latrines (Proihibition) Act - che impone di sradicare la raccolta manuale entro il 2007, e sul National Scheme for Liberation and Rehabilitation od Scavengers che si propone di riabilitare gli addetti (scavengers è il termine inglese per definire i raccoglitori di futuro letame umano). Purtroppo molti stati non l'hanno applicata tanto che settimane fa la Commissione nazionale per i diritti umani (Nhrc) ha aspramente rimproverato le amministrazioni negligenti. Fra queste Jammu & Kashmir, Manipur, West Bengal, e lo stato più popoloso, l'Uttar Pradesh. Si tratterebbe di riabilitare 340 mila persone e di convertire al flusso d'acqua 600.000 latrine. Oppure, come suggeriscono alcune associazioni, fra cui Nvssarjan, in Gujarat (paese in perenne crisi idrica), fornire macchinari e fondi per far diventare meccanizzato, pulito e dignitoso questo lavoro.