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Kyoto non basta

di Guido Dalla Casa - 08/06/2007

Fonte: concezionedelmondo


 


L’intervento di Rubbia
Il Nobel Carlo Rubbia, consulente del ministero dell’Ambiente, parlando il 21 febbraio di fronte alla Commissione Ambiente del Senato, che sta svolgendo un’indagine conoscitiva sui cambiamenti climatici, ha dichiarato: “Anche se il Protocollo di Kyoto fosse attuato, al massimo produrrebbe un effetto di rallentamento di sette anni sull’accumulo dei gas serra. E voi capite che sette anni sono niente”. Rubbia ha spiegato la sua visione del problema dei cambiamenti climatici con linguaggio semplice: “Il problema dell’anidride carbonica è che si accumula nell’atmosfera e ci resta per duemila anni.” Il fisico ha raccomandato il solare termodinamico e il nucleare pulito, “non quello attuale, che evoca Chernobyl”, ma quello privo di scorie al quale sta lavorando la ricerca internazionale, fruibile più o meno tra mezzo secolo. Secondo Rubbia, l’Italia dovrebbe investire soprattutto sullo sviluppo del solare per la produzione di energia, dal momento che il nostro paese gode di buone condizioni climatiche per farlo, e potenziare la ricerca sulle rinnovabili e sul “nucleare pulito”. Il fisico è inoltre intervenuto nel dibattito sulla questione dell’uso degli impianti a carbone. “Il carbone pulito non esiste. Si deve sapere che quando si brucia 1 kg di carbone si produce 1,5 kg di anidride carbonica. Si possono limitare i danni, ma questo dato non cambia”. Per quanto riguarda le auto a benzina, ha dichiarato: “Ogni auto produce in un anno una quantità di CO2 quattro volte superiore al proprio peso: ciò significa che il miliardo di auto in giro per il mondo produce quattro miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno. Tenendo conto che il totale delle emissioni è di 20 miliardi di tonnellate/anno, ci si può rendere conto dell’effetto negativo dato dalle automobili”. Infine, ha confermato la sua proposta di destinare l’1% del ricavato delle tasse sui carburanti alla ricerca sulle energie pulite. “Penso che questa possa essere ancora un’idea praticabile, soprattutto perché dobbiamo tenere conto che fra 30-40 anni il petrolio e il gas naturale saranno esauriti e quindi la situazione sarà molto grave. Gli otto miliardi di umani che popoleranno il pianeta non avranno più energia in quantità abbondante e a bassi costi e questo potrebbe avere effetti devastanti”.

Alcune critiche all’intervento di Rubbia
Ci sono state subito alcune critiche all’intervento di Rubbia, con toni anche vivaci. Riassumendo, le critiche sono sostanzialmente le seguenti: - Prima di prendere provvedimenti, occorre stabilire con certezza se i cambiamenti climatici sono di origine antropica, onde evitare di danneggiare l’economia sulla base di ipotesi non accertate; vi sono state epoche più calde anche in assenza di emissioni antropiche. - In assenza di certezze, il principio di precauzione ci invita a non prendere alcun provvedimento. - Pur essendo corretto investire in ricerca e sviluppo sulle nuove fonti energetiche, è bene non disprezzare il carbone e non indicare il solare come la via da seguire, dati gli alti costi che lo caratterizzano. - Un alto costo energetico renderebbe “non competitive” le aziende italiane.

Considerazioni sul clima
E’ abbastanza preoccupante vedere dibattere le due tesi, quella dei “preoccupati” e quella di chi afferma che le variazioni climatiche ci sono sempre state, come se fossero due opinioni che dividono il mondo scientifico in parti uguali, mentre in realtà gli scienziati fortemente preoccupati per gli scarichi in atto nell’atmosfera terrestre sono circa il 90%, quelli convinti che si tratta “di esagerazioni” è l’altro 10%. Infatti in tal modo si dà al pubblico un’impressione distorta del problema. E’ necessaria soprattutto un’informazione chiara, completa, equilibrata e priva il più possibile di connotazioni ideologiche. Mi sembra che la questione si possa riassumere in questo modo.

Constatazioni e dati di fatto.
- La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera terrestre è passata da 280 a 380 ppm dall’inizio dell’éra industriale ad oggi, con un’impennata negli ultimi cinquant’anni: si tratta di un aumento enorme per un periodo così breve; - Il rapporto fra anidride carbonica e ossigeno era costante da almeno un milione di anni, malgrado il fortissimo ricambio dovuto in gran parte all’attività degli esseri viventi. Gli effetti delle eruzioni vulcaniche sono “picchi” non rilevanti. L’atmosfera era in situazione stazionaria da tempi lunghissimi: la prova è nelle bolle d’aria racchiuse sotto i ghiacci dell’Antartide e della Groenlandia; - L’anidride carbonica è l’inevitabile prodotto di qualsiasi combustione ed è riversata in quantità enormi nell’atmosfera a causa delle attività industriali, soprattutto per la produzione di energia e per i trasporti; - Le foreste, che sarebbero in grado di assorbire sensibili quantità di CO2 per la funzione clorofilliana e che sono un fattore essenziale di omeostasi e mantenimento dello stato stazionario dell’atmosfera, vengono abbattute ad un ritmo impressionante; - I fenomeni sono notevolmente aggravati dallo spaventoso aumento di popolazione (oltre 70 milioni di individui all’anno) che affligge la Terra, già paurosamente sovrappopolata (sei miliardi e mezzo); - L’anidride carbonica è uno dei principali gas serra, che trattengono l’energia solare nell’atmosfera terrestre. - E’ vero che il clima terrestre è mutato anche nel passato, ma la velocità delle variazioni attuali è dell’ordine di almeno mille volte quella naturale.

Incertezze
I fattori gravati da incertezze sono: - Le quantità degli altri gas serra e i loro effetti; - Le conseguenze della maggiore energia intrappolata nell’atmosfera, che possono manifestarsi, in sostanza, nell’aumento: * della temperatura media dell’atmosfera e dei mari; · della frequenza degli eventi atmosferici estremi (uragani, alluvioni, siccità); · del livello dei mari, dovuto alla dilatazione termica dell’acqua e allo scioglimento dei ghiacci su Antartide e Groenlandia; · delle variazioni di correnti oceaniche e atmosferiche su tutta la Terra. Questi effetti ci sono probabilmente tutti, ma non ne conosciamo la ripartizione.

L’energia
La produzione di energia è una delle cause principali delle emissioni di CO2. Questo è uno dei motivi per cui si parla tanto del problema energetico, che di solito è visto come “modo per soddisfare il fabbisogno dei prossimi anni, o decenni”. Detto fabbisogno è considerato come una variabile indipendente, una necessità imposta dall’esterno. Ma sarebbe anche utile chiedersi dove va a finire tutta questa energia: serve per lo “sviluppo economico”, che è un tabù intoccabile, malgrado le sue evidenti conseguenze sull’Organismo terrestre. Qui si continua a considerare possibile, ed auspicabile, una crescita infinita in un pianeta finito. L’unico modo per risolvere il problema energetico è smettere l’aumento dei consumi, anzi iniziare una progressiva diminuzione. Come accennato, la prima causa dei guai è lo spaventoso incremento demografico che affligge la Terra, già paurosamente sovrappopolata. Il problema energetico è soltanto uno dei segni dell’impossibilità di persistenza del modello industriale sempre-crescente. Per quanto riguarda il principio di precauzione, mi sembra che i critici dell’intervento di Rubbia lo abbiano ribaltato: l’uso corretto del principio direbbe di considerare, in assenza di ragionevoli certezze, l’ipotesi più preoccupante e pericolosa, cercare di non aggravare la situazione e di porvi rimedio, non di continuare come prima finchè non vi sono certezze (che in pratica significa: mai). In ogni caso la raccomandazione di Rubbia di seguire la via dell’energia solare è molto valida soprattutto se consideriamo tale fonte come un aiuto notevole per passare gradualmente dal regime attuale di crescita a una situazione stazionaria, l’unica che consente il funzionamento dell’Ecosistema.

Lo sviluppo sostenibile
Alcuni anni fa è stata coniata la locuzione “sviluppo sostenibile” che viene usata come una formula magica. Si tratta di un’espressione contraddittoria, almeno se si continua ad impiegare il termine “sviluppo” nel significato abituale di crescita economica, di aumento del fluire dei beni attraverso il processo produrre-vendere-consumare: in sostanza è un aumento dei consumi. Al di là del significato letterale, di fatto i due termini sono usati come sinonimi da tutto il mondo politico-economico-industriale-sindacale. La parola inglese per entrambi i casi è la stessa: growth. Invece un’economia, per essere “sostenibile”, deve essere stazionaria. E’ stato pubblicato recentemente in italiano il libro I nuovi limiti dello sviluppo, cui è stato dato ben scarso rilievo dagli organi di stampa. Si tratta di un aggiornamento, redatto dagli stessi Autori (quelli ancora viventi), del famoso rapporto di 35 anni fa. In sostanza, vengono confermati gli studi di allora, quando furono esaminati dodici scenari possibili per il sistema mondiale, esemplificato attraverso le interazioni fra cinque grandezze. Purtroppo fu poi fatto il grave errore di divulgare al grosso pubblico solo il primo degli scenari, quello che aveva fra le premesse il non-ritrovamento di ulteriori risorse: ma era solo una base di partenza per gli undici studi successivi, ben più realistici. Solo due mostravano nella proiezione il raggiungimento di una situazione stazionaria, ma avevano entrambi come condizione necessaria e non sufficiente la stabilizzazione della popolazione mondiale entro l’anno 1975. Lo scenario-limite che faceva l’ipotesi di “risorse infinite” indicava un collasso attorno all’anno 2080. Non possiamo assolutamente subordinare lo stato generale della Terra alle “esigenze dell’economia”, perché la condizione del Pianeta riguarda leggi fisiche universali, mentre lo sviluppo economico è nato in una cultura umana in un determinato momento della sua storia e quindi può cessare o essere modificato. Per quanto detto sopra, sembra evidente che è una patologia della Terra. Se poi si parla di “competitività”, quanto sta accadendo è una dimostrazione che non si può continuare a lungo a ragionare in termini di competizione, in tutti i campi.

Assalto al pianeta (vedi nota a fondo pagina)
Riassumo qualche concetto espresso nel libro “Assalto al Pianeta” dei Professori Pignatti e Trezza (Bollati Boringhieri, 2000): Viene messo in evidenza e dimostrato che spazio ecologico e spazio economico risultano tra loro incommensurabili. Infatti il primo è un iperspazio, non euclideo, con metriche differenziate, che non può venir valutato attraverso l’impiego di una metrica unitaria. Invece lo spazio economico è individuato da una sola coordinata, che ha come metrica il valore misurato in moneta. E’ dunque uno spazio euclideo, anzi risulta ipersemplificato, essendo a una sola dimensione: il denaro. Si giunge così alla conclusione che la metrica dello spazio economico è incompatibile con la valutazione dello spazio ecologico, quindi l’ecosfera non può venire percepita dal sistema economico. Ne consegue che l’ambiente dal punto di vista economico viene considerato sostanzialmente inesistente. La struttura dei processi di tipo industriale ha in sé una contraddizione insanabile, perchè richiede una netta separazione fra sistema produttivo e ambiente. Come esempio, se l’energia necessaria al sistema produttivo avesse origine attraverso la fotosintesi, si avrebbe un sistema di autoregolazione perché, riducendo la fotosintesi, si verrebbe anche a ridurre l’energia disponibile per i processi inquinanti; invece quest’autoregolazione non è possibile, in quanto l’energia necessaria al processo produttivo non proviene dalla fotosintesi, ma dallo sfruttamento di energia fossile. L’uomo, come essere vivente, è parte integrante della Biosfera e necessariamente risente e registra gli effetti dell’impatto del sistema economico. Di conseguenza, l’inquinamento non è altro che la percezione in termini di retroazione della relazione fra sistema produttivo e ambiente, effetti che non si scaricano sul sistema produttivo stesso. Non sarà la scarsità di risorse a causare l’inevitabile arresto dello sviluppo: il fatto essenziale è che il sistema produttivo, che è riconducibile ad un’unica variabile (il denaro) e funziona come un sistema prossimo all’equilibrio termodinamico, non può in alcun modo integrarsi in un sistema complesso che funziona in condizioni stazionarie e lontane dall’equilibrio come la Biosfera, il cui modo di funzionare è analogo a quello dei singoli sistemi viventi. “La questione ambientale deriva dal fatto che disponiamo di troppa energia, e questo causa una continua accelerazione dei processi industriali, aumento dell’inquinamento, eutrofizzazione, effetto serra, e la conseguenza è il disarticolamento della biosfera.”

Conclusioni
Per quanto sopra esposto, ritengo che l’informazione dovrebbe riguardare un panorama più ampio, mondiale e non soltanto italiano, e che comprenda, in una logica sistemica, tutte le conseguenze della crescita demografica-economica sull’Ecosistema terrestre, di cui l’uomo è solo una componente. Personalmente, ritengo “pessimisti” coloro che prevedono un aumento dei consumi di durata indefinita, perché in tal caso si avrebbero conseguenze di una gravità difficilmente immaginabile. Infatti, dal punto di vista più ampio di tutta l’Ecosfera, la catastrofe è il processo in corso da uno o due secoli, cioè la distruzione della Vita, mentre un eventuale collasso economico sarebbe un arresto della catastrofe: naturalmente sarebbe meglio evitarlo e cercare di passare in modo graduale ad una situazione stazionaria.