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Tollerare Ogm nel biologico è unire il diavolo all'acquasanta

di Roberto Burdese - 19/06/2007

 
La minaccia che le coltivazioni OGM costituiscono per l’agricoltura tradizionale e di qualità non è affatto sventata. Su questo si centra il confronto tra chi ha una visione naturale – e moderna – del mondo agricolo (che si rinnova attingendo dal patrimonio dei saperi tradizionali, armonizzando il rapporto tra ambiente e attività primaria) e chi ha invece una visione legata a modelli economici e scientifici del secolo scorso (e considera l’agricoltura come una curatela della chimica, da piegare alle regole dell’industria e del mercato).
L’ultimo episodio della saga si è consumato martedì scorso, quando il Consiglio dei Ministri dell’Agricoltura dell’UE ha approvato la norma che fissa allo 0,9% la soglia di tolleranza di contaminazione accidentale di OGM nel biologico. Gli OGM nel biologico sono un controsenso: come il diavolo e l’acqua santa, eppure le contaminazioni sono inevitabili e allora è necessario definire fino a che punto le tolleriamo. Il Parlamento Europeo si era chiaramente espresso (611 voti favorevoli, 61 contrari e 23 astensioni) per una tolleranza zero, ma soprattutto aveva proposto che da questa discussione ne scaturisse un’altra ben più importante: vogliamo iniziare a pensare all’agricoltura di domani? Sappiamo che il sistema cibo è tra i principali responsabili del degrado degli ecosistemi: vogliamo, come vecchia Europa, prendere per mano i fratelli del nord e del sud del mondo e provare a salvare la nostra Terra Madre?
Avevamo letto con orgoglio i risultati raggiunti dal Parlamento Europeo; ci eravamo sentiti cittadini di un’Europa unita pronta ad accettare la sfida ormai inevitabile del grande cambiamento che tutta l’economia e gli stili di vita dovranno subire; avevamo avvertito la volontà politica di vivere positivamente questa nuova grande rivoluzione.
Purtroppo questo stesso spirito non anima quei governanti europei che martedì hanno espresso un voto tale da farci rischiare idealmente il ritorno ad un Medio Evo in cui solo i loro privilegi sembrano costituire un bene da preservare; anche se speriamo che le conseguenze pratiche possano essere contenute da leggi nazionali più restrittive del regolamento europeo.
Slow Food, come tanti altri, crede ancora nella possibilità di un mondo nuovo e migliore, che proprio in una agricoltura ecologica e in modelli alimentari sostenibili individua un pilastro del suo futuro.