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E' tutta colpa della depressione? Boh...

di Carlo Gambescia - 08/06/2007

 

Tutti matti, si diceva un tempo. Oggi invece si parla di depressione: è politicamente corretto. Di più: stando ai dati Eurispes (2003), gli italiani a rischio sarebbero 15 milioni: un italiano su quattro. ( http://www.eurispes.it/visualizzaComunicato.asp?val=7 ). Non c’è insomma di che stare allegri: sei milioni di cittadini sono in terapia, altri nove sono malati senza saperlo…
Oddìo, se si prende regolarmente la metropolitana, soprattutto alle 8 del mattino, ci si accorge subito che qualcosa che non va . Non tanto per l’ ambulante rumeno, poveretto, che nella calca si ostina a suonare la fisarmonica, massacrando tanghi e rumbe. Quanto per gli sguardi carichi d’odio, che ti investono, se indietro nella fila, chiedi di uscire alla prossima. Altro che le incazzature del Talebano, quando si accorge che la sua donna si è dimenticata a casa il burka…
Ma da che dipenderà? Secondo gli esperti la colpa è del tipo di vita che conducono gli italiani. Troppo stressante. E anche dei matrimoni infelici. Le donne poi sarebbero le più penalizzate, divise a metà, dall'accetta dell'esistenza, tra famiglia e lavoro…
Insomma, si consiglia sottovoce di non farsi una famiglia. Così niente mogli, niente mariti, niente figli rompiscatole, niente suocere (però…): una vita più tranquilla, senza responsabilità, liberi come farfalle. Come negli spot pubblicitari di una certa marca di caffè, dove si passeggia tra le nuvole, sorseggiando la miscela “olo” (ma il caffè non rendeva nervosi? Mah…).
E con il lavoro, come la mettiamo? Beh, i medici dicono che bisogna lavorare con calma. Il lavoratore deve prendersi i suoi tempi. Benissimo, provate però a consigliarlo al dipendente “flessibile”. Così lo licenziano subito. Dopo di che i tranquillanti se li deve prendere per forza… E poi, come si può predicare, al tempo stesso, flessibilità e pazienza quando il ritmo di certi lavori è frenetico... Qui se uno non produce, soprattutto nel settore privato, finisce in mezzo alla strada.
La buttiamo lì: probabilmente il capitalismo qualche cosina c’entra con la depressione.
Da un convegno milanese di medici, tenutosi nell’aprile scorso è pure venuta fuori un'idea fulminante : “Per aiutare i depressi a vincere la paura della malattia e a riconoscerne in fretta i sintomi”, presto saranno disponibili in 160 studi medici, i questionari per fare il test ( si veda "Depresso un italiano su quattro. Arriva il test medico di base - Corriere della Sera 5-4-2007 - www.corrieredellasera.it - ricerca archivio ).
Ora a parte che all'annuncio, come al solito, finora, non è seguito nulla. Comunque sia, non c'è di che essere allegri. Certo, finalmente potrebbe avverarsi il sogno non tanto del depresso quanto dell’ipocondriaco: basterà pagare il ticket… Ma rischia anche di realizzarsi, per buttarla sull’orwelliano, il sogno della “società totalitaria” che cura la depressione con il pasticcone. Tradotto: ti rintrona di psicofarmaci per trasformarti in una specie di “Ti amo o pio bove”, capace solo di dire sì a tutti. Magari pure a Prodi e Berlusconi (insieme a Casini, incluso nel pacchetto). Qualche sociologo controcorrente, la chiama società della sorveglianza.
Basta, torniamo all'antico: meglio matti che depressi. I dottori possono aspettare... E poi sapete che nuova c’è: “Je so’ pazzo/je so’ pazzo/ non ce scassate o’ c…”. Tié.