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Economia, oppio dei popoli

di Valerio Pignatta - 01/06/2007


 

È uscito da poco presso le Paoline un libro che, pur inserendosi nel tema attualmente cosiddetto della “decrescita”, parte da molto lontano come concetti e analisi di base e arriva altrettanto lontano come visione di una società futura a misura d’uomo e tuttavia non antropocentrica.
Intanto il fatto che sia scritto da quattro donne che costituiscono un Collettivo così cosciente e completo è già un chiaro messaggio che il punto di vista e la diversa sensibilità e focalizzazione degli eventi e delle idee presso le donne possono essere determinanti per cogliere aspetti che il raziocinio maschile spesso esasperato e il delirio di potenza e dominio che imperversa specie nelle maschiliste gerarchie militari, politiche e industriali, ignorano più o meno coscientemente. L’approccio di queste donne, semplicistico a una prima occhiata, ma molto efficace nella pratica, smonta a mio parere con la proposta di azioni concrete quotidiane che partono da piccole considerazioni piene di ovvietà (ma in effetti dove è finito il comune buon senso?) la complessa macchina infernale scientifico-industriale in cui siamo prigionieri.
Ed è proprio da un’impostazione individuale e allo stesso tempo, come conseguenza, gloriosamente onnicomprensiva, che partono le premesse ideologiche di questo testo. L’ispiratore e il maître à penser che sta alla base della linea concettuale del libro, e ne costituisce il filo rosso che lo tiene insieme, è nientemeno che il vecchio Lev Tolstoj nella sua veste di saggista politico e antiautoritario che lo caratterizzò negli ultimi anni di vita.
Tolstoj fece già sul finire dell’Ottocento e primo decennio del Novecento un’analisi della società occidentale industrializzata molto lucida e mise in guardia dagli eccessi della comodità, dello spreco e della violenza (militare e contro le altre specie viventi). Sin dal titolo  si riecheggiano le sue parole profetiche rispetto al declino che l’umanità avrebbe incontrato sul proprio cammino, ma allo stesso tempo si propongono ipotesi di soluzioni per uscire dalla distruzione cui stiamo andando incontro spensieratamente.
Secondo un documento dell’ONU, il cosiddetto Millennium ecosystem, citato nell’introduzione a cura di Alex Zanotelli, analizzando l’ecosistema attuale e i suoi equilibri disastrati, se non si cambia rotta entro i prossimi cinquant’anni non ci sarà un futuro per le generazioni a venire sul pianeta. Lo dice l’ONU, non il “cospirazionista” invasato di turno.
Ma di fronte a questa esigenza di cambiamento radicale le forze politiche propongono ben poco e la società civile aspetta talvolta a braccia conserte che i governi intervengano per modificare la devastazione in corso . Tutto intanto corre sull’onda del consumo sfrenato e anche ai poveri della periferia dell’Impero luccicano gli occhi davanti alle vetrine sfavillanti dell’Occidente. Infatti come recita il testo «Purtroppo sono i poveri stessi ad ammirare per primi il lusso dei ricchi. Se questo lusso fosse oggetto non di ammirazione, ma di disprezzo (infatti è segno dello sfruttamento ed espropriazione ai danni degli altri membri della società), tante esibizioni cesserebbero» .
Che il 20% della popolazione mondiale si prenda l’82% delle risorse del pianeta è ormai cosa risaputa per i più. Si ha però meno coscienza del fatto che quello che ci si aspetta dai governi non potrà mai venire. Il cambiamento deve partire dall’individuo. C’è bisogno di una vera rivoluzione culturale che nella pratica promuova e metta in atto stili di vita compatibili con l’esistenza di tutti sul pianeta. Non si può aspettare l’attuazione dei vari “protocolli di Kyoto” che saranno sempre disattesi dal governante di turno secondo gli interessi che deve difendere.
«L’errore principale di coloro che lottano contro il male esistente, è di voler lottare dall’esterno. Il mondo sarà ricostruito non dall’esterno, ma dall’interno» . Così Tolstoj già nel 1904.
Eppure la politica economica “esogena” la fa da padrone in tutti gli ambiti. Ma «[…] il primo errore dell’economia moderna è proprio quello di presentarsi come scienza […] cioè come un pensiero che partendo da analisi oggettive giunge a risultati certi e incontrovertibili sul modello della fisica» .
Ma quando «I valori in borsa delle imprese crescono quando si annuncia un aumento del tasso di disoccupazione»  si capisce bene che questa scienza sarà pure incontrovertibile ma è anche ferocemente disumana. Che ce ne facciamo? Abbiamo bisogno di ulteriore barbarità a questo mondo? Non basta la già triste effimera condizione umana?
La scissione tra etica ed economia operata secondo le autrici a partire da A. Smith ha portato alla degenerazione attuale secondo cui competitività, sviluppo, crescita e perseguimento del profitto sopra ogni cosa sono i valori dominanti. Infatti «l’attività e l’interesse della gente sono concentrati nell’iperproduzione e nell’iperconsumo. Tutta l’attenzione è assorbita dall’enorme complicazione della vita moderna, dagli spostamenti continui. Questa complicazione e la rapidità dei mutamenti appaiono fortemente destabilizzanti. Lo stesso eccesso di rumore impedisce di concentrarsi. Questo produce un vuoto di pensiero e di cultura, caos. Più la vita materiale è complicata e assorbente, più la vita spirituale è superficiale o inesistente. A livello subconscio il rapporto predominante con oggetti congela l’affettività (non c’è scambio affettivo con un oggetto), accresce l’aggressività (l’oggetto deve essere difeso)» .
Ma d’altro canto è anche vero che noi «produciamo oggetti che non usiamo e usiamo oggetti che non produciamo, questa è l’alienazione del sistema industriale. La conseguenza è: nessun rispetto, nessuna affezione per gli oggetti, che vengono rotti o gettati con facilità, perché non contengono la nostra energia, la nostra fatica. Bisognerebbe trovare una mediazione tra produzione industriale e artigianale» .
E le proposte di soluzioni non si fermano solo a questo. Attenzione però: non si propone un rigido ascetismo ma un ragionevole controllo dei propri desideri (specialmente di quelli indotti dal sistema). In questo caso le autrici si rifanno a un pensiero di Simone Weil: «… il centro stesso del paganesimo era la nozione di temperanza (alla quale il cristianesimo ha malauguratamente sostituito la privazione)» . Non il senso di sacrificio dunque ma quello di liberazione.
Per cui oltre le solite proposte di sobrietà e stile di vita (autoproduzione, riciclo, riuso, vegetarismo, cibi biologici, gruppi d’acquisto solidali, risparmio energetico ecc.) vengono avanzate interessantissime proposte di rifoma del sistema sociale ed economico che avrebbero un vero e forte impatto sulla protezione della vita e della qualità della stessa per noi umani (e non solo) sul pianeta. Alcuni esempi: la liceità della proprietà della terra solo a chi la coltiva; illiceità morale e legale di possedere quello che non si adopera e di disfarsi di ciò che si adopera prima che sia consumato e inservibile; condivisione generalizzata del surplus di ricchezza di singoli individui o gruppi; demolizione della pubblicità; marchi etici su determinati prodotti ecc.
Certo per arrivare a questo occorre lavorare per ridestare le coscienze dei singoli che costituiscono la base da cui coinvolgere dal basso gradualmente tutta la società. Per questo è importante comprendere che «Oggi l’oppio dei popoli è l’economia. Del resto sia il marxismo che il neoliberismo sono teorie economico-politiche. Col crollo del sentimento religioso i governanti non possono più ricercare il consenso delle masse attraverso la prorpia sacralizzazione. Ora le classi dirigenti ottengono consenso attraverso l’offerta o il miraggio di un alto tenore di vita per le masse, la promessa di posti di lavoro».
Non sarà quindi possibile operare facilmente un cambiamento lavorando solo per una meschina decrescita “materiale”, ma occorrerà dare alla crescita un ridirezionamento astuto e benefico: studio, arte, cultura, amore per la natura, relazioni umane, amicizia, solidarietà, ricerca interiore . E allora sì si dispiegherà il mondo diverso che molti di noi sognano.


IL LIBRO
Collettivo Matuta

E dunque che fare? Cambia il tuo stile di vita e salverai il pianeta
Paoline Editoriale Libri, Milano, 2006