Ankara ammassa soldati alla frontiera e bombarda in Kurdistan
di redazionale - 06/06/2007
Truppe sul confine iracheno
. Tredicimila soldati ai confinicon l’Iraq e carri armati di rinforzo sono la prova evidente
che i militari turchi non scherzano. Se l’offensiva diplomatica
dei prossimi giorni non avrà successo Ankara è
pronta a muovere le sue truppe nel nord dell’Iraq per spazzare
via le basi del Pkk. Domenica scorsa hanno già bombardato
con l’artiglieria il territorio oltreconfine. Dallo
scorso aprile il Partito dei lavoratori del Kurdistan sta sempre
più rialzando la testa con attacchi mirati e azioni terroristiche
in Turchia rincorrendo il sogno impossibile di
una nazione curda. Due giorni fa otto paramilitari turchi sono
stati massacrati durante un attacco del Pkk nella parte
orientale del paese. Una decina di guerriglieri erano stati
uccisi dalle forze speciali turche a fine maggio ed i servizi
di Ankara accusano il Pkk di essere il mandante di alcuni
degli ultimi attentati che hanno sconvolto il paese, in vista
delle elezioni di luglio. Il generale Yasar Büyükanit, capo
di stato maggiore, ha già pronto un piano di intervento nel
Kurdistan iracheno, dove circa quattromila miliziani del
Pkk trovano un rifugio sicuro. Il primo ministro Tayyip Erdogan
non ha escluso un attacco, come è già avvenuto in
passato. La Turchia dovrebbe presentare, nel giro di una
settimana, un rapporto alle Nazioni Unite denunciando le
azioni terroriste del Pkk e ribadendo il diritto di intervenire
in Iraq. Il rapporto è l’atto preliminare, secondo gli
analisti, per salvare le forme prima dell’intervento militare.
Gli Stati Uniti stanno cercando di calmare l’alleato turco,
ma le stesse truppe americane in Iraq non intervengono
contro le basi del Pkk, perché il Kurdistan è una delle
rare zone relativamente tranquille del paese. Inoltre uno
dei leader storici del Kurdistan iracheno, Massud Barzani,
ha appena posto il Partito dei lavoratori sotto la sua ala
protettrice, intimando alla Turchia di non intervenire. La
vera posta in gioco non è solo l’eliminazione delle basi del
Pkk, ma la delicata questione di Kirkuk, la capitale del petrolio
nel nord dell’Iraq, contesa da curdi, arabi e turcomanni
appoggiati da Ankara.