Diventa sempre più urgente trovare economie alternative a quella capitalista che sta distruggendo il pianeta ("Il fallimento del capitalismo reale" diceva Zizek). Nel seguito alcuni appunti rielaborati da "Ricchezza ecologica" di Maurizio Pallante, con qualche elaborazione originale.
L’economia del dono
L’economia del dono si contrappone all’economia di mercato o economia mercantile e si basa sul valore d’uso degli oggetti e delle azioni piuttosto che sul valore di scambio o valore commerciale. Alle origini c’è un’idea di socialità, di equilibrio con sé e con gli altri, di rispetto dell’ambiente. Il dono è in realtà uno scambio reciproco con alcune caratteristiche non scritte, ma ben definite: l'obbligo di dare, l'obbligo di ricevere, l'obbligo di restituire più di quanto si è ricevuto.
L'origine dell’economia del dono In una struttura economica limitata territorialmente e finalizzata all'autosufficienza (in qualche modo si tratta di una comunità), la necessaria centralità della produzione di valori d'uso richiede agli individui la capacità di svolgere, accanto al proprio lavoro principale, differenti mansioni, a volte in forma di collaborazione subordinata, e di costruire una rete di scambi fondati sul dono e sulla reciprocità. Ognuno mette a disposizione degli altri la propria competenza specifica e riceve in cambio le competenze specifiche altrui. In una struttura economica e produttiva di questo tipo il dono non è il regalo rituale della società consumistica, né l'atto caritatevole che le religioni raccomandano ai fedeli per alleviare le condizioni di miseria in cui vivono i poveri. In questa situazione il dono è una forma di scambio che crea legame sociale tra le persone coinvolte: io ho ricevuto da te e ti restituisco più di quanto mi hai dato; quando tu mi restituirai quanto ti ho dato in più, mi darai più di quanto hai ricevuto da me in modo che io sia nuovamente obbligato nei tuoi confronti e così via.
Gli scambi tipici dell’economia del dono hanno caratterizzato in Italia la vita delle campagne fino agli anni Cinquanta del XX secolo, quando l'agricoltura venne investita e trasformata dalle logiche industriali e mercantili. Prima di allora le attività svolte dalle famiglie contadine erano finalizzate soprattutto a consumare quanto veniva prodotto, l'agricoltura non era separata dall'allevamento e in ogni podere familiare si coltivava un po' di tutto. La vendita dei prodotti della terra aveva un’importanza marginale. Nelle borgate e nelle frazioni rurali tutti gli uomini adulti attivi collaboravano nei lavori più impegnativi e faticosi che scandivano nel corso dell'anno l'attività agricola: mietitura e trebbiatura del grano, vendemmia, raccolta e scartocciatura del mais, preparazione della legna per l'inverno ecc..
L’aspetto ecologico Quando la maggior parte dei mezzi di sussistenza vengono ricavati dal territorio in cui si vive, ci si sente necessariamente responsabili nei suoi confronti perché da esso si dipende. Non si sfrutta il terreno intensivamente, perché produrre più di quanto si consuma non ha senso. Non si pensa solo al presente e per non avere carenze in futuro si evita di danneggiarlo. Non si usano sostanze nocive per accrescere la produttività e diminuire la fatica del lavoro perché ciò che si produce si consuma. Non si deturpa il paesaggio, perché esso costituisce la propria nicchia esistenziale. Il rispetto e la protezione dell’ambiente non sono affidati all'etica o ai buoni sentimenti, che sono una merce rara, ma all'interesse personale e sociale.
Il concetto di tempo La cultura contadina ha qualche aspetto che può essere visto come svantaggioso, essa è atemporale, non danneggia il futuro ma nemmeno lo cambia: il futuro è già uguale al presente. Il solo tempo che riguarda la realtà è il tempo ciclico delle stagioni, lento nell’arco delle giornate lavorative o di ozio forzato, immutabile se guardato col passo degli anni. Ci sono inoltre gli eventi sociali, che scandiscono gli anni: nascite, matrimoni, funerali. La morte è pubblica nell’economia del dono, mentre è un fatto privato nell’economia mercantile.
L’impatto dell’economia mercantile Nel corso del Novecento lo sviluppo dell'economia mercantile fece crescere la percentuale della popolazione mondiale urbanizzata dal 3 al 30 per cento.
Il modo di produzione industriale e l'economia mercantile rovesciarono il rapporto tra produzione di valori d'uso e valori di scambio, ponendo la centralità sulla produzione dei valori di scambio e marginalizzando progressivamente la produzione di valori d'uso, fino a farla sparire quasi del tutto. L'unico residuo significativo che oggi permane è il lavoro femminile all'interno delle famiglie nucleari. Questo capovolgimento ha favorito lo sviluppo delle specializzazioni professionali e delle tecnologie, determinando forti accrescimenti di produttività e produzione, ma in cambio ha ridotto l'autonomia delle persone nella soddisfazione dei loro bisogni vitali. Oggi, nelle società industriali, in particolar modo nelle città che ne sono il cuore, nessuno produce nulla di ciò che gli serve per vivere e tutti dipendono da altri per tutto. Si è persa visibilità dello scopo delle proprie attività quotidiane.
Nella società industriale e mercantile, in cui la centralità è stata assunta dalla produzione di valori di scambio, i rapporti di scambio tra le persone sono mediati dal mercato e, pertanto, diventano impersonali. Chiunque può comprare da chiunque e vendere a chiunque beni e servizi analoghi offerti da più produttori. La scelta avviene in base alla disponibilità economica degli acquirenti e alla convenienza dell'offerta (il rapporto prezzo-qualità). Mentre lo scambio fondato sul dono e sulla reciprocità creava legami sociali, lo scambio mercantile li distrugge. Toglie la rete di protezione della solidarietà, mentre accresce la dipendenza di ogni individuo da altri per la soddisfazione dei propri bisogni vitali. Riduce l'autonomia degli individui inserendoli in un meccanismo di cui costituiscono semplici ingranaggi intercambiabili. Alla collaborazione sostituisce la concorrenza e la rivalità tra produttori, alla reciprocità l'indifferenza, alla centralità del rapporto interpersonale la centralità della merce.
Il tempo del mercato Chiaramente ci sono stati anche dei vantaggi: l'allargamento della sfera mercantile ha consentito in primo luogo di accrescere la disponibilità di beni e servizi per quantità crescenti di popolazioni. Inoltre ha comportato un’estensione degli orizzonti culturali di comunità e gruppi sociali precedentemente chiusi in una rete immutabile di relazioni soffocanti e nella rigida conservazione delle proprie tradizioni. Si è avuta una rinascita del tempo con diversi parametri. La rinascita del tempo sembrò inizialmente ampliare le prospettive e fornire al tempo uno spessore, un passato, un futuro, il progresso. Oggi tale tempo appare invece come il presente perpetuo dello spettatore-consumatore che vive una realtà di spettacolo e commercio. |