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L'Iraq sulla via della polverizzazione

di Amir Madani - 05/06/2007

 




 

Con l'occupazione dell'Iraq da parte dell'esercito Usa si è creata una situazione simile al Vietnam (Mc Cain e altre voci), al Libano degli anni 80, all'Afghanistan (Newsweek), ed all'India delle lotte anticoloniali (Vali Nasr). (1). Si è parlato di una tripartizione etnico - confessionale mentre la guerra civile era in pieno svolgimento. Ma l'Iraq, stretto nella tenaglia della guerra e del terrorismo è in realtà un caso a sé stante, dove vengono combattute più guerre su vari livelli. Mentre la violenza della guerra investe l'intera popolazione civile annientando decine di migliaia di vite, quella del terrorismo agisce prendendo di mira quasi sempre gente semplice.

Ciò accade in presenza dell'esercito d'occupazione e dopo le elezioni a suffragio universale - senza precedenti nella storia dell' Iraq ma pur sempre all'insegna della tripartizione etnico – confessionale.

Il generale David Petraeus ha unificato i piani di guerra e l'erogazione dei servizi urbani. In apparenza per dare servizi (oltre ai bombardamenti), ma si è capito subito che si tratta di applicare progetti simili a quelli usati in Palestina cioè di affamare la collettività per portarla all'obbedienza. Nel quadro del nuovo piano di sicurezza preparato a Kansas City da 4 generali Usa (vedi il fascicolo in 220 pagine chiamato FM 3-24 del comando militare Usa) secondo una logica occupazionale e un approccio sbagliato e in una serie di errori di valutazione, l'esercito Usa cerca di ritirarsi nelle basi blindate per mettersi al sicuro e passare la guerra agli iracheni, cioè fare in modo che gli iracheni si combattano fra loro.

Nell'immaginario del comando militare americano, l'esercito Usa si ritira nelle basi militari “sicure” e diventa arbitro delle contese e guerre che gli iracheni combattono. Nel quadro di questa logica l'esercito occupante costruisce muri di segregazione e separazione per dividere i quartieri, le etnie, le confessioni e ….creando nuovi divisioni. Cosi tutto l'Iraq diventerà un insieme di quartieri chiusi o “Gated Communities” e per gli abitanti saranno emesse nuove carte d'identità necessarie per guadagnarsi la qualifica di “visitors” per poter entrar e uscire da questi quartieri e far parte del “controlled population”. Ciò dovrebbe permettere sempre in teoria all'esercito occupante di costruire “secure environment”.

Tutto questa operazione dovrebbe avvenire per mano e aiuto dell'esercito iracheno sotto comando Usa. I comandi Usa e la loro leadership politica non hanno considerato che non esiste un esercito iracheno che possa operare secondo la loro volontà ma un insieme di cellule militari che formalmente obbediscono al comando per riferire al momento decisivo alla propria etnia, alla propria confessione tutto il necessario.

A Baghdad opera il governo centrale del PM Maleki del partito Dawah (invito), espressione della maggioranza sciita, che nonostante l'appoggio del partito Sciri (Alto Consiglio Islamico dell'Iraq) e il sostegno del moderato Gran ayatollah Sistani (marj'aiyah) non riesce a estendere la propria autorità al di fuori di alcuni distretti . Nel quartiere Sadr City di Baghdad --due milioni d'abitanti- Jaish al-Mahdi del giovane clericale Sadr agisce come l'autorità.

Nel sud nella città portuale di Bassora il governatorato locale è controllato dal partito Fadilah (Virtù) e dal Sciri (Alto Consiglio Islamico dell'Iraq). Anche qui sono presenti i sadristi di Moqtada Sadr e la sua milizia.

Ad Anbar e nel triangolo sunnita lo Stato Islamico dell'Iraq con forte presenza di ex baathisti e di militanti di al-Qaeda opera come l'autorità. In questa area un totale di quasi 50 tribù sunnite d'intesa con i gerarchi del Baa'th e in un rapporto definibile d'intesa – contesa con diverse cellule di al-Qaeda, spesso autonome e senza una organizzazione verticistica, controllano il territorio.

Nel Kurdistan l'autorità del Partito Democratico del Kurdistan (Pdk) di Barzani e dell'Unione Patriottica del Kurdistan (Upk) del presidente Talibani è assoluta.

Accanto a questi grandi raggruppamenti che combattono vere e proprie guerre all'insegna di pulizie etnico- confessionale (vedi l'area di Kirkuk) , all'interno di ogni raggruppamento le milizia spesso si scontrano per consolidare il proprio potere. Ci sono anche gruppi minori etnico – confessionali come i turkmani che hanno il sostegno della Turchia e una miriade di altri gruppi fino alle bande specializzate nei rapimenti e di delinquenza comune. Quel che caratterizza l'Irak di oggi è la la frantumazione dell'autorità (2)

Insieme all'Iraq brucia tutto il medio oriente e gran parte del mondo islamico dal Libano alla Palestina, dall' Afghanistan alla Somalia. Nonostante il legame tra la guerra in Iraq e la questione palestinese -riconosciuto anche dal rapporto bipartisan Baker-Hamilton- e nonostante interessi contrastanti di diversi attori regionali, i paesi arabi- islamici invece di combattere il terrorismo interno lo esportano verso l'Iraq (un fattore che insieme ad altri rende la tragedia di dimensioni globali). Federick Kagan un membro della congrega neoconservatrice dell'American Interprise Institue dimostrando l'incompetenza tipica dei neoconservatori analizza la guerra contro l'Iraq come una guerra tra Usa e Iraq e pone il problema in termini fisici e numerici tra le due nazioni.(3)

In Iraq è in corso la tragedia di una punizione collettiva come quella avvenuta nei giorni scorsi a Samarah dove secondo la Bbc “4 neonati e 2 anziani sono morti per la mancanza del combustibile per generatori di energia per i macchinari medici”. Ciò mentre 400.000 bambini sono in un stato che i medici chiamano “wasting”, 40.000 bambini sono registrati come orfani , 4.000.000 di iracheni hanno abbandonato la propria casa. I fondali del Tigre ed Eufrate sono pieni di cadaveri . Gli iracheni scappano dal proprio quartiere, dalla propria città e se possono dal proprio paese.

E' ormai consuetudine dell'amministrazione la scelta della forza su tutte le altre possibili soluzioni. Cosi l'asse Bush-Cheney dopo aver chiesto altri soldi per l'Iraq ha deciso di mandare oltre 20.000 soldati per aumentare la sicurezza in Iraq. Secondo il commentatore politico di Ria Novosti Vladimir Simonov non si capisce perché i 20.000 nuovi soldati che il presidente americano vuole spedire dovrebbero riuscire a fare quanto non hanno fatto i 140.000 che sono in Iraq da quattro anni. In realtà una ragione ci sarebbe. Il comando militare Usa in Iraq chiede altri uomini perché vuole impiegare 40.000 unita dell'esercito cioè 5 brigate motorizzate nel Sud e Nell'Est di Baghdad in teoria per garantire la sicurezza, ma come gli obiettivi del piano vanno oltre l'apparente motivo di sicurezza. Tre di queste cinque brigate saranno distribuite tra Baghdad e i confini iraniani. Cosi se nei prossimi mesi tra Ottobre e Novembre 2007 come ha scritto il professor Hassan Nafa'a sull Al-Ahram Weekly del Cairo (4) quando gli Usa e Israele vogliono attaccare gli impianti nucleari iraniani la controffensiva iraniana troverà una solida presenza dell'esercito Usa. L'amministrazione Bush nonostante le positive trattative intavolate con l'Iran (5) continua a contrapporre l'offesa all'intesa.


(1) Vali Nasr When the Shiites Rise Foreign Affairs July/August 2006

(2) Gareth Stansfield, Accepting Realities in Iraq Chatham House and University of Exeter

(3) Choosing Victory By F.W.Kagan April 25.2007 AEI Online

(4) Hassan Nafa'a Al-Ahram weekly May 23, 2007

(5) Peter Walker Guardian Unlimited “Iran and US hold historic talks” May 28,2007