Il progresso è antievolutivo
di Edward Goldsmith - 09/09/2005
Fonte: Edward Goldsmith
Chi vuole conquistare l’Impero con l’azione, si caccia in un vicolo cieco.
L’Impero è un vaso sacro, non si può manipolare: chi lo manipola lo rovina, chi lo afferra lo perde.
Lao-tzu
Nei termini della visione del mondo del modernismo e del paradigma della scienza a essa collegato, il progresso – le trasformazioni apportate all’ecosfera dall’uomo moderno con l’aiuto della scienza, della tecnologia e dell’industria – fa parte integrante del processo evolutivo. Non si fa nessuna d’istinzione fra il processo che porta allo sviluppo degli esseri viventi, o dell’ecosfera, e quello che porta invece allo sviluppo della tecnosfera. Al contrario, questi due processi – evidentemente molto diversi e in realtà in conflitto tra di loro – sono considerati come un’unica e medesima cosa.
Coloro che sostengono l’idea che il progresso economico e tecnologico faccia parte integrante del processo evolutivo di solito considerano istintivi i primi stadi dell’evoluzione, mentre gli ultimi stadi, che associamo al progresso tecnologico, sono considerati coscienti e intenzionali. Questa sembra essere la posizione standard degli scienziati ortodossi.
In effetti, alcuni dei nostri più brillanti biologi, tra i quali Julian Huxley e Waddington (1), vedono il progresso in questo modo. Per essi, 1’«evoluzione umana», come essi la chiamano, è l’ultima fase dell’evoluzione ed è principalmente il prodotto dello sviluppo della mente, della coscienza e della ragione. Poiché essi ritengono che l’uomo sia dotato di queste tre proprietà esclusive, egli è libero di determinare la propria evoluzione - libero, sostengono esplicitamente, da qualsiasi obbligo di assoggettare le sue attività progressive a vincoli sociali, ecologici o cosmici. Tuttavia, ciò che essi chiamano «evoluzione umana» o «progresso» è la negazione stessa dell’evoluzione, cioè del processo gaiano, e si dovrebbe piuttosto chiamare «antievoluzione». Poiché l’evoluzione può essere identificata con la Via, che serve a mantenere l’ordine cruciale e quindi la stabilità dell’ecosfera, il progresso o antievoluzione può essere identificato con l’anti-Via, che serve a sconvolgere l’ordine cruciale dell’ecosfera e a ridurne la stabilità.
Per i neodarwinisti, che considerano l’evoluzione come un processo casuale che non porta in nessuna particolare direzione, e quindi che può portare sia a una ecosfera climax sia a un’ecosfera industriale altamente sviluppata, l’idea stessa di antievoluzione è priva di senso, ma non è così che consideriamo l’evoluzione in termini di una visione del mondo ecologica, alla luce della quale essa è un processo orientato a un fine e tende alla maggiore stabilità della gerarchia gaiana. Basta allora dimostrare che lo sviluppo economico o progresso tende nella direzione opposta - a un’instabilità ecosferica sempre maggiore - per giustificare il fatto di considerarlo antievolutivo o corrispondente all’anti-Via. Vediamo perché è necessariamente così.
Via via che si sviluppano, i sistemi ecologici e sociali diventano più complessi e anche più diversificati, anche se, negli ecosistemi, la complessità e la diversità tendono a smettere di aumentare un po’ prima di raggiungere uno stato di climax. Una crescente complessità consente a un sistema di assicurare la propria omeostasi nelle condizioni specifiche in cui esso vive, mentre una crescente diversità gli consente di mantenersi stabile in un’ampia gamma di condizioni, facendo fronte a sfide che sono meno probabili in termini della sua esperienza evolutiva. L’evoluzione biologica ha portato allo sviluppo di forme di vita altamente complesse come l’uomo, e anche di ecosistemi più complessi. Essa ha anche fatto nascere una trentina di milioni di specie vegetali e animali diverse e innumerevoli varietà di queste specie. L’evoluzione sociale ha portato allo sviluppo di raggruppamenti sociali complessi e a una grande varietà di gruppi etnici diversi, ciascuno perfettamente adattato all’ambiente specializzato in cui vive. È stato detto che nella sola California c’erano almeno 120 tribù diverse, e probabilmente 700 nella Nuova Guinea.
Con il progresso, gli ecosistemi forestali climax vengono distrutti e sostituiti da una serie di sistemi sempre meno complessi e diversi: foreste secondarie, poi piantagioni di alberi esotici a crescita rapida e pascoli, e alla fine vengono cementificati per far spazio allo sviluppo urbano. La cultura di innumerevoli gruppi etnici viene sconvolta e i loro membri sono trasformati in una massa omogenea di persone alienate, molte delle quali sono condannate, entro un decennio o due, a vivere nelle baraccopoli che presto accoglieranno metà della popolazione umana.
La complessità e la diversità crescenti che accompagnano l’evoluzione sono strettamente collegate con la crescente cooperazione tra le parti dell’ecosfera. In effetti, con l’evoluzione, la competizione cede il passo alla cooperazione, o a quello che gli ecologi chiamano «mutualismo». Viceversa, via via che il processo antievolutivo prende l’abbrivo e la complessità viene drasticamente ridotta, il mutualismo cede il passo alla competizione. In una società umana, accade la stessa cosa. La cooperazione che viene praticata tra i membri di una famiglia estesa e della comunità vernacolare di cui fanno parte è tanto grande e contribuisce talmente alla qualità della loro vita e alla loro stessa sopravvivenza che la si potrebbe chiamare «ricchezza sociale». Con il progresso, invece, la ricchezza sociale viene rapidamente dissipata e la cooperazione sociale è sostituita dalla competizione e dall’aggressione interpersonali. La ricchezza sociale in tal modo perduta non può essere compensata dai servizi statali o dalla ricchezza economica, che possono soddisfare solo una piccola parte dei bisogni umani, ed eterotelicamente, per giunta.
Via via che l’evoluzione procede, c’è una riduzione della casualità e un corrispondente aumento dell’ordine. Questo ordine è mantenuto dal comportamento omeotelico delle parti nei confronti del tutto. Così, in una società climax, l’educazione è omeotelica rispetto alla società, al mondo naturale e allo stesso cosmo. Tali sono i modelli d’insediamento, la tecnologia, le attività economiche, la religione e lo stesso governo. Agli sforzi delle parti differenziate di mantenere l’integrità del tutto, fuori del quale esse non hanno alcun significato, corrisponde lo sforzo complementare compiuto dal tutto per mantenere l’integrità delle parti che lo costituiscono, e senza le quali esso non sopravviverebbe.
Le unità di attività omeotelica sono le unità sociali naturali entro le quali gli esseri umani si sono evoluti: la famiglia, la comunità e la società. Quando si disintegrano sotto l’impatto dello sviluppo economico o progresso, queste unità sono sostituite da corporations e istituzioni, il cui comportamento è sempre più eterotelico o casuale rispetto all’obiettivo di mantenere l’ordine cruciale della società e della gerarchia gaiana. Così l’educazione non svolge più la sua funzione di socializzare i giovani in modo che diventino membri omeotelici delle loro famiglie e comunità, i modelli d’insediamento cessano di essere progettati in modo da rispecchiare la struttura sociale e quella del cosmo, la tecnologia e le attività economiche in generale cessano di essere «inserite» nei rapporti sociali e vanno rapidamente fuori controllo, diventando alla fine i principali fattori di distruzione sociale ed ecologica. La religione diventa universale e ultramondana, e non serve più a santificare la struttura sociale o la struttura del mondo naturale, lasciandoli esposti allo sfruttamento e alla distruzione. Il governo, invece di essere una normale funzione comunitaria, è esercitato eterarchicamente dallo Stato, che si preoccupa soltanto dei propri interessi a breve termine, che sono inevitabilmente in conflitto sia con quelli della società che esso è chiamato a governare sia con quelli del mondo naturale.
Via via che l’evoluzione procede, i sistemi diventano anche sempre più autosufficienti: Eugene Odum (2) osserva che il perfezionamento dei meccanismi di riciclaggio d’un sistema è un mezzo essenziale per far aumentare l’autosufficienza. Via via che si sviluppano, gli ecosistemi sono dotati di metodi sempre più elaborati per riciclare i materiali, come è particolarmente il caso nelle foreste pluviali tropicali. Una società vernacolare diventa anch’essa sempre più impegnata nel diligente riciclaggio di tutti i materiali.
Ancora una volta, il progresso o antievoluzione inverte questo processo. I prodotti di scarto d’un processo, invece di servire da materie prime per quello successivo, vengono semplicemente scaricati nell’ambiente nel modo meno costoso possibile, senza nessun riguardo per l’inquinamento e per la scarsità che inevitabilmente ne deriva. Peggio ancora, vengono scaricati nell’ambiente in quantità sempre maggiore materiali xenobiotici dei quali la biosfera non ha avuto nessuna esperienza, riducendo ulteriormente l’ordine cruciale della gerarchia gaiana. Evolvendosi, le società imparano anche a produrre da se stesse i beni di prima necessità; il commercio - e quindi la dipendenza da fonti di rifornimento esterne e da mercati esterni per la vendita dei loro prodotti - è limitato a prodotti di secondaria importanza. È solo in questo modo che possono isolarsi dai mutamenti esterni che potrebbero privarle dei loro mezzi di sussistenza.
Ancora una volta, con lo sviluppo economico, o progresso, questo processo evolutivo viene invertito, e alla fine il mondo diventa una vasta area di libero scambio, in cui tutti gli imperativi sociali ed ecologici, ai quali le attività economiche sono normalmente assoggettate, sono ora sistematicamente subordinati agli interessi di breve periodo delle corporations transnazionali che controllano il mercato mondiale - la causa fondamentale della devastazione sociale ed ecologica che sta rapidamente rendendo questo pianeta inabitabile per forme di vita complesse.
Con l’evoluzione, gli esseri viventi sono inoltre sempre più adattati biologicamente, socialmente, cognitivamente e psichicamente ai loro rispettivi ambienti, esattamente come le società e gli ecosistemi sono adattate ai loro. Con lo sviluppo economico o progresso, a1 contrario, gli esseri viventi diventano sempre meno ben adattati in tutti questi modi ai loro rispettivi ambienti, come lo sono i sistemi naturali ad altri livelli di organizzazione. II risultato è un aumento del disordine e della instabilità, i cui sintomi sono discontinuità di ogni sorta, come criminalità, alcoolismo, tossicomania ecc. al livello dell’individuo alienato; caos sociale al livello della società, che è sempre meno capace di autogovernarsi e cade sempre più nelle mani di dittature; inondazioni siccità, epidemie, ecc. al livello dell’ecosistema; problemi planetari come il mutamento climatico, l’erosione dello strato di ozono, ecc. al livello dell’esosfera.
Significativamente, sia Margalef (3) sia Odum paragonano l’evoluzione alla successione ecologica. Odum osserva che le trasformazioni provocate dall’uomo industriale stanno invertendo la successione ecologica. Anche Margalef fa notare che l’interferenza dell’uomo nel funzionamento degli ecosistemi li fa inevitabilmente ritornare a uno stadio serale inferiore e più instabile - stadio che Odum chiama «disclimax» o «subclimax antropogenico». Ciò è difficile da conciliare con l’idea di Tansley (4) della superiorità del climax antropogenico rispetto al climax naturale; è anche incompatibile con l’idea stessa di sviluppo economico o progresso come mezzo per migliorare il benessere umano.
Attualmente, con la globalizzazione del progresso, stiamo rapidamente puntando verso un disclimax ecosferico globale, in cui l’uomo moderno avrà effettivamente invertito tre miliardi di anni di evoluzione per creare un mondo impoverito e degradato che è sempre meno capace di sostenere forme di vita complesse come l’uomo.
In tale situazione non possiamo permetterci il lusso di aspettare che accada l’irreparabile o un “miracolo” che inverta il corso del progresso. Dobbiamo invece favorire lo sviluppo di un mutamento culturale in cui le persone coinvolte percepiscano l’appartenenza comunitaria come socialmente rivitalizzante e spiritualmente soddisfacente. Ricordiamoci che la visione del mondo dell’ecologia è in gran parte quella della società vernacolare basata sulla comunità, mentre quella del modernismo è la visione del mondo della società industriale. Dobbiamo combattere e indebolire sistematicamente le principali istituzioni del sistema industriale: lo Stato, le corporations e la scienza e la tecnologia che esse usano per trasformare la società e il mondo naturale. Allo stesso tempo, dobbiamo contribuire a ricreare la famiglia e la comunità e, soprattutto, un’economia locale e diversificata basata su di esse, riducendo in questo modo una dipendenza quasi universale da un sistema economico distruttivo che, in ogni caso, è probabilmente sull’orlo del collasso.
Moltiplicando i nostri sforzi in questa direzione, dobbiamo creare il terreno in cui le idee ecologiche possano mettere radici e fiorire. Possano ispirare coloro che ci ricondurranno sulla Via, ripristinando e preservando ciò che ancora rimane dello splendido mondo che abbiamo avuto il privilegio di ereditare.
Piccolo dizionario dei termini usati da Edward Goldsmith
(rimandiamo per completezza e sistematicità del pensiero dell’autore a Il Tao dell’Ecologia, Muzzio, Padova, 1997)
Climax: ecosistema che ha raggiunto la maturità, l’energia e le risorse sono usate solo per il mantenimento e la reintegrazione.
Omeotelia: neologismo dell’autore; comportamento normale che serve a mantenere l’ordine olistico.
Ecosfera: la bisfera assieme al suo sostrato geologico (la litosfera) e il suo ambiente atmosferico. Termine perfettamente equivalente al nome “Gaia” usato da James Lovelock (vedi Gaia, Boringhieri, Torino, 1981).
Eterotelico: controllo delle parti di un sistema da parte di un agente esterno, come le persone sono controllate da corporations e istituzioni statali, contrapposte alle famiglie, comunità e società di cui sono componenti omeotelici.
Tecnosfera: il mondo dei manufatti umani, o mondo surrogato, contrapposto alla biosfera.
Vernacolare: qualcosa che nasce da una cultura locale, originaria. Ivan Illich ne allarga il significato alle culture non imposte da un agente esterno (Stato, mercato, civilizzazione.
Note
1. Huxley J., Evolution in action, Harper Bros., New York, 1953. Waddington C., The evolution of an evolutionist, Edinburgh University Press, 1975 [trad. it. L’evoluzione di un evoluzionista, Armando, Roma, 1979]
2. Odum E., Fundamentals of Ecology, W.B. Saunders, 1953 [trad. it. Principi di ecologia, Piccin, Padova, 1973]
3. Margalef R., “On certain unifying principles in ecology”, The american naturalist, n. 897, (nov-dic 1963).
4. Tansley A., “Classification of vegetation, or the concept of development”, Journal of Ecology, 2, 1990.