Allattare o curarsi? Un falso dilemma
di Antonella Sagone - 11/12/2005
Fonte: promiseland.it
Noi madri abbiamo l'enorme potere di influire sulla qualità del nostro latte. La nostra alimentazione soprattutto gioca un ruolo chiave
Anna ha un dente cariato che deve assolutamente curare; sta allattando al seno suo figlio di 5 mesi. Il dentista le ha fatto ritardare la cura fin dalla gravidanza, per evitare di esporla all’anestesia locale, perché le ha detto che può “passarla” al bambino; ora però il dolore non è più sopportabile, la carie avanza e il medico le consiglia di sospendere l’allattamento per 48 ore per potersi curare. Così Anna compra biberon e formula da dare al bambino per i due giorni che seguiranno la cura.
Maria deve prendere un farmaco per la tiroide, ma non vuole ancora svezzare suo figlio di 14 mesi, felicemente allattato. Il medico la sgrida: sta mettendo a repentaglio la sua salute, anzi forse è proprio l’allattamento che le ha messo sottosopra gli ormoni, e poi è ora che lo svezzi, tanto ormai che conta più il suo latte? Le dà due settimane di tempo.
Laura soffre di mastiti ricorrenti e deve prendere un antibiotico, ma sul foglietto legge che il farmaco è controindicato in allattamento. Così, senza dirlo al medico, ne prende la metà della dose prescritta, e interrompe il trattamento due giorni prima del termine. Ogni tanto la mastite si ripresenta e lei è sempre più prostrata, tanto che sta pensando seriamente di svezzare.
Franca ha rimandato quanto la legge le ha consentito, ma ora deve tornare al lavoro, e venire di nuovo a contatto con sostanze potenzialmente tossiche, visto che fa l’operaia in una fabbrica di sostanze plastiche. Né lei né suo figlio si sentono ancora pronti ad abbandonare la relazione di allattamento, anzi ora che ci sarà la separazione sembra crudele privarsi di quella risorsa che almeno la notte fa recuperare loro intimità e salute… ma è molto preoccupata di poter dare a suo figlio insieme al latte chissà quali sostanze tossiche.
Sono solo quattro casi ipotetici, ma molto tipici. Quando la mamma deve prendere un farmaco, oppure è esposta a sostanze di dubbia innocuità, se sta allattando riceve suggerimenti e informazioni che la portano a pensare come l’allattamento sia incompatibile con una adeguata gestione della sua salute, e viene posta troppo spesso in modo ineluttabile di fronte a false scelte obbligate.
Eppure le cose stanno molto diversamente da come ci viene spesso posto, per superficialità, disinformazione o semplice indifferenza alle nostre priorità.
Falso problema. Il fatto che tutte le “schifezze” che noi madri respiriamo, beviamo, mangiamo o con le quali entriamo in contatto possano in teoria finire nel nostro latte è una dura realtà. Chi poi come Franca è maggiormente esposta per lavoro, ha un bel problema da risolvere. Nemmeno possiamo a volte sapere quante e quali siano le sostanze potenzialmente nocive con le quali veniamo in contatto, e il pensiero che dando il latte ai nostri figli potremmo "avvelenarli" è veramente orribile. Ma non è necessario scegliere per forza soluzioni “tagliate con l’accetta”. Troppo spesso un bambino viene svezzato quando non occorre, o una donna non si cura come dovrebbe per il timore infondato di nuocere a suo figlio attraverso il latte.
A differenza di quanto si crede, per la stragrande maggioranza dei farmaci presi dalla mamma non sono mai stati documentati casi di effetti avversi nel bambino allattato. Le controindicazioni che si leggono sui foglietti sono improntate a un criterio cautelativo (cautelativo per le case farmaceutiche e per il medico che prescrive), per cui un farmaco è considerato pericoloso finché non viene dimostrato il contrario. La maggioranza delle sostanze in realtà è compatibile con l’allattamento al seno. Nell’ultimo documento della American Academy of Pediatrics le sostanze controindicate in assoluto sono 4 farmaci, 5 sostanze d’abuso, 1 sostanza radioattiva per terapia del cancro (per altre 8 usate per analisi è richiesta la sospensione dell’allattamento per 2 ore-2 settimane). Per 13 sostanze si consiglia cautela; per altre 36 sostanze l’effetto non è noto e quindi il bambino va tenuto d’occhio. Infine altre 174 sostanze sono elencate come “generalmente compatibili”.
Quando la mamma che allatta viene a contatto o assume una sostanza o un farmaco, prima di affrettarsi a consigliare il latte artificiale è opportuno fare una serie di considerazioni. Per prima cosa, non tutto ciò che è tossico se inalato, mangiato o bevuto dalla madre, passa nel latte. Vi sono materiali inerti, polveri ad esempio, che nei polmoni fanno sicuramente male ma non passano nel latte; e nemmeno passano tantissime sostanze le cui molecole, semplicemente, sono troppo grosse per attraversare la parete cellulare e trasferirsi dal sangue al latte materno. Inoltre, il passaggio di farmaci e altre sostanze dall'organismo materno al latte è un fenomeno tutt'altro che passivo: in base alle proprietà chimiche, alla carica elettrica e a tanti altri fattori che ne determinano il "comportamento", le molecole filtrano (a volte) dal sangue al latte in certe proporzioni, ma possono anche tornare indietro dal latte al sangue. Questo significa che nel momento in cui una sostanza è al massimo nel sangue, anche nel latte ci sarà la concentrazione massima (in genere l'1% circa della concentrazione nel sangue); ma via via che il sangue della mamma si "ripulisce" di questa sostanza, quella che è nel latte viene nuovamente "richiamata" nel circolo sanguigno fino a riequilibrarsi alle stesse proporzioni. Questo avviene nella maggior parte dei casi, escluse pochissime molecole che tendono invece a concentrarsi nel latte.
La sostanza respirata, ingerita, iniettata nell’organismo materno ha davanti un lungo percorso disseminato di barriere; e per arrivare a fare danno al bambino, deve superare molti ostacoli:
deve entrare nella circolazione sanguigna materna (alcuni farmaci e sostanze agiscono solo a livello locale e non vengono assorbite dall'organismo)
dal sangue deve passare nel latte (e tante sostanze non passano, o passano in quantità irrilevanti)
deve essere "catturata" dal latte (altrimenti in genere col passare del tempo, via via che l'organismo materno smaltisce la sostanza, lo fa anche il latte)
deve essere assunta dal bambino (a volte calcolando bene i tempi si può prendere un farmaco e allattare quando la sua concentrazione nel sangue è minima)
deve essere assorbita attraverso il sistema digerente del bambino (alcuni farmaci, ad esempio molti di quelli che devono essere iniettati, non sono efficaci per bocca, e anche se passano nel latte il bambino li distrugge attraverso la digestione)
deve raggiungere concentrazioni “terapeutiche”, cioè tali da avere un effetto (il più delle volte la quantità di sostanza che finisce nel latte, viene assimilata e va in circolo nel bambino è così infinitesimale da non suscitare alcun effetto)
deve avere un effetto avverso (non è detto che gli effetti che una sostanza provoca nel bambino necessariamente siano indesiderabili).
Non tutte le situazioni sono uguali. Quando si considera un problema di sostanze indesiderate nel latte, dobbiamo anche valutare il bambino: l'età, il peso, lo stato di salute, la frequenza con cui poppa, il volume di latte quotidiano rispetto agli altri cibi. Ovviamente tutti questi fattori incidono su se e quanto la sostanza può avere un effetto sul suo organismo. Lo stesso farmaco nel latte, che può non essere un problema per il bambino di due anni, che mangia anche a tavola e poppa 3 volte al giorno, può esserlo per un prematuro o per il figlio di una donna che allatta esclusivamente, oppure i cui reni o fegato non funzionano troppo bene e che quindi stenta a smaltire la sostanza. Ci sono tante possibilità di scelta: quasi sempre se un farmaco è incompatibile o dubbio c’è un’alternativa più sicura, e in alcuni casi il medico può scegliere di prescrivere alla mamma la sostanza e monitorare il bambino, sospendendo la terapia se il farmaco nel sangue del lattante si concentra troppo.
Immagine tratta dall'opuscolo de La Leche League Italia "Il falso e il vero sull'allattamento materno", per gentile concessione LLLIt
Risposte sbrigative. Che dire invece delle soluzioni comunemente consigliate alla madre? In genere si prospetta una fra queste alternative: svezzare definitivamente per passare al latte artificiale; passare ai cibi solidi; oppure tirarsi il latte per un po’, in previsione di un periodo limitato di tempo in cui non si potrà allattare (insomma fare una "scorta" e congelarla, poi sospendere di allattare per un certo tempo e dare il latte congelato, e poi riprendere ad allattare al seno. Questa ultima soluzione si può tuttavia rivelare molto più complicata del previsto: il latte artificiale può creare problemi al bambino, la sospensione può diminuire temporaneamente la produzione di latte, il bambino può abituarsi al biberon e stentare a riprendere a poppare bene al seno).
Il punto è che l’allattamento al seno è considerato una specie di “optional”, qualcosa in più che se è fattibile tanto meglio, ma se c’è il minimo problema si può abbandonare a cuor leggero a favore della formula, che tanto “è altrettanto buona”. Ovviamente la specifica situazione della mamma e del bambino determinerà il tipo di decisione, tuttavia è bene ricordare che a fronte di rischi derivati dall'assunzione di qualche piccola quantità di sostanza nel latte (rischi spesso solamente presunti, dedotti per analogia da altre sostanze o da studi fatti solo sugli animali), viene consigliato senza esitare il latte artificiale, ovvero dosi massicce di un prodotto alimentare industriale che, pur essendo più accettabile di qualche decennio fa, ha sempre dei rischi per la salute, molto ben documentati da centinaia di studi, nonché dai dati epidemiologici di milioni di esseri umani che, da neonati, nell'ultimo mezzo secolo sono stati nutriti con la formula: il più grande "esperimento sul campo" della storia, fatto su scala mondiale.
La sospensione dell’allattamento al seno per timore di una teorica contaminazione del latte si basa inoltre su una falsa idea: che il latte vaccino, o di soia, e le altre sostanze da cui viene tratta la formula siano invece “pure” ed esenti da contaminazioni ambientali, ma i fatti antichi e recenti dimostrano che non è così. Di più: manca la consapevolezza di quanto il latte artificiale in sé costituisca un insieme di sostanze estranee alla biologia del neonato che, seppure trattate per renderle il più possibile compatibili, restano qualcosa di profondamente diverso e lontano dall’alimento che l’organismo del neonato è naturalmente predisposto ad assumere: il latte della propria madre.
Decidiamo per la salute: di tutti. E qui entra in gioco la nostra autodeterminazione. Noi madri non abbiamo la possibilità di incidere sulla qualità degli alimenti sostitutivi che compriamo, ma abbiamo un enorme potere: quello di influire sulla qualità del nostro latte. Quello che mangiamo, beviamo, respiriamo può un una certa misura essere controllato. Certo, a volte le condizioni di vita ci costringono a venire a contatto con vere schifezze, perché il luogo dove viviamo è inquinato, oppure il nostro lavoro ci costringe a condizioni che non dovrebbero essere accettabili per nessuno – madre che allatti o meno; però è anche vero che nella vita di tutti i giorni a volte possiamo fare molto per non aggiungere all’inevitabile anche altre sostanze superflue e nocive.
Possiamo evitare fumo e alcolici; e l’alimentazione soprattutto gioca un ruolo chiave. I pesticidi si concentrano soprattutto nei grassi animali e nella buccia di ortaggi, granaglie e frutta. Ricorrere a un’alimentazione varia ma costituita soprattutto o esclusivamente di cibi vegetali e biologici minimizza o annulla il rischio di assumere inquinanti assieme a ciò che mangiamo. Inoltre possiamo fare a meno di tanti altri inquinanti superflui: prodotti per la casa con solventi, detergenti profumati e ricchi di sostanze di sintesi. Anche per queste esigenze esistono alternative ecologiche, dall’uso del vapore al panno microfibre ai prodotti a basso impatto ambientale.
Evitare sostanze nocive e superflue significa inoltre non assumere farmaci non necessari. Curarsi quando si sta male è sacrosanto, ma possiamo prevenire le malattie o curarle spesso con il solo mutamento della dieta e dello stile di vita. Troppo spesso la soluzione farmacologica viene proposta alla madre per prima, come risposta “facile” e sbrigativa a problemi complessi che richiederebbero un approccio a “tutto tondo” alla salute del paziente.
Non si tratta solo di latte materno. L’allattamento al seno ci insegna un modo diverso di rapportarci con il cibo, con l’industria alimentare, con l’ambiente in cui viviamo. Spesso i bambini ci aiutano a ritrovare il senso di ciò che è veramente importante, sano o accettabile non solo nella loro vita, ma anche nella nostra. Ci pongono domande fondamentali, e lo fanno molto prima di cominciare a parlare. Una società che è ostile, pericolosa o poco accogliente per i bambini, lo è anche per le loro madri, e anche per tutti gli altri esseri umani. Anzi, poiché siamo tutti legati da una sottile rete di interdipendenze, lo è anche per tutto l’ambiente intorno e tutte le creature che ci vivono.
Noi adulti ci siamo abituati a tollerare condizioni molto lontane dai nostri bisogni biologici, e come “esseri produttivi” abbiamo spesso dimenticato o rinunciato alle nostre priorità. Tuttavia dà da pensare il fatto che siamo talmente “aggredite” da veleni, pesticidi, schifezze varie che persino la purezza del liquido biologico per definizione più sano, il fulcro della sopravvivenza che permette il passaggio della vita e della vitalità dalla mamma al suo cucciolo, viene violata. Ma quando ciò avviene, è comunque un fatto gravissimo che non dobbiamo adattarci ad accettare. Certo, possiamo fare molto per sopravvivere e a volte anche abbastanza bene a questi attacchi, ma questi sono solo rimedi temporanei che non ci devono far passare la voglia di vigilare e di lottare su un piano più ampio, per un cambiamento locale e globale che, rispettando l’ambiente, rispetti anche la vita, di tutti gli esseri umani e non umani, in tutti i suoi aspetti.