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Pierre Joseph Proudhon, tra anarchismo e profezia

di Enea Baldi - 20/06/2007

 


Considerato da molti il padre dell'anarchia, Proudhon fu tra i primi filosofi a conferire dignità teorica ai movimenti libertari che succedettero la Rivoluzione francese, colui che per primo elaborò la teoria di un Socialismo anarchico e antiborghese. Malgrado le sue idee siano state considerate, dal conservatorismo cattolico e dal nascente movimento culturale marxista dell'epoca (preludio di un comunismo da lui già previsto) quelle di un anarchico materialista, visionario e nichilista, attraverso la lettura delle opere dell'autore francese si intuisce subito la fervida intelligenza, l’enorme spirito di preveggenza e di analisi. Tutto quello che sta accadendo infatti oggi nel mondo, dalla caduta delle ideologie alla crisi sociale a cui sembrano destinati gli Stati, fu da lui previsto e descritto nelle sue opere, tra le quali "Del principio federativo" ne è un esempio. Proudhon è considerato, tra l'altro, il più grande tra i federalisti moderni, il solo in grado di far comprendere il reale significato della parola "federalismo", ma tutto questo gli causò anni di prigionia e di umiliazioni.
Figlio di un bottaio e di una cuoca, ultimo di cinque fratelli, Pierre Joseph Proudhon nasce nel 1809 a Benançon dove trascorre una giovinezza povera ma in qualche modo dignitosa: merito di una famiglia onesta e moralmente leale, nella quale, soprattutto la figura del nonno paterno, detto Tournesì, eternamente in lotta contro l'arroganza e la prepotenza dei ricchi, ebbe un influsso determinante nella formazione culturale del giovane scrittore. Così Proudhon trascorre l'infanzia aiutando suo padre in birreria, badando alle mucche nei campi e raccogliendo legna nei boschi.
Grazie all'aiuto di un amico di famiglia, che era riuscito a cogliere nel carattere del giovane, la vivace intelligenza e la curiosità del genio, riesce ad ottenere una borsa di studio che gli consente di entrare come esterno nel collegio reale di Besancon, dove malgrado le precarie condizioni economiche, studia e ottiene risultati eccellenti. Studia in biblioteca dove divora libri su libri. Legge il Trattato dell'esistenza di Dio di Fénelon: la lettura del testo metterà in crisi la sua fede religiosa. Dirà egli stesso: " ...improvvisamente ha aperto la mia intelligenza ed illuminato il mio pensiero." Presto a causa dei problemi economici, è costretto ad abbandonare gli studi, si trasferisce a Parigi dove all’inizio trova lavoro in una tipografia, poi entra in contatto con i gruppi rivoluzionari francesi e nel 1840 pubblica il celebre saggio “Che cos’è la proprietà?”, che gli causerà i primi guai giudiziari.
Nel 1843 si trasferisce nella città di Lione dove conosce Saint-Simon, e la socialista peruviana Flora Tristan. Nel 1844 torna a Parigi dove incontra Karl Marx e Michail Bakunin. Nel 1848, sempre a Parigi, pubblicherà il primo periodico anarchico dal titolo “Il rappresentante del popolo”. Nello stesso anno viene eletto all’Assemblea Nazionale, ma le sue idee antistataliste e antiborghesi esacerberanno in lui la diffidenza verso la politica parlamentare. Nel 1848 fonda altri due periodici anarchici: ”Il popolo” e “La voce del popolo”. Viene condannato a 3 anni di carcere per attività sovversiva: utilizzerà il tempo della prigionia per scrivere alcuni libri. Quando uscirà dal carcere troverà enormi difficoltà per continuare la sua attività di scrittore, poco dopo verrà nuovamente arrestato per “offesa alla moralità”. Per sfuggire alle persecuzioni giudiziarie è costretto all’esilio in Belgio (1858) dopo il quale ritorna a Parigi (1862) e comincia ad affrontare i temi nazionalistici e quelli dello Stato.
Lo Stato, è secondo Proudhon, il vero usurpatore dei diritti civili dell'individuo e quello di ridurre in schiavitù l'umanità è il suo unico obiettivo. Un furto di anime all'umanità, come è un furto la proprietà, quando è usurpata alla collettività. Pur essendo di radice anarchica, sotto certi aspetti, Proudhon è stato un fautore della continuazione imprescindibile dei valori della famiglia e la conservazione dei ruoli all'interno di questa. Anzi, secondo il filosofo, la Rivoluzione doveva partire proprio dalla famiglia e attraverso l'Internazionale giungere alla realizzazione dello Stato Sociale, l'unico in grado di spazzare via l'egemonia dello Stato schiavista.
Dopo un breve periodo di stima reciproca, entra in conflitto con Karl Marx, il quale commenta, ridicolizzando quasi, l'opera del filosofo francese "Filosofia della miseria", con un testo dal titolo "Miseria della Filosofia". Secondo Proudhon le ideologie di Marx, sono atte ad un unico scopo, quello di togliere l'egemonia del potere alla classe borghese e ai nobili, per affidarla al proletariato; ideologie quindi, preludenti a uno spostamento del potere più che ad una vera e propria Rivoluzione. Fu proprio a causa di queste ideologie infatti, che qualche decennio più tardi, Stalin, ridurrà il popolo russo in schiavitù, seminando con ferocia e determinazione uno dei più drammatici stati di terrore che la Storia ricordi.
Lo Stato è quindi secondo Proudhon, un'istituzione assurda e illegale, finalizzata allo scopo di sfruttare i propri simili tramite la forza, così come la proprietà privata é finalizzata allo sfruttamento del lavoro altrui. Ogni individuo ha invece il diritto di godere della massima libertà, a patto che uguale libertà sia riconosciuta anche a tutti gli altri. Sulla base della libertà e della giustizia, come riconoscimento della pari dignità altrui, é possibile la libera organizzazione di una società cosiddetta mutualistica, in cui i lavoratori (produttori) si scambiano i prodotti, in modo da costruire un tutto armonico.
A proposito del mutualismo il filosofo dirà “Noi non vogliamo alcuna partecipazione dello Stato nelle miniere, nei canali, nelle ferrovie…. Tutto deve essere affidato ad associazioni di lavoratori democraticamente organizzate, le quali operino non sotto la costituzione e la vigilanza dello Stato, ma basandosi sulla propria responsabilità. Noi vogliamo queste associazioni come un modello pratico per l'agricoltura, l'industria e il commercio: come un primo nucleo di quelle ulteriori federazioni di leghe e associazioni, riunite dal vincolo comune della repubblica democratica sociale”.
Proudhon entrerà in contrasto anche con il filosofo Charles Fourier, si scaglierà contro le esaltazioni delle perversioni sessuali espresse nell'opera "Nuovo mondo amoroso", che definirà oscena. Rimprovera soprattutto il libertinaggio sessuale che l'ha caratterizzata. E arriva a chiedere vent'anni di galera per il sodomita, o addirittura che "si dichiari legalmente scusabile il primo arrivato che ne ammazzi uno colto in flagrante delitto".
A un certo punto Proudhon pensa addirittura di presentare denuncia alla magistratura proprio contro l'immoralità della "scuola falansteriana" composta, secondo lui, di pederasti: "Bisogna sterminare tutte le cattive nature e rinnovare il sesso, eliminando i soggetti viziosi; così come gli inglesi rifanno da capo una razza di buoi, di montoni e di porci"; esprime tutto il suo disprezzo per l'effeminato, il mignon, che definisce "disgustoso" e considera con orrore la possibilità di una società dove i sessi, un giorno, potrebbero finire per confondersi tra loro, senza maschi né femmine.
Proudhon era quello che oggigiorno potrebbe definirsi un maschilista, un rivoluzionario, ma conservatore di certi valori sociali.
Sicuramente è stato un uomo libero, di pensiero e d'azione, che volontariamente si è scontrato con le istituzioni del XIX secolo e che ha pagato con la galera e l'ostracismo di gran parte degli intellettuali la divulgazione delle proprie idee, ma è stato anche geniale, poiché i suoi princìpi, considerati allora il frutto di un visionario utopistico e fobico, oggi ci appaiono a dir poco profetici.
Ciò che distinse la figura di Proudhon da quella dei suoi colleghi infatti, fu l'atteggiamento stoico e sfrontato con cui il filosofo dava voce ai suoi pensieri, senza curarsi delle conseguenze che tale gesto provocava; dava priorità alla ragione, disconoscendo ogni forma di condizionamento laico e religioso. Lo Stato e la Chiesa erano secondo lui i mostri da sconfiggere.
Tra gli anni della galera e quelli dell'esilio, Proudhon ebbe il tempo di mettere su famiglia e generare ben quattro figli (due di questi moriranno giovani).
Ebbe una sola grande amicizia - prova, secondo certi critici, della sua latente omosessualità - Gustave Fallot, che conosce a 22 anni e con il quale va a vivere a Parigi mettendo tutto in comune, "camera, letto, tavolo, libri, soldi". "Come ti ho conosciuto, ti ho amato", gli scriverà quasi subito il giovane studente di Besançon il 5 dicembre del 1831, ma un'epidemia di colera del 1836 glielo porta via, e il dolore che prova ("Sentii che metà della mia vita e della mia anima m'erano state rubate: ero solo al mondo") lo precipita nella disperazione più nera. Passerà un'ora intera in sconsolata meditazione sulla sua tomba al Père-Lachaise. La corrispondenza epistolare di Proudhon sarà pubblicata postuma, nel 1875, dove si paleserà, al di là dei giudizi speculativi di certa critica, un'inequivocabile profonda amicizia, uno stato naturale di reciproca complicità.
Proudhon per metà della sua esistenza sarà tormentato da una malattia cronica. Tornato a Besancon sperando in una ripresa delle sue condizioni di salute, si aggrava sempre più e la notte del 19 gennaio muore, quattro giorni dopo il suo sessantaquattresimo compleanno. Il giorno dopo migliaia di popolani gli renderanno l'estremo omaggio.