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Politica energetica europea cercasi

di redazionale - 12/06/2007

Lo si era capito fin dal rapporto Stern. I cambiamenti climatici, e i conseguenti pesanti danni finanziari anche per l’economia, hanno di fatto riaperto nella politica energetica la strada all’opzione nucleare. Accanto a risparmio, progressivo abbandono delle fonti fossili a favore di quelle rinnovabili e maggior utilizzo del metano al fine di abbattere le emissioni di C02, ecco rispuntare l’atomo, presentato stavolta come una delle soluzioni al problema del global warming. L’Inghilterra per prima ha mollato gli ormeggi, nonostante che il governo laburista e Tony Blair in testa avessero escluso nel 1997 la costruzione di nuove centrali. Ed ora – come riporta stamani il Sole24Ore – siamo di fronte addirittura ad una accelerata del Governo del Regno Unito anche considerando che il dopo Blair, ovvero Gordon Brown, è un nuclearista convinto.

L’opzione nucleare, anzi il potenziamento, è anche nei nuovi orientamenti della Svizzera. Che prevedono infatti centrali a gas a ciclo combinato come soluzione transitoria e poi sostituzione delle poche centrali nucleari esistenti oppure integrazione. Non si tratta di decisioni prese ma come detto di orientamenti, resta il fatto che entro dicembre il Governo elvetico varerà i piani d’azione e poi dopo il passaggi in parlamento potrebbe anche essere fatto un referendum, come è nella loro tradizione.

E in Italia che succede? Che il dibattito si è riaperto. E vi stanno prendendo parte anche personaggi, tipo Umberto Veronesi, che è certamente un luminare nel campo medico ma che non si sa a quale titolo e con quale competenza possa affermare che “solo il nucleare ci salverà” e che “il Governo italiano deve costruire 10 centrali atomiche”. Al di là di queste stranezze tutte italiane, ben più avanti delle chiacchiere è andata l’Enel, che bypassando ogni questione sta investo nell’est europeo proprio sulle centrali nucleari. Quindi oltre ad essere circondati da Paesi che l’atomo lo sfruttano da tempo, una delle nostre maggiori società ci investe. Senza considerare – basta vedere le pubblicità sui giornali della Societe Generale – che volendo pure noi piccoli consumatori potremmo far soldi col nucleare investendo sulle azioni delle materia prima utilizzata nell´energia atomica, ossia l´ uranio.

La situazione quindi è molto seria perché va ricordato che non siamo di fronte ad una tecnologia nucleare molto diversa da quella del passato. O meglio, i progressi ci sono certamente stati, soprattutto sulla sicurezza, ma come esempio di efficienza viene portato quello delle centrali di IV generazione che sono ancora a livello sperimentale o poco più. Inoltre la questione delle scorie resta ancora nel limbo dei grossi problemi irrisolti. Se il nucleare non ha impatti a livello di emissioni, ne ha infatti molti altri sull’ambiente, ma questo non sembra essere tema del dibattito internazionale. A completamento del quadro della politica energetica mondiale va detto che la Cina sta diversificando sulle fonti energetiche al 100% e quindi darà spazio anche al nucleare con 32 nuove centrali in progetto. I paesi dell’est, invece, sembrano diventare – semplificando – una sorta di aree yes-nuclear, ovvero dove si può andare bellamente a costruire quelle centrali che invece altrove non si possono fare (vedi appunto il caso dell’Italia).

Il punto è quindi: ma l’Europa, nel senso dell’Ue, quale posizione ha? Per quanto è dato capire dai vari G8 e non solo, non ha un’idea ben definita ed è questo il problema vero. Ogni paese sembra fare un po’ come vuole, lavorando anche nelle pieghe del dibattito e delle leggi. Speriamo di sbagliare, ma quello scenario indicato e auspicato, almeno dagli ambientalisti, di un progressivo abbandono del nucleare non ci sembra proprio di vederlo. Anzi, ci sembra che sia arrivato il tempo di smetterla con la minimizzazione di questo nouvelle vague nuclearista per riuscire così ad affrontarla in modo serio.