Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Una base Usa-Nato in Libano? Chissà

Una base Usa-Nato in Libano? Chissà

di Michele Giorgio - 08/06/2007

 
«Una base americana qui a Quleiat, a poca distanza dalla mia città? No, non ne so nulla, provate a chiedere all'esercito». E' lapidaria la risposta di Gino Kalleb, il sindaco di Jbeil - l'antichissima Byblos - al nostro tentativo di far luce sulle tante indiscrezioni che circolano, anche in internet, sulla costruzione di una base americana di pronto intervento in questa parte del Libano.
Strano che il sindaco non abbia mai sentito la parole «base» pronunciata nelle strade della sua città anche perché, una settimana fa, nella sua zona le forze armate libanesi hanno effettuato manovre notturne, con la partecipazione di elicotteri Gazelle appena acquistati e già impiegati contro Fatah al Islam, nel campo profughi palestinese di Nahr al Bared, non lontano da qui e forse «d'intralcio» per la crescente importanza militare di quest'area tra Beirut e Tripoli.
Da queste parti, raccontano i libanesi, esisteva anni fa un aeroporto che si estendeva in parte dove adesso sorge l'autostrada costiera. Come ricostruirlo in un'area diventata di grande interesse turistico e storico? Domanda legittima ma a pochi minuti di distanza c'è Amchit, già sede di un'importante base militare siriana e ora quartier generale dei commando libanesi che, a pensarci bene, potrebbero un giorno far parte della Forza di dispiegamento rapido Nato-Usa.
Certo sarebbe uno sviluppo devastante per il Medio Oriente e per il Libano particolare, ma ormai tutto è possibile con il governo di Fuad Siniora, che ha lavorato con insistenza per cedere all'Onu - con la risoluzione sul tribunale internazionale sull'assassinio di Rafiq Hariri, approvata dal Consiglio di sicurezza la settimana scorsa - la sua sovranità giudirica.
In assenza del portavoce militare, generale Saleh Haj Suleiman, giriamo la domanda al suo vice, il colonnello Bushalani. «Indiscrezioni senza fondamento - dice sicuro -. Una base Nato o Usa a Quleiat mi pare difficile, perché non c'é lo spazio per ospitarla, visti gli armamenti pesanti delle forze Usa». Poi, però, si lascia scappare: «Comunque un po' più avanti c'è Hamat, una zona assai indicata per un aeroporto militare».
La base Nato, o americana, in Libano dipende in ogni caso dalla volontà politica delle forze ora al governo che già stanno ricevendo ingenti aiuti militari da Washington (oltre 200 milioni di dollari nel 2007) per rifare i denti all'esercito libanese e metterlo in grado di mordere i palestinesi, Hezbollah e i «terroristi» ovviamente, non certo per respingere le minacce esterne, come gli attacchi israeliani. Siniora e il capo della maggioranza Saad Hariri vedrebbero con molto favore un ritorno dopo 23 anni di forze armate Usa sul suolo libanese. «Con il passare dei giorni e delle settimane, la trasformazione di Quleiat in una base aerea diventa sempre più credibile», ha scritto il giornale dell'opposizione al-Akhbar.
A questo proposito Issam Naaman, un ex deputato e ministro libanese, il 18 aprile scorso ha analizzato, sul quotidiano pan-arabo al Quds al Arabi, le finalità delle tante improvvise missioni di parlamentari e uomini politici statunitensi in Siria e Libano negli ultimi mesi. «Sbaglia chi crede che quelle delegazioni abbiano aperto la strada a rapporti diversi (tra Siria e Usa) - ha scritto -. Washington le ha usate unicamente per fare pressioni su Damasco ed escluderla definitivamente dalle vicende libanesi e interrompere il sostegno ad Hezbollah». Secondo Naamam gli Usa intendono «partorire in Libano le idee che hanno concepito in Iraq» e ottenere quanto prima il disarmo del partito di Nasrallah. «Importanti membri delle delegazioni statunitensi - ha concluso Naaman - hanno parlato apertamente della trasformazione di Qaleiat in una base americana allo scopo di contenere Damasco, ma anche per addestrare ed equipaggiare le forze contrarie alla Siria, Hezbollah e ai settori della resistenza palestinese che stanno con Abu Mazen».