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I "sapienti" inutili

di Gianfranco La Grassa - 25/06/2007

 

 

Non c’è nulla di più fastidioso che assistere alle dichiarazioni “in libertà” di individui che si pretendono scienziati o almeno raffinati tecnici e infilano invece sciocchezze, di cui si rende conto un profano qualsiasi. Certe banalità sono state dette l’ultima volta dal ben noto TPS, ministro dell’economia, e plurititolato come esperto; ma si tratta di vacuità dette innumerevoli volte da altri sapientoni. L’evasione fiscale ci toglierebbe enormi risorse (da TPS valutate in 100 miliardi di euro), con le quali metteremmo a posto tutti i nostri conti e potremmo permetterci chissà quali lussi. Certa gente, soprattutto di sinistra – e bisognerà un giorno capire come mai, negli ultimi trent’anni (prima non era così!), più a sinistra vai e più cretini trovi – abbocca e si indigna contro i bottegai e gli artigiani ladri. Nessuno che sviluppi qualche piccolo, piccolo, ragionamento.

Non c’è bisogno di essere neoliberisti, basta solo avere un po’ di sale in zucca e non procedere per schemi preconcetti, per comprendere che le imposte in Italia sono effettivamente molto alte, e che se si innalzano ulteriormente, com’è avvenuto con l’ultima finanziaria, ogni problema già esistente si aggrava ancor più. Solo un beota, uno che non ha mai frequentato e parlato seriamente con qualche “partita IVA” (non sono tutti notai ecc.), ignora che, se si pagassero integralmente le imposte italiane, una grossa quota delle microiniziative (e anche piccole imprese) dovrebbe chiudere; e allora, per quanto riguarda le attività cessate, verrebbero a mancare anche le imposte sulla parte in bianco. Non sono in grado di valutare se tale riduzione sarebbe eguale, maggiore o minore, dell’attuale evasione relativa alle attività che rimarrebbero in piedi (assai vacillanti); ammesso, fra l’altro, che l’evasione sia stata misurata seriamente e non con lo spirito, e imbroglio, politico con cui è calcolato l’indice del costo della vita. Certamente, però, non si può affermare, e ripetere come un disco rotto, che l’evasione è tot o tot, ecc. Il ragionamento, e i calcoli, sono un po’ più complicati.

Non basta però. Se si danno misure all’ingrosso, è impossibile avere una idea di quanto incide, nell’evasione che si sta indicando, il mancato pagamento di imposte sui lavoretti in nero fatti da pensionati o anche da salariati fuori dell’orario di lavoro. Senza fare piagnistei su una miseria che non esiste, spero si vorrà però ammettere che, dopo l’entrata in vigore dell’euro (5 anni fa), il costo della vita, alla faccia dei dati Istat, è almeno raddoppiato. Temo sia cresciuto anche di più; comunque, perfino gli ineffabili economisti del Corriere hanno ultimamente riconosciuto che ormai si deve ammettere quello che la gente comune sostiene da anni: un euro vale 1000, non quasi 2000 vecchie lire! Salari e pensioni non sono cresciuti in base alla reale falcidia dell’aumento dei prezzi (ma neanche un terzo o un quarto). Molti quindi si arrangiano per tirare avanti, alcuni per non arretrare (troppo) di fronte al tenore di vita già conquistato dopo decenni di lotte sociali assai dure. Se un pensionato deve dichiarare il nero che fa, perde una parte della pensione e poi deve magari sottostare a tutte le noie della partita IVA ecc. oltre alle imposte da pagare (ivi comprese quelle regionali, comunali, ecc.). Idem per un salariato che faccia lavoretti extra oltre l’orario di lavoro. Anch’essi dovrebbero smettere di fare questi lavori. E si torna quindi al discorso fatto in precedenza; le imposte resterebbero sulla carta, cioè nella testa dei sapientoni che fanno calcoli a vanvera.

Con una ulteriore aggravante però. Si creerebbe intanto una questione sociale non indifferente e un malcontento dilagante per condizioni di vita sempre più difficili per moltissimi lavoratori. Ma anche economicamente non ne verrebbe nulla di buono perché, sparendo il reddito (in nero), diminuirebbero i consumi, cui molti economisti affidano le sorti di una robusta ripresa. Credo si sbaglino di grosso a pensare così; tuttavia, è evidente che una diminuzione dei consumi non fa bene. Però, si sostiene, se questi tizi pagassero le imposte, lo Stato avrebbe più da spendere. Ancora la solita superficialità. Se i lavoratori e pensionati, dediti a lavori extra, dovessero pagare il fisco, smetterebbero di lavorare (soprattutto i pensionati che dovrebbero rinunciare ad una parte della pensione); e quindi non vi sarebbero comunque entrate aggiuntive. Inoltre, ci mettiamo a fare i keynesiani nell’attuale situazione? Lo Stato spenderebbe per farci uscire da una grave crisi economica? Non diciamo stronzate. Lo Stato continuerebbe a spendere male come è ormai sotto gli occhi di tutti, salvo i magnoni di sinistra e di estrema sinistra. Esso continuerebbe a non finanziare ricerca ma tutte le iniziative che servono ai politici per le loro clientele (e corruttele) elettorali; e a dare prepensionamenti e rottamazioni alla GFeID. Le nuove entrate verrebbero impiegate per ingigantire (o non snellire) l’apparato pubblico che assorbe, di gran lunga, la maggiore quota della spesa dello Stato (non è noto che tale spesa è soprattutto quella corrente, per stipendi ecc.?). Non è noto che i carrozzoni di Stato sono ancora tutti in piedi? Dove sono i servizi essenziali? Poste e ferrovie nella merda; strade e infrastrutture varie carenti, ormai al limite del collasso, ecc. Ma perché si deve pagare questo Stato? Solo un intrallazzatore e magnone della sinistra, un imbecille lassalliano, può sostenere simile assurdità.

Quindi, la si smetta con la solfa dell’evasione fiscale. Si pensi invece a quale politica economica sarebbe necessario perseguire. Si vuole un paese di clientele, di magna magna? O un paese che dà impulso alla ricerca scientifica e tecnologica, che si dota di un apparato statale capace di far valere verso l’esterno una sua capacità di penetrazione (di merci e investimenti)? Un paese che non lascia imperversare la finanza devastante di imprese tipo nuova Intesa o nuovo Unicredit; con tutte le fondazioni bancarie alle spalle (e ovviamente la grande finanza americana in primo piano). Un paese che non favorisce più l’auto (tanto meno i frigoriferi), ma l’energia e i settori di punta dell’elettronica, telecomunicazioni e altri della nuova epoca. Si faccia meno demagogia per avere i voti dei gonzi e si pensi di più a migliorare veramente la situazione del sistema-paese. Ai “miei tempi”, a questo pensavano i comunisti, prima della completa degenerazione in piciisti e poi in diessini e rifondaroli e compagnia cantando.