Speculazioni immobiliari nella Grande Mela
di Steven Wishnia - 14/06/2007
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Trent'anni fa, si poteva trovare facilmente un monolocale in un quartiere di ceto medio di New York City a 150 dollari al mese. Oggi, ne costa oltre 1.500: più di quanto il giocatore degli Yankees Reggie Jackson, all'epoca il più pagato nel baseball, guadagnasse nel 1977. Il suo appartamento sulla Fifth Avenue con terrazza affacciata su Central Park costa 1.466 dollari al mese. Mentre la paga minima non è certo salita a 27,82 dollari l'ora. |
Come siamo arrivati a questo punto, è l'argomento del libro di Kim Moody, From Welfare State to Real Estate: Regime Change in New York City, 1974 to the Present (The New Press). Moody analizza il modo in cui il ceto affaristico di New York ha sfruttato la crisi fiscale degli anni '70 per distruggere la “politica socialdemocratica” della città e imporre il programma neoliberale che detta “tagli alla spesa sociale, privatizzazioni, deregulation , e cosa più importante il riaffermarsi di un potere di classe da parte dei capitalisti”. É convinzione diffusa, che la crisi fiscale del 1975 sia stata causata da politiche riformiste fuori controllo: l'estensione dei servizi sociali negli anni '60, o i costi di gestione della più ampia rete di servizi di qualunque città americana, con 22 ospedali pubblici, un sistema universitario gratuito e la più capillare metropolitana del mondo. Moody indica come le spese in quella direzione avessero fortemente rallentato già dagli anni ‘60, mentre lievitavano per la città i costi degli interessi sul debito. Postula che l'eliminazione delle forti riduzioni fiscali per le imprese costruttrici avrebbe potuto far molto per evitare la crisi. Una spiegazione che appare un po' fragile: la causa strutturale profonda era la massiccia deindustrializzazione della città. Moody nota come New York abbia perduto la sconvolgente quantità di 600.000 posti di lavoro industriali, fra il 1968 e il 1977. Fu eliminata così la ricchezza dei ceti lavoratori che era la base politica ed economica a sostegno del sistema di infrastrutture pubbliche. Sparì anche la fonte tradizionale di reddito legale dei quartieri più poveri della città. L'attuale sindaco Michael Bloomberg è spesso definito un liberal – un'epoca senza valori, questa, quando il solo fatto di non essere fanatico rispetto alla vita sessuale altrui basta a qualificare in qualche modo come progressista — ma è in realtà un devoto plutocrate. Non aggressivo come Giuliani (anche se simile a lui nel disprezzo per le libertà civili), ma il suo ruolo richiede tratti caratteriali diversi. Obiettivo di Giuliani era di mettere ordine nelle questioni razziali “ingovernabili”; quello di Bloomberg di consentire ai ricchi di accumulare altri mucchi di soldi. Moody definisce la filosofia del sindaco “immobiliarismo”: affollare lo skyline di torri ad appartamenti di lusso, regalando più di 3 miliardi di dollari l'anno di tagli fiscali a imprese e abitazioni per ricchi, mentre una quantità crescente di lavoratori residenti a New York spende oltre la metà di quanto guadagna per l'affitto. Nel corso di questo boom immobiliare, nota Moody, non solo il prelievo dai ceti operai — redditi e tasse commerciali — ha sorpassato le imposte sugli immobili come base di introiti per la città, ma lo stesso sistema delle tasse sugli immobili è così distorto che il proprietario di una casa bifamiliare di un quartiere nero a redditi medio-bassi vicino all'aeroporto Kennedy Airport paga quasi tre volte la percentuale sul valore di mercato di dodici stanze affacciate sulla Park Avenue. Contro tutto questo, Moody auspica la possibilità che emerga qualche nuova spinta sociale, dal milione di iscritti cittadini ai sindacati, o da organizzazioni di base come la Make the Road By Walking di Brooklyn, o da gruppi di quartiere e per la casa o anti- gentrification , per lottare contro il neoliberalismo. É una speranza debole per ora, ma essenziale. La Sze intreccia in modo affascinante alcune storie nel suo libro, come quando sottolinea che all'inizio del XX secolo, l'80% delle città degli Usa prescrivevano di riciclare i rifiuti organici e le ceneri di carbone. Ma si tratta di una scrittura che spesso cade nell'ovvio. Quando descrive il volantino delle organizzazioni ambientaliste che propone il Governatore Pataki insieme a un ragazzino nero con inalatore per l'asma, la Sze scrive, “ Un contrasto visivo, quello fra il politico più potente dello stato e il bambino di colore con l'asma, che rappresenta in modo letterale le politiche di base [dei gruppi] e il sistema delle convinzioni ”. Visto che sono stati incrociati i documenti delle varie campagne per la giustizia ambientale, il libro avrebbe potuto anche avvantaggiarsi di diverse testimonianze dei protagonisti e delle comunità, valutando quali strategie paghino, e quali no: cosa che non è stata fatta e di cui c'è gran bisogno.
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