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Il linguaggio dell'impero (recensione)

di Enzo Traverso - 03/06/2007



Nel suo Secolo-mondo, Marcello Flores definisce il Novecento come l'eta'
dell'occidentalismo, riassumendo in questo concetto le diverse
manifestazioni di un dominio al contempo economico, politico, militare e
culturale attraverso il quale l'Europa e gli Stati Uniti hanno imposto al
resto del pianeta gerarchie, modelli sociali e modi di vita. Dopo l'11
settembre 2001, l'occidentalismo ha avvertito il bisogno di riformulare i
suoi postulati in un disegno piu' o meno coerente che, per quanto fabbricato
con materiali spesso datati, presenta i tratti di una nuova ideologia
imperiale. E' il lessico di questa ideologia che Domenico Losurdo sottopone
a un esame critico nel suo ultimo libro (Il linguaggio dell'Impero. Lessico
dell'ideologia americana, Laterza, pp. 323, euro 23).
Del concetto di Occidente esistono molte definizioni, non tutte linearmente
riconducibili alla democrazia liberale. I neocon americani riconoscono
spesso il loro padre spirituale in Leo Strauss, profeta di un Occidente
figlio di Atene (la filosofia greca) e Gerusalemme (la Bibbia), ma e'
paradossale che questo critico inflessibile dell'Illuminismo sia oggi
rivendicato da chi identifica la difesa dell'Occidente alla resistenza della
civilta' illuminata contro la barbarie oscurantista. In realta', da oltre
due secoli a questa parte, l'Occidente e' stato tante cose diverse.
*
Una civilta' superiore
L'imperialismo dell'Ottocento lo identificava alla "missione civilizzatrice"
dell'Europa, legittimando cosi' le sue imprese coloniali. Hitler vi coglieva
il nocciolo della "razza ariana" e la giustificazione della guerra nazista
contro gli ebrei, il mondo slavo e la "barbarie asiatica" del bolscevismo.
Durante la guerra fredda, Churchill ne riassumeva l'essenza, in una lettera
al presidente americano Eisenhower, nell'idea di white English-speaking
World. Da Oswald Spengler a Samuel Huntington, l'Occidente e' una visione
della "civilta'" contrapposta ai suoi nemici. A questa lettura
essenzialista, Edward Said aveva a suo tempo replicato che le civilta' sono
sincretiche, ricordando che l'Occidente sarebbe storicamente inconcepibile
senza la mediazione arabo-musulmana del tardo Medioevo, attraverso la quale
la cultura della Grecia antica ha ritrovato l'Occidente cristiano.
Le frontiere dell'Occidente sono inoltre vaghe e fluttuanti. Infatti,
l'Occidente non e' ne' limitato a una precisa area geografica ne'
semplicemente identificabile al mercato e alla democrazia, e neppure
appannaggio esclusivo di una religione. Il suo tratto distintivo, sostiene
Losurdo citando un apologeta malinconico della "razza europea" come
Tocqueville, e' la vocazione al dominio.
Questo libro non vuole ricostruire la formazione dell'Occidente come sistema
di potere ma smascherarne l'ideologia. Da questo punto di vista, si tratta
di un contributo prezioso. Seguiamone le tracce. Il primo lemma e'
"terrorismo", un concetto generico che ingloba pratiche molto diverse, dagli
attentati suicidi iracheni alla guerriglia colombiana. Losurdo non ne studia
le metamorfosi - ad esempio il suo nuovo carattere "globale", non piu'
esclusivamente "tellurico" come in passato - ma ne rileva acutamente la
pluralita' di accezioni. Storicamente, il terrorismo e' l'arma dei poveri,
di chi non dispone di mezzi piu' efficaci di combattimento. La pratica del
terrorismo suicida non ha radici dottrinali nell'islam ma una lunga storia
di disperazione. Se ne potrebbero cogliere le origini nella resistenza degli
ebrei contro la conquista romana, il cui epilogo fu il suicidio collettivo
dei vinti a Masada, nel 74 d. C. In termini analoghi, C. L. R. James
interpretava il suicidio degli schiavi nelle piantagioni di Santo Domingo
come una protesta contro i loro proprietari. Questo richiamo alla storia e'
fruttuoso, benche' sarebbe utile distinguere il terrorismo suicida diretto
contro l'oppressore da quello che colpisce indiscriminatamente le
popolazioni civili. Converge con le osservazioni che Esther Benbassa dedica
nel suo ultimo saggio all'omologia tra il culto del martirio presente nella
tradizione ebraica (da Masada in avanti) e quello oggi diffuso in seno al
mondo islamico, entrambi ben piu' motivati dalla disperazione che dalla
religione (La souffrance comme identite', Fayard).
Losurdo ricorda inoltre che gli Stati Uniti non hanno esitato a ricorrere a
metodi terroristici, sia organizzando attentati contro leader politici
nemici sia calpestando i diritti umani piu' elementari dei prigionieri di
guerra e delle popolazioni civili dei paesi vinti. Dagli scalpi dei
pellerossa (comprese donne e bambini) durante le guerre dell'Ottocento
americano a quelli dei soldati giapponesi durante la seconda guerra
mondiale, dai massacri del Vietnam alle torture di Guantanamo e Abu Grahib,
la storia del terrorismo di stato americano permetterebbe di allestire un
ricchissimo museo degli orrori.
Il fondamentalismo islamico, categoria alla quale l'Occidente assimila oggi
i suoi principali oppositori, e' interpretato da Losurdo come un fenomeno
"reattivo": non tanto un atteggiamento ostile alla modernita', quanto
piuttosto un ripiegamento verso la religione ispirato dal rigetto
dell'ideologia e dei valori che accompagnano il dominio occidentale. Questa
reazione inghiotte tuttavia anche la dimensione emancipatrice
dell'Occidente: un'idea universale di umanita' e di uguaglianza che ha
ispirato in passato l'anticolonialismo e che l'ideologia imperiale cerca ora
di strumentalizzare presentando le sue guerre di conquista come battaglie
per la liberta' e la democrazia. Insomma due fondamentalismi contrapposti:
da un lato quello islamico e, dall'altro, quello dei neoconservatori
americani, ferventi difensori del "destino manifesto" di una nazione alla
quale Dio avrebbe conferito la missione di estendere all'intero pianeta le
virtu' della democrazia e del libero mercato.
Questa interpretazione converge sotto molti aspetti con quella di Tariq Ali
(Lo scontro dei fondamentalismi, Fazi, 2006), che sottolinea da parte sua
l'aspetto non solo reattivo ma anche regressivo di questo fondamentalismo
antioccidentale, che ha sostituito la religione alle ideologie laiche,
panarabe o socialiste predominanti in Medio Oriente almeno fino al trionfo
della rivoluzione iraniana. Vero e' anche, come aggiunge Losurdo, che gli
Stati Uniti non hanno esitato, durante la guerra fredda, a sostenere il
fondamentalismo islamico in funzione antisovietica, contribuendo a costruire
un boomerang che si ritorce oggi contro di loro.
Altrettanto ambigui sono concetti come antiamericanismo, antisemitismo,
antisionismo o ancora "filo-islamismo". L'antiamericanismo e' generalmente
bollato come sintomo di arretratezza culturale, gretto nazionalismo, o come
forma mascherata di antisemitismo. Questa diagnosi non e' falsa, come hanno
mostrato i lavori di Philippe Roger (L'ennemi americain: genealogie de
l'antiamericanisme francais, Seuil) e Dan Diner (Feinbild America,
Propyleen), ma unilaterale. "Americanismo" e' anch'essa un'etichetta che
contrassegna prodotti molto diversi. Heidegger l'ha usata come metafora
della modernita' tecnica e della "massificazione dell'uomo", cogliendone i
tratti anche nel bolscevismo. Il Ku Klux Klan l'ha fatto proprio nei suoi
rituali razzisti. Negli anni Venti, il sociologo Roberto Michels e Adolf
Hitler sottolineavano le affinita' del fascismo e del nazismo con
l'americanismo, considerato dal primo come ricettacolo delle energie vitali
di una giovane nazione e dal secondo come culto della supremazia bianca.
Prendendo le distanze da una visione ebreo-centrica tesa a dividere il mondo
in due entita' ontologicamente diverse, gli ebrei e i gentili, e a
raccontarne la storia come il dispiegamento progressivo del loro conflitto,
dal cristianesimo delle origini fino allo sbocco tragico della "Soluzione
finale", Losurdo ristabilisce alcune utili distinzioni metodologiche.
L'antigiudaismo rientra nella tradizione illuministica della critica della
religione, alla quale appartengono filosofi come Voltaire o Marx, che si
opponevano con forza alle discriminazioni contro gli ebrei. L'antisemitismo
e' invece una forma di ostilita' nei confronti degli ebrei considerati come
una razza nociva. Nasce nell'ultimo quarto dell'Ottocento, entra in osmosi
con i nazionalismi moderni e sfocia, in Germania, nell'ideologia
sterminatrice del nazismo. Losurdo riconosce i possibili slittamenti dalla
giudeofobia tradizionale all'antisemitismo moderno, favoriti dalla
singolarita' del giudaismo come religione di un popolo, ma non dedica forse
la dovuta attenzione alle frequenti osmosi fra i due. La sua distinzione
rimane tuttavia metodologicamente necessaria, come pure quella tra
antisemitismo e antisionismo.
*
La barbarie inventata
Se e' vero che la critica di Israele e' spesso uno scudo dietro il quale si
nascondono gli antisemiti, l'identificazione aprioristica di antisionismo e
antisemitismo e' un altrettanto facile pretesto per legittimare ad ogni
costo la politica israeliana. Bisogna quindi ricordare, sulla scia di Hannah
Arendt, che il sionismo politico delle origini, quello di Herzl e Nordau,
gettava le sue radici in una visione del mondo eurocentrica che vedeva nel
Medio Oriente uno spazio colonizzabile nel quale gli ebrei avrebbero creato
"un avamposto della civilta' contro la barbarie". Qui risiedono anche tutte
le ambiguita' della percezione occidentale dell'islam. La critica
illuministica della religione musulmana non e' sempre innocente (come
suggeriscono gli studi postcoloniali), ma certo possiede una sua
legittimita'. Troppo spesso, tuttavia, la difesa della laicita' diventa il
vettore di un anti-islamismo di stampo razzista.
La legge francese che proibisce il velo islamico nelle scuole pubbliche e'
un esempio emblematico di questa insidiosa tendenza a riaffermare il
carattere "superiore" dell'Occidente, benche' ora rivendicato in nome della
democrazia e non piu' della razza. Ma il discorso occidentalista e' davvero
cosi' nuovo? La prosa islamofoba di Oriana Fallaci sembra riprodurre
letteralmente molti stereotipi dell'antisemitismo di un secolo fa:
l'invasione dei meteci, la corruzione della cultura, la penetrazione di un
corpo estraneo nelle nazioni cristiane.
Certo una rassegna critica del lessico imperiale potrebbe includere altri
lemmi oggi diffusi, da quello di "guerra umanitaria" a quello di
"totalitarismo", che permette di riattivare il vecchio arsenale ideologico
della guerra fredda contro il terrorismo islamista. Losurdo ha iniziato a
dissodare il terreno. Per questo il suo libro e' prezioso.

[Dal quotidiano "Il manifesto" del primo maggio 2007.
Enzo Traverso, storico (nato nel 1957), docente all'Universita' della
Picardie "Jules Verne" di Amiens, saggista, acuto studioso della Shoah e del
totalitarismo. Tra le opere di Enzo Traverso. Gli ebrei e la Germania:
Auschwitz e la simbiosi ebraico-tedesca, Il Mulino, Bologna 1994; La
violenza nazista. Una genealogia, Il Mulino, Bologna 2002; Auschwitz e gli
intellettuali. La Shoah nella cultura del dopoguerra, il Mulino, Bologna
2004; (con Marina Cattaruzza, Marcello Flores e Simon Levis Sullam), Storia
della Shoah, Utet, Torino 2005; Il passato: istruzioni per l'uso, Ombre
corte, Verona 2006; in francese: Les marxistes et la question juive, La
Breche-Pec, Montreuil 1990; Les Juifs et l'Allemagne, de la "symbiose
judeo-allemande" a' la memoire d'Auschwitz, La Decouverte, Paris 1992;
L'Histoire dechiree. Essai sur Auschwitz et les intellectuels, Editions du
Cerf, Paris 1997; Pour une critique de la barbarie moderne. Ecrits sur
l'histoire des Juifs et l'antisemitisme, Editions Page deux (Cahiers
libres), Lausanne 2000; Le totalitarisme. Le XXeme siecle en debat, Seuil,
Paris 2001; La violence nazie. Essai de genealogie historique, La Fabrique,
Paris 2001; La pensee dispersee, Ed. Leo Scheer, Paris, 2004.
Su Domenico Losurdo dal sito www.filosofia.rai.it riprendiamo la seguente
scheda: "Domenico Losurdo, nato a Sannicandro di Bari nel 1941, ha studiato
a Tubinga e ad Urbino, dove si e' laureato in filosofia con Pasquale
Salvucci, con una tesi su Karl Rosenkranz. E' professore ordinario di
Filosofia della storia nell'Universita' di Urbino e presidente della
Internationale Gesellschaft fuer dialektische Philosophie- Societas
Hegeliana. Uno dei principali campi di ricerca di Domenico Losurdo e'
costituito dalla ricostruzione della storia politica della filosofia
classica tedesca da Kant a Marx, e del dibattito che su di essa si sviluppa
in Germania nella seconda meta' dell'Ottocento e nel Novecento. Partendo poi
da Hegel e da Marx, sta procedendo ad una rilettura critica della tradizione
liberale. Sempre nell'ambito della storia culturale tedesca, ha dedicato
ampi saggi a Nietzsche e un volume al rapporto tra la filosofia di Heidegger
e l'ideologia della guerra". Opere di Domenico Losurdo: Tra Hegel e
Bismarck. La rivoluzione del 1848 e la crisi della cultura tedesca, Editori
Riuniti, Roma 1983; Autocensura e compromesso nel pensiero politico di Kant,
Bibliopolis, Napoli 1983; Hegel, Marx e la tradizione liberale. Liberta',
uguaglianza, Stato, Editori Riuniti, Roma 1988; La catastrofe della Germania
e l'immagine di Hegel, Guerini e Associati, Milano 1988; Hegel und das
deutsche Erbe. Philosophie und nationale Frage zwischen Revolution und
Reaktion, Koeln 1989; La comunita', la morte, l'Occidente. Heidegger e
l'ideologia della guerra, Bollati Boringhieri, Torino 1991; Hegel e la
liberta' dei moderni, Roma, 1992, 1999; Democrazia o bonapartismo. Trionfo e
decadenza del suffragio universale, Bollati Boringhieri, Torino 1993; La
seconda Repubblica. Liberismo, federalismo, postfascismo, Bollati
Boringhieri, Torino 1994; Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia
politico-sociale della fortuna di Hegel in Italia, La Citta' del Sole, 1997;
Antonio Gramsci, dal liberalismo al "comunismo critico", Gamberetti, Roma
1997; Hegel e la Germania. Filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e
reazione, Guerini e Associati, Milano 1997; Nietzsche e la critica della
modernita'. Per una biografia politica, Manifestolibri, Roma 1997; Fuga
dalla storia? Il movimento comunista tra autocritica e autofobia, La Citta'
del Sole, 1999, 2005; La sinistra, la Cina e l'imperialismo, La Citta' del
Sole, 1999; Il peccato originale del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1999; Il
revisionismo storico. Problemi e miti, Laterza, Roma-Bari 2002; Nietzsche,
il ribelle aristocratico. Biografia intellettuale e bilancio critico,
Bollati Boringhieri, Torino 2002, 2004; Controstoria del liberalismo,
Laterza, Roma-Bari 2005; Il linguaggio dell'Impero. Lessico dell'ideologia
americana, Laterza, Roma-Bari 2007; Autocensura e compromesso nel pensiero
politico di Kant, Bibliopolis, Napoli 2007]