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Il David alla sceneggiatura del film sul mio libro? Un orrore

di Antonio Pennacchi - 21/06/2007

     
 

Dopo trent’anni in fabbrica, non mi posso certo esimere ora dall’aderire al movimento di lotta a favore della cultura, testé intrapreso dalle masse dei cineasti italiani. Sto con voi, compagni, non sono un crumiro: ditemi dove e quando, e vengo anche io a fare casino.
Essendo però pure autore de Il Fasciocomunista (Mondadori), libro da cui è tratto il film Mio fratello è figlio unico, non posso però non plaudire al recente David di Donatello – prima e grande iniziativa di lotta di questo movimento – che ha giustamente premiato il suddetto film con Elio Germano quale miglior attore, Angela Finocchiaro attrice non protagonista, Mirco Garrone montatore e Bruno Pupparo fonico di presa diretta. Tutti bravissimi. Strameritati.
Quando però vedo che anche Luchetti, Rulli e Petraglia – che per inciso sembrano far parte di prestigio del comitato di lotta delle masse cinematografare – sono stati premiati per la miglior sceneggiatura, be’, allora il discorso cambia: quelli il mio libro lo hanno scannato.
Dice: “Vabbe’, ma s’è sempre saputo che gli autori non sono mai contenti delle riduzioni cinematografiche dei loro libri”. Fermi tutti: non è questo il mio caso. Io lo so benissimo che per leggere un libro ci vogliono almeno otto ore e se invece devi farne un film di un’ora e mezza è evidente che devi pure togliere un sacco di roba. Non è più la stessa storia. E’ un’altra storia. Questi però si sono messi a lavorare sulla roba mia senza farmi nemmeno uno straccio di telefonata e, per comportamenti così, in fabbrica altro che dirigente sindacale e di lotta, in fabbrica la gente ti schiva pure in sala mensa: “Meglio il capo del personale”.
E’ Tullio Kezich inoltre, mica io – dice: “Vabbe’, ma chi cazz’è Tullio Kezich?”; ah, questo è un altro discorso – che sostiene che il film non sia “riuscito” (Corriere della Sera, 20/4/07). Lui non sostiene che il film sia brutto: il film è bello, solo che non è “riuscito” perché tutto ciò che di bello promette all’inizio – nel primo tempo – non lo mantiene poi e si sfilaccia nella seconda parte. E questo è, peraltro, il giudizio unanime da me ascoltato nelle sale, dal pubblico che usciva: “Bellissimo primo tempo, grandissimo Germano, ma il secondo tempo si perde”.
Ora però si dà il caso che proprio il primo tempo sia quello più fedele al libro mentre è il secondo tempo che più se ne discosta, avendolo quei Tre abbandonato per inventarsi altri fili, a cui poi sono rimasti inevitabilmente appesi non riuscendo in alcun modo a riannodarli. La storia ha così perso di unità, logica, appeal e coerenza, facendo saltar fuori perfino un “figlio” che c’entrava come i cavoli a merenda. La storia mia non gli era più piaciuta evidentemente – era politicamente scorretta forse, o esteticamente “sorda” alle orecchie loro – ma non essendo capaci di crearne un’altra equipollente, hanno preso le fotocopie vecchie e hanno fatto La meglio gioventù-2: “Squadra che vince non si cambia”.
Ora io non dico che il film sia brutto. E’ un bel film. Ma è un bel film grazie agli attori (tutti bravissimi: da Germano a Properzio, Bonaiuto, Finocchiaro, Fleury, Zingaretti, ma anche Scamarcio e gli altri) e grazie alla storia di base dei due fratelli, uno fascista e l’altro comunista. E’ questa storia che agisce sul pubblico e che, alla fine, si rivela più forte di tutti i danni che, pure, Rulli-Luchetti-Petraglia hanno potuto fare. Il film è bello nonostante loro.
Dice: “Ma hanno vinto il David di Donatello”. Eh, figùrati gli altri. Quando Riccardo Tozzi, il padrone di Cattleya, facendomi vedere il copione disse: “Ho preso i meglio sceneggiatori sul mercato”, gli risposi subito: “Mo’ capisco la crisi del cinema italiano”.
La crisi è d’autore: crisi di scrittura. Questi non lo sanno più scrivere il cinema. Io sto con tutti i movimenti di lotta di questo mondo – mi chiamassero e vado – ma il problema non è solo di soldi. Se tu non sei capace di creatività, se scrivi e riscrivi sempre le stesse storie e magari le scrivi pure male senza riuscire a farle stare in piedi, ti possono dare pure tutti i soldi che vuoi, ma sono soldi buttati. Ci vogliono le idee. E questi non ne hanno o almeno non ne hanno più, restandogli però la somma presunzione di andare a rovinare le idee degli altri. Dio ne scampi e liberi da Rulli e Petraglia, ci mettessero chi gli pare negli enti di gestione o commissioni varie, ma non ci mettessero quei due o Luchetti. Quelli, come hanno rovinato il libro mio, finirebbero di rovinare il cinema italiano. Lo avesse fatto Vanzina, il mio film, veniva un capolavoro.