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Guerre Spaziali

di Gabriele Garibaldi - 04/06/2007

 

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Dopo il crollo del Muro di  Berlino e dell’equilibrio bipolare, gli Stati Uniti, come risaputo, sono rimasti la “lonely Superpower” dello scenario internazionale. E’ una situazione anomala che ha messo in crisi la capacità esplicativa del più accreditato filone di studio  delle Relazioni Internazionali, quello (neo)realista, in quanto ormai  è passato più di un decennio e l’equilibrio di potenza (“balance of  power”) non si è ricostituito: cioè non è ancora sorta una Superpotenza o coalizione di Potenze capaci di controbilanciare il livello di capacità militare degli Stati Uniti. Per i sostenitori della bontà dell’attuale ordine unipolare, questo è preferibile al ritorno a un ordine multipolare (intrinsecamente più incerto e imprevedibile) e la leadership statunitense deve compiere i passi necessari al suo consolidamento nel 21esimo secolo –un “New American Century” nelle loro aspettative, ma che potrebbe esser messo in forse dalla crescita della Cina, già oggi gigante commerciale grazie alla globalizzazione creata dagli Usa (detentrice di un trilione di dollari in valuta di riserva, e principale finanziatrice del debito pubblico americano) e presto Potenza militare di peso come minimo regionale. Dal canto loro, i pianificatori militari statunitensi hanno elaborato nel corso degli anni ’90 diverse visioni strategiche tese proprio al definitivo consolidamento del potere americano, le quali, seppur non del tutto ignorate sotto le due amministrazioni Clinton, hanno trovato ben maggior sostegno sotto le ultime due amministrazioni Bush nella persona del Segretario alla Difesa Donald Rusfeld.
Ai fomentatori di queste “unipolar illusions” gli studiosi (neo)realisti ricordano che la teoria del “balance of  power” - suffragata da secoli di storia delle relazioni internazionali- è inequivocabile circa le implicazioni dell’unipolarismo rispetto al comportamento degli altri Stati: la presenza di un’unica Superpotenza stimolerà il sorgere di nuove grandi Potenze, o di  coalizioni di medie potenze, determinate a bilanciare lo Stato  predominante (“in unipolar systems, states do indeed balance against  the hegemon’s unchecked power”1).  La questione non è quindi “se”, ma “quando” il “balance” si  riformerà. La risposta di Cristopher Layne –voce critica della politica neocon dal punto di vista realista, e parte del movimento accademico “Coalition for a Realistic Foreign Policy”- è “fairly quickly” (“molto presto”). Come Kenneth Waltz,  egli sostiene che l’unipolarismo sarà trasformato in multipolarismo  entro la prima o seconda decade del ventunesimo secolo.
E’ interessante notare come questa previsione sia stata accolta nei documenti di programmazione  militare come il limite temporale (“finestra di opportunità”) entro il quale consolidare la posizione degli Usa di unica Superpotenza militare e impedire l’ascesa di un “peer competitor” antagonista: i militari, ed i fautori dell’unipolarismo in  generale, partono da un’analisi realista della situazione  internazionale per superarne la logica di base, mirando a impedire la  realizzazione delle sue previsioni. Tal “Grand Strategy” unipolarista implica la realizzazione di una capacità soverchiante di forza militare, cioè l’implementazione del concetto di “Full Spectrum  Dominance”, inteso come insieme di deterrenza, controllo e capacità di proiezione militare in tutti i possibili campi di battaglia su scala planetaria.
 
1) Cristopher Layne, The unipolar illusion: why new great power will  arise, “International Security”, vol.17, n.4, 1993.