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Gli Stakeholders della "monnezza"

di Ernesto Ferrante - 05/06/2007


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Con il termine Stakeholder si individuano i soggetti “portatori di interessi” nei confronti di un’iniziativa economica, sia essa un’azienda o un progetto. Fanno parte di questa categoria i clienti, i fornitori, i finanziatori (banche e azionisti), i collaboratori, ma anche gruppi di interesse esterni come i residenti di aree limitrofe all'azienda o gruppi di interesse locali. La definizione di stakeholder fu elaborata nel 1963 al Research Institute dell'università di Stanford.
Il primo libro sulla teoria degli stakeholders è "Strategic Management: A Stakeholder Approach" di Edward Freeman, che li definì come “i soggetti senza il cui supporto l'impresa non è in grado di sopravvivere”.
Secondo questa teoria, il processo di una generica azienda deve soddisfare delle soglie critiche di costo, servizio e qualità che sono diverse e specifiche per ogni stakeholder. Al di sotto di una prestazione minima, il cliente cambia fornitore, e manager e operatori si licenziano, e i processi materialmente non possono continuare. Nel 1984, W. Evan in “A stakeholder approach on modern corporation: the kantian capitalism”, definisce stakeholder tutti i soggetti che possono influenzare oppure che sono influenzati dall’impresa. L’impresa deve tener conto anche di quanti non hanno potere diretto su processi e profitti, ma ne subiscono le conseguenze (come un impatto ambientale negativo). L’individuazione e la scelta degli stakeholder rappresenta un passaggio fondamentale nella relazione pubblica che si vuole attivare con la propria comunità.
Letteralmente stakeholder (to hold a stake) significa possedere o portare un interesse, un titolo, inteso (quasi) nel senso di un diritto. In sostanza, lo stakeholder è un soggetto (una persona, un’organizzazione o un gruppo di persone) che ritiene di detenere un titolo per entrare in relazione con una determinata organizzazione. Un soggetto le cui opinioni o decisioni, i cui atteggiamenti o comportamenti, possono oggettivamente favorire od ostacolare il raggiungimento di uno specifico obiettivo della organizzazione.
Gli stakeholders possono essere suddivisi in tre macro-categorie: istituzioni pubbliche di cui fanno parte gli enti locali territoriali (comuni, province, regioni, comunità montane, ecc.), le agenzie funzionali (consorzi, camere di commercio, aziende sanitarie, agenzie ambientali, università, ecc.) e le aziende controllate e partecipate; i gruppi organizzati che comprendono i gruppi di pressione (sindacati, associazioni di categoria, partiti e movimenti politici, mass media), le associazioni del territorio (associazioni culturali, ambientali, di consumatori, sociali, gruppi sportivi o ricreativi); i gruppi non organizzati che raccolgono cittadini e collettività (l’insieme dei cittadini componenti la comunità locale). Gli stakeholders rappresentano quindi una molteplicità complessa e variegata di soggetti portatori di interessi della comunità. Per rilevare le categorie degli stakeholders è necessario analizzare il contesto e la collettività di riferimento che l’amministrazione si trova a governare. Dopo questa fase di mappatura dell’esistente occorre individuare gli stakeholder che si vogliono coinvolgere nell’ambito dell’intervento considerato. Tale scelta deve tener conto del livello decisionale da utilizzare; la segmentazione delle classi degli stakeholders va pertanto definita rispetto al grado di coinvolgimento degli stessi nella formulazione delle politiche considerate.
Si possono individuare gli stakeholders attraverso diverse metodologie; una di queste indica come principi per la loro identificazione la capacità di influenza e quella di interesse che essi sono in grado di esercitare. In questa sede prenderemo in esame una nuova categoria di stakeholders: quelli della “monnezza”. Per organizzare in maniera efficace, aggirando i controlli e battendo la concorrenza, il traffico dei rifiuti, la criminalità organizzata si serve di cervelli specializzati in politica ambientale educati nelle più celebri università.
Naturalmente queste peculiari figure professionali, nuove nel mercato del lavoro, oltre alla teorie apprese alla Bocconi, alla Luiss, ad Harvard e a Princeton imparano molto precocemente a declassificare in maniera truffaldina i rifiuti tossici rispetto al Cer, il catalogo europeo che detta le norme per lo smaltimento delle sostanze tossiche, e a preparare false certificazioni, in grado di far passare per innocua spazzatura carichi di micidiali veleni. Sono dei veri e propri stakeholders della “monnezza” questi colletti bianchi, che i clan si contendono a suon di migliaia di euro, pur di usufruire dei loro "preziosi" e qualificati servigi. Quasi tutte le industrie producono rifiuti speciali, che richiedono molto denaro per essere correttamente smaltiti, dalle concerie agli stabilimenti chimici, dalle fabbriche di plastica agli allevamenti di bestiame, dalle fabbriche di pneumatici agli ospedali. Tra i materiali più complicati da smaltire ci sono l’arsenico, il cadmio, il cobalto, il cromo, il mercurio, il molibdeno, il nichel, il piombo, il rame e lo zinco. Senza dimenticare inoltre gli scarti delle vernici, gli scarti delle acciaierie e i fanghi dei depuratori. I prezzi variano in base alla pericolosità delle sostanze da smaltire, da un minimo di 10-20 centesimi di euro al chilo per i diluenti, fino ad un euro per il pentafosfuro di fosforo.
Naturalmente grazie alla consulenza di uno stakeholder ad hoc le ditte possono risparmiare fino al 90%, oltre al non trascurabile vantaggio di lasciare ecologicamente intatti i territori limitrofi, per evitare grane giudiziarie immediate. La catena di trasferimento verso il Sud dei rifiuti speciali parte dai trasportatori, i quali, dopo che qualificate squadre di chimici hanno falsificato a dovere i documenti, trasformando un carico di rifiuti tossici in innocente immondizia da stoccare, con i loro Tir stracolmi di ogni ben di Dio, giungono in Campania. Quindi i fusti velenosi vengono caricati su camion più piccoli, che li traghettano nelle viscere delle discariche, preferibilmente nascoste ed abusive, eseguendo il lavoro più rischioso, per il quale vengono meschinamente adoperati minori non perseguibili penalmente. Gli autisti non scendono nemmeno dalla cabina di guida, perchè l’operazione di scarico è molto pericolosa, basta che un contenitore prenda un piccolo urto e perda della sostanza, per compromettere, inalandola, per sempre la respirazione. L’inchiesta giudiziaria Eldorado 2003, condotta dal nucleo operativo ecologico dei Carabinieri di Milano, ha acclarato che questo sistema è oramai una regola che non ammette eccezioni, da oltre 16 anni, da quando nel 1991 un autista, tale Mario Tamburrini, finì in ospedale con gli occhi fuori dalle orbite ed ustioni diffuse su tutto il corpo, a causa della fortuita apertura di un fusto tossico a poca distanza dal viso, che lo aveva bruciato a secco, senza provocare fiamme.
Questi impavidi autisti-killer vengono mandati al massacro per una manciata di soldi: 200-300 euro a viaggio. Alcune volte per facilitare queste operazioni criminali non è necessario neppure corrompere l’intera classe politica. Basta un funzionario compiacente, un tecnico corrotto, un impiegato volutamente distratto per far andare in porto un’ operazione di questo tipo. Questo smaltimento selvaggio delle scorie, molto più economico rispetto a quello a norma di legge, ha permesso a tante aziende del Nord di rimanere competitive sui mercati internazionali e resistere alla concorrenza delle merci cinesi, che non conoscono cosa sia l’inquinamento industriale. In ultima istanza ha permesso di contenere il numero dei disoccupati in Italia. A pagarne le conseguenze sono state, sono e saranno le popolazioni meridionali, costrette a vivere in condizioni ambientali disastrose, in città irrimediabilmente contaminate, senza tenere conto dei cumuli di spazzatura ad ogni angolo di strada, che degradano il vivere civile. Gli stakeholders campani sono i più efficienti d’Europa e da anni sono diventati un punto di riferimento per i loro colleghi stranieri, i cinesi in prima fila. Il modello aziendalista criminale napoletano in un’epoca di liberismo sfrenato e di consumismo dissennato come la nostra ha avuto successo e si sta espandendo a macchia d’olio. Fermarlo prima che sia troppo tardi è interesse comune italiano ed europeo. Come nel caso delle griffes contraffatte che partono da Napoli ed invadono mezza Europa, muovendo capitali da brivido, grazie ad una criminalità sempre più audace ed efficiente, che ha trasformato in pochi anni il porto della città nel crocevia dei traffici illeciti internazionali. Queste considerazioni, amare quanto reali, non sono frutto di coraggiose indagini giornalistiche o sociologiche, ma possono facilmente desumersi dagli atti processuali delle molte indagini aperte dalla magistratura, indagini difficili, per il vergognoso velo di omertà che tradizionalmente circonda le attività malavitose, ma soprattutto troppo lunghe e proceduralmente vulnerabili per incidere profondamente sulla realtà. Tra le indagini degli ultimi anni, ricordiamo l’operazione Cassiopea, del 2001, che ha rivelato a tutti noi che ogni settimana dal Nord verso le nostre infelici terre giungevano 40-50 Tir stracolmi di sostanze tossiche; quella denominata Houdinì, del 2004, che prese in osservazione un solo impianto del Veneto, nel quale si gestivano ogni anno 200.000 tonnellate di rifiuti. Per giungere alle più recenti: Re Mida (dal nomignolo di un noto boss che si vantava di tramutare l’immondizia in oro), Mosca ed Agricoltura biologica hanno evidenziato il rischio di diffusione di queste pratiche al di fuori della Campania, che fino ad oggi nei progetti della camorra è stata l’Eldorado dei rifiuti. Il Molise e l’Umbria sono già state oggetto dello smaltimento criminale di residui metallurgici e siderurgici e, grazie a minuziose indagini, la Procura della Repubblica di Larino ha scoperto enormi quantitativi di residui catramosi miscelati nei terreni agricoli e numerose partite di grano locale straripanti di cromo. Altre zone di espansione della criminalità sono divenute negli ultimi anni Albania, Romania, Nigeria, Somalia e Costarica. Una piovra astuta ed istruita dai tentacoli lunghi e voraci, che, nel silenzio assordante della politica, avvolge tutto e tutti, derubando progressivamente il meridione del proprio futuro.