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La Russia ed i media europei: intervista a Stefano Grazioli

di Daniele Scalea - 12/06/2007

 

 

 

 

Stefano Grazioli, politologo e giornalista, ha lavorato in Germania, tra l'altro come redattore di “Orf” e caporedattore di “Kurier”. Ha all'attivo tre libri pubblicati (due sul populismo e l'estrema destra europea – Nel nome della “gente” e La galassia neonazista in Germania e in Austria – ed uno sulla Russia: Vladimir Putin, la Russia e il nuovo ordine mondiale). Attualmente collabora con alcune testate svizzere ed italiane. È esperto di Russia e paesi postsovietici e nel suo blog (<www.poganka.splinder.com>) si occupa di selezionare e commentare le notizie provenienti da quella zona del mondo. “Rinascita” l'ha incontrato per discutere di Russia e del modo in cui i media nostrani ne trattano.

 

Come valuta il modo in cui la stampa e le televisioni europee affrontano le tematiche inerenti l'area postsovietica?

 

Lo giudico estremamente superficiale. Anche se ci sono differenze tra Paese e Paese. L’Italia è forse quella più disastrata, rispetto a Germania o Francia. Vallettopoli riempie colonne e palinsesti, ma nessuno riesce a spiegare come si deve quello che succede in Estonia o in Kazakistan.

 

Crede che le distorsioni giornalistiche siano dovute più all'incompetenza dei singoli o ad una deliberata strategia di propaganda politica internazionale?

 

Non parlerei di un complotto mediatico internazionale, anche se ogni tanto verrebbe da pensarlo. Ritengo che il problema sia legato soprattutto ai meccanismi di funzionamento dei media e all’effetto “palla di neve” creato da una notizia di agenzia, vera o falsa che essa sia. Si comincia con un fiocco, poi arriva la valanga. In più, ovviamente, hanno un ruolo l’ignoranza vera e propria rispetto a certi temi di chi lavora nelle redazioni o molto spesso dei corrispondenti  - il russo lo masticano in pochi e si preferisce stare a Mosca a riprendere le agenzie, piuttosto che girare per il Paese a fare interviste - e le pressioni  editoriali. La libertà di stampa non è certo una questione solo russa, spesso ci si dimentica quello che succede nelle cosiddette democrazie occidentali, a partire proprio dall’Italia.

 

Alla luce della sua esperienza giornalistica in altri paesi d'Europa, ritiene vi siano significative differenze tra come i media italiani e quelli esteri si rapportano agli eventi russi?

 

Faccio un confronto con la Germania, dove abito ora: qui c’è più informazione, come quantità, e la qualità è migliore. Mi spiego: tv e giornali dedicano molto spazio alle questioni russe, e a quelle straniere in generale, anche se a Mosca e dintorni non succede nulla. C’è continuità e attenzione per quello che accade all’estero, si parla e si scrive di politica ed economia, ma anche società e cultura. La Russia non è solo Putin e il gas. La Germania con Kohl e Schröder ha ricostruito con la Russia un rapporto stretto e di fiducia che ha seppellito il passato, e i Tedeschi sono abituati a considerare Mosca un partner e non un avversario. I media sono capaci più di quelli italiani di andare in profondità e la copertura di un avvenimento è senz’altro più completa, il che non vuol dire che manchino le critiche.

 

Alcuni anni fa lei ha pubblicato un libro sulla personalità e le origini di Vladimir Putin. Ora che il suo secondo mandato presidenziale sta giungendo al termine, che bilancio traccerebbe della "epoca Putin"?

 

Il bilancio è senz’altro positivo, come tra l’altro ha scritto l’ex cancelliere Schröder nelle sue memorie appena uscite e aggiornate. Putin in questi sette anni ha stabilizzato il Paese a livello politico ed economico dopo il disastro del periodo eltsiniano, rafforzando le istituzioni a scapito delle ingerenze degli oligarchi. Ha riportato la Russia sulla scena internazionale e ridato fiducia a una società delusa e paralizzata dopo il crollo dell’Impero sovietico e l’anarchia susseguente. Ha dato una svolta decisiva riportando in carreggiata una nazione che rischiava, dopo due colpi di stato e un default finanziario, di saltare come una polveriera. Certo, rimangono diverse ombre, ma se la stragarnde maggioranza dei Russi vorrebbe che Vladimir Vladimirovič rimanesse ancora al Cremlino, allora si può sostenere a ragione che prevalgono le luci. Non bisogna giudicare la Russia con un metro occidentale, ma valutarla per quello che è e non per come vorremmo che fosse.

 

Quali scenari s'immagina per la Russia del 2008? Chi sono i papabili alla successione e cosa farà Putin una volta abbandonata la presidenza?

 

La Russia del prossimo quadriennio sarà poco differerente da quella attuale. Ad oggi i due potenziali successori sono Igor Ivanov e Dmitri Medvedev, rappresentanti di due correnti diverse all’interno del Cremlino. Se le cose rimarrano così per i prossimi mesi - se cioè Putin non proporrà un terzo uomo, ma questa decisione dipenderà proprio da quello che l’attuale Presidente deciderà di fare – allora è probabile che la lotta tra i due delfini si concluda con un pareggio: uno alla presidenza, l’altro al governo. Vladimir Vladimirovič non ha ancora deciso dove finirà. Per lui ci sono la variante politico-istituzionale e quella privata. La prima lo vede magari come leader di Russia Unita o presidente della Corte Costituzionale o di qualche altro organo, magari creato ad hoc. La seconda avrebbe il suo naturale sbocco in Gazprom. Al momento mi sembra la soluzione più probabile.