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Il martirio dell'Iraq: le cifre più recenti dell'occupazione americana

di redazionale - 07/06/2007

Fonte: iraqiresistance

 

 

I numeri non sono tutto, ma in genere qualcosa dicono.

Anche in guerra è così. Ma in guerra è ancor più difficile avere numeri attendibili.

Bisogna allora aspettare che i numeri in qualche modo si stabilizzino, per avere non di certo degli impossibili numeri esatti, ma quanto meno degli ordini di grandezza verosimili.

 

Vediamo allora cosa ci dicono, in termini generali, le cifre più recenti dell’occupazione americana dell’Iraq.

 

Il martirio dell’Iraq

 

Gli iracheni uccisi nei combattimenti assommano a diverse centinaia di migliaia, si dice da un minimo di 350.000 ad un massimo di 700.000 persone.

Ma il computo complessivo delle vittime del conflitto (che include anche l’aumentata mortalità per malattia, denutrizione, eccetera) è certamente superiore. Basti pensare che si calcola che nel solo 2005 siano morti 122.000 bambini, cioè la metà dei neonati di quell’anno.

D’altronde lo stesso personale sanitario è stato falcidiato dall’occupazione. I medici, ad esempio, sono passati dai 34.000 del 2003 ai 18.000 attuali.

Il tutto in una società in ginocchio, dove la disoccupazione è ormai al 50%, con un Pil dimezzato rispetto al 2002 quando pure operavano i nefasti effetti dell’embargo genocida decretato dall’Onu su mandato Usa.

Un altro dato, ormai unanimemente riconosciuto, è quello dei profughi, il cui numero si aggira attorno ai 4 milioni di persone, pari a circa il 16% della popolazione, che è come dire che, grazie alla “normalizzazione democratica” a stelle e strisce, un iracheno su sei è oggi un profugo. La metà di questi profughi è fuggita all’interno dell’Iraq in aree ritenute più sicure. L’altra metà si è riversata all’estero, dove particolarmente imponente è il flusso giornaliero verso la Siria.

 

Le perdite degli occupanti

 

E’ questo il dato più difficile da ottenere, dato che gli occupanti tendono, ovviamente, a ridurre le proprie perdite.

E’ sempre stato così. Ad esempio durante la guerra del Vietnam le perdite ufficiali venivano normalmente ridotte di due terzi.

Oggi tutto è reso ancora più difficile, sia per il ferreo controllo mediatico che gli Usa riescono ad esercitare, sia per il gran numero di mercenari (i cosiddetti “contractors”) la cui contabilità è ancora più difficile. Alcune fonti parlano comunque di circa 5.000 morti solo tra i mercenari delle varie agenzie al soldo della Casa Bianca.

 

Pur sapendo che i dati sulle perdite ufficiali degli eserciti occupanti sono sottostimati, conviene riportarli per dare l’idea delle attuali tendenze sul campo.

Ad oggi i numeri ufficiali dei caduti Usa ci danno 3.503 soldati morti e 25.830 feriti. Tra i soldati degli eserciti alleati vi sarebbero stati altri 276 caduti, di cui 149 inglesi.

Limitandoci al numero delle perdite americane nei primi 5 mesi del 2007, abbiamo una chiara indicazione sulla crescita della Resistenza armata. Questi mesi, come del resto gli ultimi del 2006, sono stati particolarmente pesanti per le truppe Usa. I morti ufficiali sono stati 474, contro i 293 dello stesso periodo del 2006, con un aumento del 62%.

Queste cifre ci parlano chiaramente di un’accresciuta attività della Resistenza, pur in un quadro reso difficile dalle divisioni ancora presenti nel fronte degli oppositori agli occupanti.

Di certo sono dati che non avrebbe immaginato il Bush che il 1° maggio 2003 celebrava la propria “vittoria” a bordo di una portaerei, e che mai avrebbe immaginato lo stuolo di scribacchini ben pagati che aveva creduto (e fatto credere) alla rapida passeggiata dei marines tra due ali di folla in festa sventolanti bandierine americane.