Inquinamento killer
di Alessio Mannucci - 05/06/2007
L'inquinamento ambientale e gli stili di vita scorretti sono responsabili nel nostro Paese sette volte su dieci (75%) delle malattie e delle cause di morte. Non solo. In 13 città italiane, con oltre 200 mila abitanti - secondo i dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità - tra il 2002 e il 2004 si sono registrati ben 8.820 morti l'anno attribuibili a valori elevati di PM10.
Preoccupanti anche gli effetti dei cambiamenti climatici: nell'estate del 2003, particolarmente calda, si sono avuti in Italia 2.222 decessi in più rispetto all'anno precedente, e nel solo periodo compreso tra il 15 luglio e il 15 agosto, l'aumento delle morti è stato del 36% nella popolazione generale e del 40% tra le persone di oltre 65 anni.
A fornire le cifre dell'inquinamento killer sono stati questa volta i camici bianchi italiani della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e dell'ISDE Italia (Associazione Italiana Medici per l'Ambiente), che hanno presentato un documento comune sul tema. L'iniziativa congiunta vorrebbe coinvolgere i tutti medici attraverso la sottoscrizione di un programma, distribuito nelle sedi degli ordini dei medici, che ne affermi il ruolo attivo anche nella tutela dell'ambiente.
«Noi medici - ha spiegato Amedeo Bianco, presidente FNOMCEO - siamo i primi testimoni delle evidenti ricadute che il danno ambientale provoca sulla salute dei nostri pazienti. Come operatori delle aziende sanitarie e dei dipartimenti di prevenzione, per esempio, rileviamo quotidianamente dati che indicano un aumento delle malattie e della mortalità da inquinamento atmosferico. Come medici di medicina generale constatiamo direttamente negli ambulatori la diffusione sempre maggiore dei tumori e soprattutto l'abbassamento dell'età in cui queste malattie insorgono. E, come pediatri, registriamo l'aggravarsi nei bambini, soprattutto quando sono residenti nelle zone più inquinate e trafficate, di patologie come l'asma, il raffreddore, le bronchiti, le broncopolmoniti e soprattutto i tumori».
I medici avevano deciso di scendere in campo già nei mesi scorsi, quando è stato introdotto nel nuovo Codice Deontologico un articolo ad hoc, il numero 5, che invita i medici a considerare l'ambiente nel quale l'uomo vive e lavora come determinante fondamentale della salute dei cittadini. Il “camice bianco” dovrebbe infatti favorire e partecipare alle iniziative di prevenzione e di tutela della salute sia nei luoghi di lavoro che nella vita quotidiana.
Mentre gli episodi di malasanità e “farmacrazia” che quotidianamente affollano le cronache, mostrano una categoria in profonda crisi deontologica, risucchiata nella spirale degli interessi privati e della corruzione.
Data articolo: maggio 2007
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