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2 giugno: la sfilata militare dell'Italia (colonia) coloniale

di Tatiana Genovese - 05/06/2007



Come ogni anno anche nel 2007 si ripete il rito della sfilata delle forze armate italiane, in occasione delle celebrazioni del 2 giugno, la festa della Repubblica nata dalla sconfitta militare nella II guerra mondiale ed avallata dal referendum voluto ed imposto dagli anglo-americani. Una sfilata che l’anno scorso costò non poche critiche al neo presidente della Camera, Fausto Bertinotti, accusato dagli elettori della sinistra radicale di aver preso parte alla parata militare per eccellenza.
Forse proprio in virtù di queste critiche, per garantire una partecipazione “senza rimorsi” al comunista, quest’anno i carri armati, simbolo di evidente belligeranza ad avviso dei soliti finti pacifisti, non sfilano. Poco importa se poi ci saranno migliaia di militari armati di tutto punto. E pensare che sempre l’anno scorso la sfilata militare, da poco ripristinata, sembrava dovesse venir cancellata dal calendario. Ed era stata proprio una senatrice della sinistra radicale, la verde Loredana de Pretis, a mettere in guardia, annunciando che nel 2007 il corteo “in costume” sarebbe stato eliminato in quanto il 2 giugno era una ricorrenza di carattere civile e di pace. E proprio per sottolineare e ribadire la volontà di pace e la natura antimilitarista della ricorrenza, nello stesso giorno a Castel Sant’Angelo era stata organizzata una contromanifestazione dai connotati pacifisti, che poi in realtà non aveva riscosso un largo riscontro.
I Verdi però si sbagliavano perché la manifestazione del 2 giugno, ricorrenza di un’amara sconfitta e di un referendum dai risultati non troppo chiari, conserva gli stessi connotati dei cortei degli anni precedenti, ad eccezione, come già rilevato, dell’assenza dei carri armati.
Venerdì, è ritornato sull’importanza della festa, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che, nel messaggio agli italiani, altro non poteva fare, dato il ruolo istituzionale che investe, se non ribadire che il 2 giugno va festeggiato in spirito di unità tra cittadini, istituzioni, forze armate e italiani all’estero. Non solo. Per il capo dello Stato, la manifestazione dovrebbe anche essere “l’occasione per gettare un breve e sereno sguardo sul cammino compiuto nell’ultimo anno e sul futuro che ci sta davanti”; il presidente ha poi ribadito comunque che “bisogna avere il senso del limite nel denunciare quel che non va: se si fa di tutte le erbe un fascio, si semina ulteriore sfiducia”, e si è detto convinto che si possano trovare le intese necessarie per le riforme di ampio respiro che “ormai sono necessarie e urgenti”.
A tal proposito però l’uomo del Colle, timoroso di interferire nel dibattito tra gli opposti schieramenti politici, ha anche subito precisato che “non spetta a me, sia chiaro, dare giudizi sull’azione di governo”. Un colpo al cerchio e uno alla botte il discorso del presidente della Repubblica, che prima ringrazia chi ha permesso una ripresa economica al Paese, strizzando l’occhio alla maggioranza, e poi, a braccetto con l’opposizione, richiede una revisione di quanto compiuto dal governo in questo anno, ma alla fine si tira indietro per timore di iniquità.
Tutto come previsto, dunque, la festa di sabato, è la solita sfilata in costume che tanti definiscono come la “parata dell’orgoglio nazionale”, ma che in virtù della ricorrenza, di orgoglio nazionale di cui vantarsi ce n’è poco. Gli esponenti di questo governo, finti pacifisti e sprezzanti verso il corteo quando erano all’opposizione, appaiono ora invece particolarmente fieri di assistere alla manifestazione in prima fila. E così, in previsione della visita di Bush della prossima settimana tutti sembrano pronti a mostrare al mondo intero, e soprattutto a Washington, quello che l’Italia ha da offrire in vista di nuove guerre “democratiche ed umanitarie”.