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Tsunami turismo: se i cinesi cominciano a viaggiare

di Tino Mantarro - 11/06/2007

Al mare vanno di notte, perché l’abbronzatura è ancora il marchio del lavoro nei campi. Hanno scoperto lo sci, nei 200 impianti da poco costruiti. Quando si spostano hanno la fama di far rumore e fumare dove non si potrebbe. Un trend che stravolgerà il settore

 

Nel 2001, 780 milioni hanno visitato il proprio Paese. Nel 2006, quasi 35 milioni si sono recati, per vacanza o per affari, all’estero. L’ente che amministra il turismo
ha approvato nel 2007 132 nazioni come destinazioni consentite

 

Fino al 1998 i cinesi non andavano in vacanza. Non è che fosse proibito: semplicemente non era permesso muoversi dal luogo di residenza, città o campagna che fosse, senza il permesso delle autorità locali. E poi non c’erano i soldi. Fino all’apertura al capitalismo, vent’anni fa, i normali cittadini cinesi erano più impegnati a procurarsi di che mangiare e di che vestire, piuttosto che pensare a organizzarsi le ferie. Oggi tutto è cambiato. I turisti crescono allo stesso esponenziale ritmo dell’economia cinese: 10% l’anno.
Dal 1998 in governo ha concesso a tutti le "tre settimane d’oro". Tre periodi di dieci giorni in coincidenza delle feste più importanti in cui sempre più persone si muovono: la prima settimana di ottobre, per l’anniversario della Repubblica Popolare; il periodo sacro del Capodanno cinese e la festa dei lavoratori. Tre settimane in cui in Cina tutto si ferma. Tanto che andarci per fare affari, ma anche solo per turismo è quasi inutile. Chiusi uffici e fabbriche, affollati all’inverosimile i luoghi del turismo e qualsiasi mezzo di trasporto. Impossibile trovare un posto in treno, fastidioso destreggiarsi tra file chilometriche di indisciplinati turisti locali che rumoreggiano, mangiano ovunque e fotografano qualsiasi occidentale capiti a tiro di scatto. Secondo le statistiche dell’Amministrazione nazionale del turismo, i cinesi che visitano il loro Paese sono passati da 250 milioni del 1990, a 780 milioni nel 2001.
Perché i cinesi amano la Cina, e amano viaggiare per conoscerla. Un proverbio locale dice che «per vedere 25 anni di storia cinese vai a Shenzhen, per 150 anni a Shanghai, per 500 a Pechino e per 5.000 a Xian». Ma la vera mecca del turismo interno cinese è la Città Proibita, seguita a ruota dalla grande Muraglia, dall’esercito di terracotta e dalle crociere sui fiumi vari, Giallo o Azzurro che siano. Meno fascino esercitano le località di mare, comunque in crescita, anche se vedere i cinesi in spiaggia è uno spettacolo a sé. Per cult ura ancora allergici al sole, la pelle abbronzata contraddistingue i contadini e l’epoca del ritorno alla ruralità è ancora lontana, i cinesi amano andare sul bagnasciuga la notte. Allora li puoi vedere in costume e accappatoio prendere timorosamente contatto con le onde, mentre la spiaggia è illuminata a giorno dai fari degli alberghi e dai fuochi artificiali. Da qualche anno poi sta prendendo piede anche il turismo invernale. Nel 1999 i cinesi che avevano messo un paio di sci a piedi non arrivavano a 5mila: oggi sono 5 milioni. Le località sciistiche erano in proporzione: sei, di cui tre al confine col Pakistan. Oggi sono oltre 200, tra cui Yabuli, nella provincia del Heilongjiang, la più grande di tutta l’Asia.

Una vera rivoluzione, al punto che oggi il turismo contribuisce per il 6,l% del Pil. Come se non bastasse oggi la Cina riceve 22 milioni di turisti stranieri – dato 2005 –, il 10% in più rispetto all’anno prima, cinquanta volte in più rispetto a 20 anni fa. E secondo l’Organizzazione mondiale del turismo entro il 2020 la Cina dovrebbe diventare il più importante mercato turistico al mondo.
Ma negli ultimi anni sono in crescita esponenziale anche i cinesi che viaggiano all’estero. Nel solo 2006, 34,5 milioni di cinesi si sono recati, per vacanza o per affari, in un Paese straniero: principalmente a Hong Kong, il paradiso dello shopping, e nei casinò di Macao, l’unico luogo in Cina in cui il gioco d’azzardo è legale. Ma sempre più persone scelgono anche altri Paesi asiatici per le loro "settimane d’oro". E diversi gruppi iniziano a spingersi in Europa per tour da far invidia ai giapponesi. Per il 2007 l’ente nazionale che amministra il turismo ha approvato 132 nazioni come destinazioni permesse, 15 in più rispetto al 2006: tra queste non ci sono né gli Stati Uniti, né Taiwan.
Ma il turismo all’estero non è tutto rose e fiori, anzi. Uno dei problemi principali dei gruppi di turisti cinesi quando viaggiano fuori dai confini è rappresentato dalla cucin a. Vogliono mangiare nei ristoranti cinesi: e non si accontentano di quelli adattati al gusto del Paese ospitante. Loro vogliono mangiare in quelli veri, quelli nel cuore delle Chinatown, dove possono ritrovare i sapori di casa e non sentirsi troppo spaesati. Fosse solo questo. I cinesi in viaggio sono degli adolescenti in gita scolastica. Sporcano, fanno rumore, devastano gli alberghi, fumano con noncuranza dove non si potrebbe, treni e metropolitane comprese. E come se non bastasse amano incidere il loro nome su qualsiasi monumento, panchina o muro gli capiti a tiro. Ovunque vadano i gruppi cinesi sono guardati con orrore. In un momento in cui i turisti sono diventati l’ultimo bene da esportazione del Paese, in tutta l’Asia "viaggiatore cinese" è diventato sinonimo di persona incivile e maleducata.
Tanto che il governo centrale si è visto costretto a lanciare un programma di educazione nazionale per insegnare ai vacanzieri un degno comportamento pubblico. Il programma, denominato «Campagna per la cortesia del viaggiatore cinese», è stato inaugurato lo scorso primo settembre dall’Amministrazione nazionale del turismo e dalla Commissione centrale per l’indirizzo del progresso etico e sociale. Tra i comportamenti sconsigliati dalla commissione rubare il posto nel bus, saltare la coda, togliersi scarpe e calzini in pubblico, imprecare e parlare a voce particolarmente alta.

Il governo di Pechino sta anche studiando anche modi per punire chi avesse tenuto un comportamento non adatto all’estero, danneggiando così l’immagine della Cina e dei cinesi nel mondo. Tra le misure allo studio anche il ritiro del passaporto.
Ma in vista di Pechino 2008 e dell’Expo di Shanghai 2010, il governo centrale è attento anche al comportamento dei cinesi in patria. Secondo l’agenzia di stato Xinhua, l’11 marzo a Pechino si è tenuto il primo giorno della fila corretta. I cittadini erano invitati a rispettare il proprio turno nelle code, evitando di sgomitare e strattonare chi si tro va in attesa con loro. Mentre lo scorso ottobre, durante la settimana di vacanza per la festa della Repubblica, chi si trovava a transitare per piazza Tian’anmen riceveva un sms: rammentava di non sporcare l’ambiente e mantenere un comportamento decoroso. Più facile a dirsi che a farsi.