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L’altra metà della storia. Spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino (recensione)

di Pierluigi Battista - 09/06/2007

     
La falsa Napoli ricostruita dal Pci
Marco Demarco, direttore del “Corriere del Mezzogiorno”, esamina alcuni episodi della storia di Napoli dal dopoguerra ai giorni nostri. Il giornalista sostiene che il Partito comunista si fosse appropriato di alcuni eventi storici interpretandoli a proprio vantaggio. Le Quattro giornate di Napoli non videro una partecipazione attiva della dirigenza comunista, ma furono incluse nell’epica di partito a cominciare almeno dagli anni sessanta.
Questa appropriazione si basò su un’intensa propaganda e sull’erronea interpretazione in chiave antifascista della famosa battuta di Eduardo de Filippo «Adda passà ‘a nuttata». Per Demarco si tratta di operazioni che hanno influenzato il passato della città e continuano a influenzarne il presente.


Il saggio di Marco Demarco, L’altra metà della storia. Spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino (Guida editori) ha del pamphlet lo stile vivace, il carattere e il ritmo incalzanti.
Ne ha «l’animus» [...], ne ha l’intenzione, costruito com’è su un esplicito e programmatico andirivieni tra la storia e la cronaca, con lo sguardo lungo di chi rilegge miserie e furori della Napoli attuale alla luce di un passato che condiziona ancora pesantemente le scelte dell’oggi. Lo sguardo di chi [...] ha vissuto e «consumato» la sua giovinezza alla scuola politica del Pci e che, dal suo osservatorio privilegiato di direttore del “Corriere del Mezzogiorno”, riflette sulle ombre del passato per comprendere i limiti e le contraddizioni (e anche i fallimenti) della sinistra, che a Napoli si è fatta potere pervasivo nutrito di nuovo plebiscitarismo [...].
Per questo Demarco rilegge alcuni passaggi cruciali della storia politica e culturale della sinistra napoletana come esempi di un «passato ricostruito», e dunque ritoccato, se non manipolato, con conseguenze negative che si ripercuotono sull’attualità di una «città rotta» e non riconciliata con se stessa. Per esempio il «passato ricostruito» delle quattro giornate di Napoli: «che per inciso non sono quattro ma tre» a partire dal 28 settembre 1943. La presenza dirigente dei comunisti fu pressoché nulla ma quelle giornate cominciano a essere rivalutate solo negli anni Sessanta, quando il Pci «ha bisogno di radici più profonde e di referenze qualificate, ha bisogno di un passato che non ha» per accreditarsi agli occhi della città. Con un film, quello di Nanni Loy del 1962 con il titolo Le quattro giornate di Napoli, «proiettato su tutti i maxi-schermi delle feste dell’Unità e annunciato dal canto collettivo di “Bandiera Rossa” e “Bella Ciao”», si contribuisce a far sì, spiega Demarco, che «intere generazioni di comunisti si identifichino del tutto arbitrariamente con il popolo in armi contro i nazisti» alimentando «la tesi dell’antifascismo popolare di Napoli» con il risultato di «avvicinare il Pci al popolo».
Un altro esempio, il «passato ricostruito» di una delle più celebri battute della storia del teatro italiano contemporaneo: «Adda passà ‘a nuttata», declamata da Eduardo De Filippo in Napoli milionaria.
Pronunciata in pubblico la prima volta al teatro San Carlo la sera del 25 marzo 1945, la frase di Eduardo fu subito «un trionfo», accompagnato da un «pianto irrefrenabile» da parte del pubblico perché, ha raccontato De Filippo, «io avevo detto il dolore di tutti». Ma si dimentica che il protagonista della commedia aveva recitato quella battuta «al suo ritorno dalla guerra», quando trova «la moglie gocciolante di gioielli, il “basso” trasformato in un grande magazzino del mercato nero, la prima figlia sedotta e abbandonata da un soldato americano». La «nuttata» di Eduardo era quella della Napoli dei «liberatori» americani, l’immagine della notte non era quella della Napoli sotto il tallone nazifascista. Tutt’altro significato da quello diffuso dalla vulgata, costruita attorno a una «vicinanza di Eduardo al Pci» in realtà «anticipata di circa un trentennio», anche se nutrita di un «antiamericanismo» che «è un tratto della cultura comunista di quegli anni».
E l’indagine di Demarco non si arresta nella demolizione di altri luoghi tipici di questo «passato ricostruito». Il passato ricostruito della dinamica che portò all’eccidio successivo all’assalto monarchico alla federazione comunista di Napoli, all’indomani della proclamazione della vittoria della Repubblica nel referendum del 2 giugno 1946 (e che vide la partecipazione di un giovanissimo Biagio de Giovanni, destinato due anni dopo a iscriversi al Pci). Il «passato ricostruito» dell’atteggiamento ambiguo e tutt’altro che intransigente della sinistra (e comunista in particolare) nei confronti delle disavventure urbanistiche napoletane dell’amministrazione di Achille Lauro, malgrado la trasfigurazione simbolica operata da un film celeberrimo come Le mani sulla città di Francesco Rosi.
Tutti esempi di un passato ricostruito che gravano sull’immagine e sullo stesso modo di operare della sinistra napoletana nell’epoca del suo massimo potere incarnato dalla figura di Antonio Bassolino. Un’ambivalenza che si riflette, spiega Demarco, nella diversa accoglienza al duplice j’accuse di Giorgio Bocca rivolto al degrado napoletano: di entusiasmo per quello del 1993, precedente al trionfo bassoliniano, di fastidio e irritazione per quello del 2006. Un doppio standard che fa tutt’uno con quell’«altra metà della storia» raccontata da Demarco.

Marco Demarco, L’altra metà della storia. Spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino, Guida editori, pp. 240, € 12,50.