Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / In Afghanistan trionfano solo droga e armi

In Afghanistan trionfano solo droga e armi

di Marco Cochi - 05/06/2007

Dalla sconfitta dei Talebani

ad oggi, l’Afghanistan

ha avuto un

aumento senza precedenti della

produzione di oppio. La vendita

dell’eroina è diventata praticamente

l’unica fonte di reddito

per gran parte del Paese e

come era inevitabile anche il

Governo ha cominciato ad

essere pesantemente esposto

alla corruzione, dipendente

dalla quantità di soldi che hanno

iniziato a girare intorno al

traffico della droga. Molti funzionari

statali, piuttosto che

sequestrare le partite di oppio,

hanno cominciato di fatto a

tassarle, incamerandone i proventi

e sottraendoli alle finanze

pubbliche.

Questa incapacità o mancanza

di volontà di agire da parte

afghana, unita a una scarsa

azione di contrasto da parte

americana, ha reso l’Afghanistan

di fatto il principale Paese

produttore di droga in tutto il

mondo, sorpassando anche la

Colombia. La situazione odierna

contrasta notevolmente con

ciò che accadeva nel 2000,

quando i Talebani avevano

deciso di vietare la coltivazione

di piante di papavero. Fu

così che nel 2001 la produzione

totale di oppio scese fino a

soli 74 metri cubi. Con la sconfitta

dei Talebani e il controllo

di Kabul da parte del nuovo

Governo filoamericano, la produzione

di oppio ha ripreso a

salire alle stelle. Nel 2002 aveva

già raggiunto i 1.278 metri

cubi, mentre nel 2003 era raddoppiata

e nel 2004 era nuovamente

raddoppiata, fino a raggiungere

quasi i 5.000 metri

cubi. Nel 2005 il Paese dell’Asia

centrale è stato di gran lunga

il principale produttore di

oppio al mondo, quasi l’87%

dell’intero mercato, 206.000

ettari di terreno usati per la

produzione di papaveri da

oppio ed oltre 7 miliardi di dollari

di guadagni per la vendita

dell’eroina in tutto il mondo.

Nel 2006, con il 92% della

produzione mondiale illegale

d’oppio, la Repubblica islamica

ha accresciuto la sua supremazia

nel traffico d’eroina.

Senza dimenticare che il 10%

dei 31 milioni di afghani è

direttamente collegato alla coltivazione

e al traffico della

sostanza stupefacente che

genera un volume d’affari da

far girare la testa, stimato in

3.100 miliardi di dollari, cioè il

50% dell’intera economia

afghana.

Per il prossimo futuro non c’è

alcun segno di recrudescenza

del fenomeno: le previsioni per

l’anno in corso sono invariate,

però l’aspetto più grave è che

si intensifica il legame tra

oppio, traffico d’armi e rivolta

armata. Vale a dire che l’esponenziale

aumento della produzione

d’oppio ha consentito

alla guerriglia di rifornirsi economicamente

in tutti questi

anni e di prepararsi con costanza

alla rivincita. In pratica, la

caduta dei Talebani ed il nuovo

Governo filoamericano sono

stati come una manna dal cielo

per gli affari dei signori della

guerra. Dal canto suo la guerriglia

filotalebana si è intensificata

lentamente in questi anni,

per arrivare a livelli realmente

pericolosi solo a partire dal

2005-2006, grazie ai proventi

provenienti dal traffico della

droga, che le hanno permesso

di dotarsi di armi letali e

moderne.

C’è anche da evidenziare che

la difficoltà di effettuare “controlli”

adeguati ha ormai radicato

e in molte aree reso addirittura

endemica la coltivazione

e la produzione di sostanze

illecite da immettere nei mercati

occidentali, da cui vengono

ricavate cifre colossali.

Dati a parte, ciò che stupisce è

che fino al 2001, anno dell’inizio

dell’operazione “Endurig

Freedom”, chi veniva accusato

di questo commercio e dell’incapacità

di contrastarlo erano i

Talebani. A conforto di tale tesi

c’è il fatto che sotto il loro

regime la produzione di oppio

nel 1999 raggiunse il picco

massimo. Inoltre il loro “emiro”,

il mullah Ornar, in conformità

ai princìpi islamici, tassava

il commercio dell’oppio.

Poi, nel 2000, venne proclamato

il divieto totale della coltivazione

del papavero, invocando

alcuni precetti del Corano. Il

raccolto di oppio è quindi

diminuito nel 2001, arrivando

a 35 tonnellate nelle regioni

sotto il dominio dei Talebani.

Non sapremo mai se essi avevano

davvero intenzione di

proibire l’oppio sul lungo

periodo o se presero quella

misura solo per far salire i

prezzi e smaltire le riserve. Ma

possiamo constatare che simili

risultati sono stati raggiunti da

un regime precario, mentre la

forza di intervento multinazionale,

sicuramente meglio

armata e più dotata, non riesce

a contrastare efficacemente il

commercio dell’oppio.

Negli ultimi mesi gli USA hanno

deciso di passare alle

maniere forti: convinti dai

positivi risultati ottenuti in

Colombia nella lotta alla cocaina,

hanno portato in Afghanistan

forze di polizia di Bogotà,

al fine di formare reclute

afghane nella lotta alla coltivazione

e al commercio dell’oppio.

È prevista inoltre per

luglio l’apertura, nei pressi dell’aeroporto

di Kabul, di un

Centro giuridico antinarcotici,

con due tribunali, uffici per 70

magistrati e inquirenti e un carcere

per 56 detenuti. Briciole,

se pensiamo che il problema è

profondamente consolidato

nella società afghana. Gli USA

vorrebbero intervenire militarmente

nelle zone dedite alla

coltivazione, con l’utilizzo di

spray sui campi di oppio e

mezzi pesanti. Subito però le

autorità afghane si sono opposte

a questi metodi, consentendo

solamente la sradicazione

manuale di tutte le coltivazioni.

Sembra uno scherzo, ma è

così. I soldati dovrebbero quindi

rimboccarsi le maniche e

strappare uno per uno i papaveri

dai terreni: il più duro e

semplice esercizio di giardinaggio.