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Usurocrazia: lo Stato in mane alle banche

di Alessandro Cavallini - 22/06/2007

 

Nello studio televisivo di Ballarò Massimo D’Alema ha definito “fatti arcinoti e archeologia giudiziaria” il contenuto delle intercettazioni su di lui divulgate a seguito dell’affare Unipol-Bnl. Il «facci sognare!» detto all’ex presidente di Unipol Francesco Consorte era solo una “battuta, chiaramente una presa in giro”.
Ma le parole più gravi sono state pronunciate qualche minuto dopo. “È del tutto normale – ha sostenuto D’Alema - che la classe politica si occupi di fusioni bancarie, se non vengono commessi reati”. Nel caso specifico, “guardavamo con favore al progetto di creazione di una grande banca vicina al movimento cooperativo perché avrebbe potuto essere utile all’economia italiana. Per l’Italia sarebbe stato meglio che farla acquistare dai francesi”.
Opinione questa condivisa anche dal premier Prodi, secondo il quale “c’è un’aria irrespirabile, un clima preoccupante che rischia di far pagare al Paese un prezzo alto”.
Come mai tutto questo nervosismo? Forse è stato toccato qualche argomento scomodo? Ebbene sì, in Italia è vietato parlar male di quelle istituzioni di ladrocinio legalmente definite banche.
Il problema reale non è dato dal rapporto tra politici e istituzioni bancarie ma dall’influenza negativa di quest’ultime ai danni del popolo italiano. Il signor D’Alema finge, come tutti gli altri politici dalle facce di bronzo, di non conoscere la realtà dei fatti.
L’attuale sistema bancario nazionale ed internazionale è una forma legalizzata di truffa ai danni dei singoli popoli nazionali, che dovrebbero in teoria essere i detentori della propria sovranità monetaria. Ed invece non è così.
Analizziamo un attimo la situazione italiana. La Banca d’Italia non è di proprietà dello Stato ma è una società per azioni di cui, per legge, non si conoscono nemmeno tutti i soci. La cosa più grave è che questa società privata si impossessa del denaro pubblico, che dovrebbe rimanere nelle tasche dei cittadini italiani, mediante il signoraggio. Con questo termine si indica la differenza tra il valore nominale di una banconota (per es. 100 euro) e il suo valore intrinseco (circa 30 centesimi). E’ da qui che nasce quella immensa voragine chiamata debito pubblico.
Com’ è possibile che accada tutto ciò? La risposta è molto semplice. Gli attuali politici hanno deciso di abdicare al proprio ruolo decisionale per divenire dei semplici camerieri dei banchieri. Questi ultimi sono diventati i reali detentori della sovranità nazionale. Ricordiamo al riguardo le parole di Meyer Amschel Rothschild, artefice delle fortune del grande gruppo bancario internazionale Rothschild: “Mi si consenta di emettere e controllare la moneta di una Nazione e non mi preoccuperò affatto di chi ne emana le leggi”.
Non tutti hanno sempre accettato supinamente questa situazione. Ma per chi ha tentato di opporsi al potere delle banche, spesso il destino ha riservato una brutta fine.
Ad esempio nel 1937 la sovranità monetaria fu restituita allo Stato tedesco con la nazionalizzazione della Reichsbank. Si produsse un notevole successo economico, ma essendo un fatto avverso al sistema finanziario internazionale da molti perspicacemente si pensa che fu la prima causa della rovina di Hitler, poiché, come disse il generale britannico John Frederick Charles Fuller : “Se gli fosse stato permesso di completarlo, altre nazioni avrebbero certo seguito il suo esempio…”.
Ed è proprio per questo che l’attuale sistema delle banche va denunciato. Il popolo deve rendersi conto del furto che sta subendo. Solo quando avrà raggiunto coscienza dell’attuale situazione riuscirà ad opporvisi. Nessun politico da solo potrà scontrarsi con il potere bancario. Ma se al contrario egli sarà appoggiato dall’intero suo popolo allora sì che le cose potranno cambiare.