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Dopo lo tsunami, un'apparente ricostruzione

di Marina Forti - 17/06/2007

 

 

Il governatore di Aceh, provincia indonesiana all'estremo nord di Sumatra, ha annunciato la moratoria a tempo indeterminato del taglio e del commercio di legname. È un gesto assai importante: Aceh è la provincia più devastata dallo tsunami che nel 2004 ha spazzato le terre affacciate sull'Oceano indiano, aveva riportato 170 mila morti su una popolazione di circa 5 milioni di abitanti. È anche il luogo di una rivolta indipendentista repressa nel sangue negli anni '80 ma poi ripresa, in una spirale di guerra e di repressione: solo il disastro naturale ha infine costretto il movimento guerrigliero e il governo di Jakarta a venire a patti, con un trattato di pace firmato nel 2005. Oggi il governatore di Aceh, Yusuf Irwand, è un ex dirigente guerrigliero del Gam, il Movimento Aceh Libera: è il primo governatore eletto democraticamente (prima era il governo di Jakarta a nominare i suoi proconsoli), scelto a grande maggioranza dagli elettori acehnesi. Insediato l'8 febbraio scorso, Irwand aveva dichiarato al quotidiano in lingua inglese Jakarta Post che le sue priorità sono sviluppare una grassroot economy, economia popolare, locale, dopo anni di abbandono da parte dello stato centrale. Punta su programmi ad alta intensità di lavoro, sulla corruzione e trasparenza, l'istruzione, e la terra: «Molta povera gente non ha terra da coltivare io voglio includerli nella riforma agraria».
Aceh insomma combatte gli effetti combinati dello tsunami e di decenni di guerra. Ma due anni dopo il disastro, e nonostante un gigantesco flusso di aiuti internazionali, la ricostruzione è lenta: circa 57 mila case sono state ricostruite, su un obiettivo di 120 mila; 1.200 chilometri di strade sono stati ripristinati, e 728 scuole su circa 2000 che erano crollate (riprendo questi dati da Michael Renner, ricercatore del Worldwatch Institute che indaga sul nesso tra conflitti e devastazione ambientale). Il neogovernatore faceva notare, al quotidiano di Jakarta, che «con la ricostruzione post-tsunami in corso, l'economia di Aceh sembra sbalorditiva. Ma è solo l'apparenza. Il denaro arriva ed è speso nei salari per gli esperti stranieri. A Aceh in realtà non c'è denaro: è come una grande bolla, quando esploderà non resterà nulla» (Jakarta Post, «Aceh set to leave gloomy past behind», 26 marzo 2007). Ma la sfida maggiore per Aceh resta come sviluppare le risorse naturali di cui è ricca, da quelle agricole (caffè, riso, gamberi), al legname, al gas naturale: il problema è come vengono sfruttare, e chi ne beneficia. In fondo, proprio il controllo dei giacimenti di gas e del legname, e la redistribuzione del reddito che creano, sono state le cause di fondo della rivolta contro il governo centrale di Jakarta. Ora, la legge fondamentale che governa Aceh dal 2006 stabilisce che la provincia tratterrà il 70% del reddito derivante dalle sue risorse naturali, come il gas estratto dai suoi pozzi offshore da Exxon-Mobil con l'azienda statale Pertamina. E come il legname.
Qui la cosa è ulteriormente complicata: due decenni di guerra hanno più che favorito il taglio illegale delle foreste, business controllato in parte da una polizia corrotta e in parte dai guerriglieri; il legname era esportato in Malaysia e Singapore, da cui raggiungeva il mercato cinese o statunitense (è la rotta principale di tutto il legname tagliato illegalmente in Indonesia: stime accreditate dicono che fino all'80% del legname esportato dal paese proviene da taglio illegale, e che ogni anno scompaiono così 2,1 milioni di foresta). Quanto a Aceh, il taglio illegale ha avuto un nuovo boom dopo lo tsunami, per la domanda di materiali per la ricostruzione, che ha fatto salire la domanda e i prezzi. Un'indagine sul campo condotta in aprile da Greenomics Indonesia, organizzazione indipendente, ha appurato che 850 mila metricubi di legname tagliato illegalmente sono stati usati per la ricostruzione (lo cita di nuovo Renner), cioè circa l'85% del legname usato in Aceh. Ecco perché il governatore Irwandi ha preso una decisione molto importante. C'è da sperare che riesca a farla rispettare.