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Il genocidio perfetto in Iraq ed a Gaza

di Antonio Caracciolo - 15/06/2007

Fonte: clubtiberino

 



La pannelliana rassegna stampa di radio radicale è da parecchie settimane tutta concentrata sull’ultimo gioco mediatico di Marco Pannella volto ad ottenere una “moratoria”, cioè una dichiarazione dell’Onu con la quale si raccomanda ai governi di non applicare la pena di morte nella loro legislazione penale. Peccato che Pannella non si accorga della moria che ogni giorno in Medio Oriente vede scomparire vite umane quasi fossero mosche fastidiose. Un perfetto genocidio è in atto da anni in Iraq. Ora lo si voleva applicare nella striscia di Gaza ed in tutti i territori dei profughi palestinesi. Perché dico un genocidio perfetto? Pianificando e fomentando a tavolino la guerra civile dei propri nemici, se ne ottiene la distruzione reciproca senza fare ricorso a strumento come la bomba atomica o la guerra chimica e soprattutto non se ne può essere resi responsabili. Luttak lo ha svelato in serata televisiva, teorizzando un ritiro dei marines in basi ben protette sul territorio iraqueno. Lo scopo sarebbe quello di impedire un’eventuale invasione dell’Iran che vanificasse la conquista americana del territorio e dei pozzi petroliferi iraqueni. Quanto alla popolazione civile presto detto: lasciare che trovi da sola il suo equilibrio. Ossia la guerra civile senza fine, ossia il genocidio fisico, spirituale, intellettuale. Ne sappiamo qualcosa in Europa, dove la guerra non è mai terminata dal 1945 ad oggi. Lo stesso si voleva fare in Gaza con una maggiore intensità e sistematicità. Ma forse il disegno è stato sventato se in quel territorio è stata ritrovata un’unica direzione politica. Questa analisi mi pare suffragata da il Guardian e le Monde, se il Carretta della rassegna stampa internazionale che precede la rassegna stampa di Bordin non ne avesse distorto il senso con i suoi fuorvianti commenti. Queste mi sembrano possibili linee interpretative di eventi ancora in corso. È difficile capire il senso di ciò che si svolge davanti ai nostri occhi e non è ancora terminato. La comprensione giunge sempre in ritardo.

RASSEGNA STAMPA COMMENTATA

1. Dove batte il cuore ed il dente per Israele. Non ho tempo per un’analisi delle analisi, per un monitoraggio degli Industriali alla Finkelstein, ma leggendo i vari testi con attenzioni si possono capire i desideri e le mire politiche di questi partigiani di Israele su suolo italiano, altra base americana recentemente ingranditasi a Vicenza.

2. Non si capisce molto, ma… si legge della volontà di Olmert, il leader israeliano, di separare Gaza dalla Cisgiordania, con l’evidente intento di frantumare i territori palestinesi, per annetterseli più facilmente dopo che la guerra civile interpalestinese avrà ulteriore decimato i profughi, completando il loro genocidio. Il termini “fondamentalismo” e simili da parte dell’articolista nascondono la sostanza politica dello scontro in atto.

3. L’AsiaNews vaticana si preoccupa per “l’era della legge islamica” ma anche riporta qualcosa di interessante, benché non farina del suo sacco: «Nella notte i combattenti hanno festeggiato la vittoria sparando colpi di kalashnikov dai tetti di Gaza esultando per la “liberazione” del territorio dal partito Fatah, ritenuto “collaboratore” di Usa ed Israele. “Stiamo dicendo alla nostra gente che il passato è finito e non tornerà – ha detto Islam Shahawan, un portavoce dell’ala armata di Hamas – l’era della giustizia e della legge islamica è arrivata”. Analisti notano ormai l’effettiva divisione di Gaza dalla Cisgiordania. Lo scenario di un “Hamas-stan” guidato dal radicalismo islamico, separato da un “Fatah-stan”, più ampio e moderato, fa tremare la comunità internazionale, mentre gli Stati arabi hanno fatto un appello alla calma, avvertendo che gli scontri nella Striscia minacciano la causa palestinese. L’ormai ex premier del defunto governo di unità nazionale, Ismail Haniyeh ha, però, subito rassicurato: “La Striscia di Gaza è una parte indissociabile della patria e i suoi abitanti costituiscono una parte indissociabile del popolo palestinese. No, quindi, a uno Stato nella Striscia solamente, perché lo Stato è un insieme che non può essere diviso”. Il politico, esponente di Hamas, ha poi definito “precipitose” le decisioni di Abbas». Paiono evidenti gli interessi ed i rischi al momento in gioco. Mentre pare scongiurata la guerra civile nella striscia di Gaza, se l’una fazione ha effettivamente preso il sopravvento, più inquietante è la prospettiva di una guerra civile tra le due aree palestinesi. Sarebbe il trionfo degli occulti strateghi del genocidio palestinese.