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Il “cittadino scettico” di Ilvo Diamanti

di Carlo Gambescia - 25/06/2007

 

Possiamo dare un modesto consiglio ai nostri lettori? Ritagliate e conservate l’articolo di Ilvo Diamanti, intitolato “La democrazia tiepida” apparso ieri su la Repubblica. Per quale ragione? Presto detto. Perché riassume simbolicamente i pregi e i difetti della politologia contemporanea. Oltre, ovviamente, a rappresentare l’ufficiale “placet politologico”, del Gruppo Editoriale L’Espresso a Walter Veltroni. Ma qui, abbiamo troppa stima di Diamanti, per pensare a una operazione concordata. Crediamo piuttosto, come per altri suoi articoli, si tratti di una normale convergenza di interessi politici e culturali. Come quella, ad esempio, di inizio Novecento, tra Gaetano Mosca, grandissimo scienziato politico, e il Corriere della Sera di Luigi e Alberto Albertini. Tutti, purtroppo, spazzati via dall’arrivo al potere di Mussolini.
Ma quali sono le tesi di Diamanti? Eccole.
“L’era delle appartenenze ideologiche espresse dai partiti di massa e dalle grandi organizzazioni sociali: è finita. Da almeno vent’anni”. Il confine “fra giusto e ingiusto, fra bene e male, fra interesse comune e di gruppo” è divenuto “mobile e incerto”. Di qui, a suo avviso la progressiva trasformazione del cittadino da “fedele” credente nei fini salvifici, perseguiti dai grandi partiti di massa del Novecento, in “scettico” “spettatore ” “di una commedia recitata da pochi attori protagonisti” (i politici). Dove “ la distanza fra destra e sinistra è divenuta sottile”. E non più condizionata da “ ‘grandi riferimenti di valore’ ma da questioni (e spesso da conflitti) di interesse”, più instabili, questi, dei moventi ideologici e identitari, attivi nel recente passato. Cosicché, secondo Diamanti, al posto dell’ideologia e delle passioni sarebbe subentrata la fiducia o la “sfiducia; in luogo della partecipazione, “i sondaggi e la comunicazione”; mentre la legittimazione sarebbe divenuta una questione di marketing, affidata a esperti del settore, opportunamente consultati, da quegli stessi leader, i quali, scomparsi i partiti, massa, sono divenuti, a partire dalla discesa in campo di Berlusconi, i padroni della scena politica. E sui quali, andrebbe a riversarsi, di volta in volta, la fiducia o sfiducia, di un “cittadino scettico”, che bada solo ai suoi privati interessi. Di riflesso, secondo Diamanti ( e lo scrive senza alcuna punta di ironia), Veltroni sarebbe il leader giusto. Perché, possiede dignità, professionalità, un po’ di fantasia (ma senza esagerare)”. Quel che però, come futuro leader del Pd e chissà di che altro, dovrebbe evitare è “ illudersi” e illudere il ‘cittadino scettico’“, il quale non vuole “sognare”, ma più modestamente, “non provare disgusto a ogni risveglio”.
Fin qui Diamanti. Ora, se la sua ricostruzione dello stato di salute della democrazia non fa un piega, lascia invece perplessi, il suo dare per scontato che il “cittadino scettico” e la “democrazia scettica” siano un esito inevitabile, e tutto sommato accettabile. Diamanti, come la quasi totalità della politologia contemporanea, pare privo di qualsiasi senso profondo della dinamica storica e socioculturale. Vive, dispiace dirlo, ripiegato sul presente. Dimenticando così un fattore fondamentale. Quello della “disorganizzazione socioculturale”, che ci ricorda che esiste un preciso limite, raggiunto il quale le società si disgregano e spariscono. Non siamo noi a dirlo, ma sociologi e pensatori come Pareto, Sorokin, Schmitt, Freund, Miglio, e da ultimo uno studioso che Diamanti, insegnando in Francia, dovrebbe conoscere personalmente, Michel Maffesoli.
Certo, si tratta di un fattore che non è stato mai misurato empiricamente. Ma che esista un limite, come ad esempio mostra la sociologia delle rivoluzioni, è indubitabile. Di conseguenza, sostenere che una società come la nostra, in avanzato stato di disgregazione socioculturale e politica (che altro è una democrazia scettica che invece di promuovere il bene comune, celebra la frammentazione egoistica degli interessi?), sia il migliore dei mondi possibili, è infondato sul piano sociologico e storico, nonché pericoloso sotto quello politico. Certo, un personaggio come Veltroni, può risultare in perfetta sintonia con la democrazia dei cittadini scettici, così ben descritta da Diamanti. Ma, dal punto di vista dei processi di disorganizzazione sociale e politica, la sua investitura politica, rappresenta simbolicamente solo un ulteriore passo in avanti verso il raggiungimento di quel limite sociale di cui sopra. Ovvero, di quel momento in cui i cittadini, volenti o nolenti, prendono atto della scomparsa definitiva, non tanto della democrazia scettica, ma della democrazia in quanto tale. E, di conseguenza, come dire, puntano a riprendersi l’anima collettiva della politica, che è fatta di partecipazione e passione. E spesso con la forza, come provano, per fare alcuni banali esempi storici , le sollevazioni e marce sulla Bastiglia e sul Palazzo d’Inverno. Certo, ripetiamo, la deriva egoistica, personalistica ed oligarchica delle democrazie attuali viene ravvisata anche da Diamanti. Il quale, però, prescrive al malato la medicina sbagliata: veltronismo in dose massicce. Peccato, perché Diamanti, è uno dei nostri migliori politologi.
All’inizio, abbiamo accennato alla sintonia tra Gaetano Mosca (ma anche di altri intellettuali liberali) e il Corriere della Sera dei fratelli Albertini. Ora, la loro visione del liberalismo era scettica, e tutti insieme, pur criticandola duramente, consideravano, la democrazia liberale, molto empirica, di Giovanni Giolitti, il migliore dei mondi possibili. Ma la Prima guerra mondiale e il fascismo cancellarono quel liberalismo della "Belle Époque", così compiaciuto di se stesso.
Il nostro tono spengleriano può anche non piacere… Ne siamo consapevoli. Tuttavia, anche oggi il mondo, volente o nolente, è in guerra, l’economia dà segnali di cedimento, e un liberalismo economicista, altrettanto pieno di sé, sembra trionfare ovunque.
C’è veramente di che augurarsi che la storia non si ripeta.