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Una via per Langer. Bolzano dice no

di Mauro Fattor - 26/06/2007

 

 

“Alex Langer è stato sicuramente una grande personalità. Il suo nome figura assieme a tanti altri in un lungo elenco di proposte per l’intitolazione di strade e piazze di Bolzano. Ma so che sul suo nome, in certi ambienti, ci sono delle riserve per il fatto che è morto suicida”. Il sindaco del capoluogo Spagnolli non dice di più. E così Bolzano avrà una bella via dedicata al canonico Michael Gamper, sant’uomo e tra i fondatori della Volkspartei, e forse neppure la miseria un vicolo dedicato a Langer. Tutto dipenderà da quanto queste fantomatiche “riserve” saranno in grado di condizionare le scelte del sindaco e della giunta. Spagnolli tace al riguardo, chiarendo solo che le resistenze sul Langer suicida non provengono da ambienti ecclesiastici ma da ambienti politici. Tradotto: tra i parti della coalizione c’è qualche zelante corazziere dell’ortodossia cattolica che si trincera dietro motivazioni etico-religiose per dire di no al nome di Langer. Probabilmente anche la recente vicenda Welby - con il plateale rifiuto da parte delle autorità ecclesiastiche di concedere il funerale religioso - ha lasciato il segno. Ma che senso ha tutto questo? Ne abbiamo parlato con Ingrid Facchinelli, presidente della Fondazione Langer; con Fabio Levi, docente di Storia contemporanea all’Università di Torino e autore di una recentissima biografia su Langer; e con Karl Golser, docente di Teologia alla libera Università di Bolzano. È pazzesco. Ridicolo. Una vera farsa”. Ingrid Facchinelli, presidente della Fondazione Langer, non sa se indignarsi o mettersi a ridere. La notizia che il Comune di Bolzano tentenna se intitolare o meno una via all’europarlamentare verde perché è morto suicida, la coglie completamente di sorpresa. “Mi pare un’argomentazione priva di qualsiasi logica, anzi direi un non-argomento. Una persona va giudicata per quello che ha fatto in vita. Nel caso di Langer, per il suo progetto di società, per le cose in cui ha creduto e per cui si è battuto. Le tragiche modalità della sua morte non devono c’entrare nulla nel giudizio sulla persona Alex Langer e sull’opportunità di riconoscerle un tributo piccolo ma importante come l’intitolazione di una via di Bolzano. Quello che invece credo - continua Ingrid Facchinelli - è che ci sia qualcuno che accampa scuse fantasiose per evitare di celebrare un oppositore della Volkspartei. Insomma, a mio parer si tratta di una scusa bell’e buona. Vogliono lasciare fuori i politici dai nomi di strade e piazze? Benissimo, è una scelta. Allora cancelliamo dall’elenco anche il canonico Gamper”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Fabio Levi, docente di Storia Contemporanea all’Università di Torino e biografo dello storico rappresentante dei Verdi sudtirolesi. “La prima cosa che mi viene in mente - afferma Levi - è una considerazione piccola piccola. E Primo Levi? E Cesare Pavese? Come la mettiamo? Quanto a Langer, penso che nessuno abbia il diritto di ergersi a giudice di alcunché. Ma se proprio vogliamo entrare nel merito della vicenda, non c’è dubbio che sul suo suicidio abbiano pesato vicende personali e politiche, ma anche il sacrificio di sé che Langer ha coscientemente messo in pratica per anni mettendosi a disposizione degli altri, sudtirolesi compresi. Un logoramento che lo ha sfinito. E allora le persone vanno giudicate per quello che hanno saputo fare da vive, non per come sono morte. Mi pare che la giunta di Bolzano sia semplicemente alla ricerca di pretesti - continua Levi - argomentazioni di questo tipo rivelano solo una grande debolezza e un atteggiamento profondamente irriconoscente nei confronti della figura di Langer. Il giudizio storico-politico lo condanna all’anonimato? Se è così lo si deve dire. Si deve avere il coraggio di dirlo e di assumersene la responsabilità”. Chi sostiene l’inopportunità di intitolare una via di Bolzano a Langer si richiama, evidentemente - posto che sia in buona fede, ovviamente - alla condanna del suicidio operata dal Cristianesimo. Per la Chiesa cattolica, ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel’ha donata. “Ma solo Dio - si legge nel Catechismo della Chiesa - ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo amministratori, non proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo. Il suicidio invece contraddice la naturale inclinazione dell’essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un’offesa all’amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all’amore del Dio vivente”. Questi i presupposti teologici della condanna, dunque va da sé che il teologo condivida le perplessità e le cautele degli zelanti “defensores fidei” che siedono in giunta comunale. E invece un accidente. “Se si tratta di intitolare una strada, una via - spiega Karl Golser, docente universitario di Teologia all’Università di Bolzano e autentica personalità in materia - non bisogna guardare a come uno è morto. Non c’entra nulla, non è questo il tema. Contano l’impegno sociale, il messaggio, la traccia che una persona ha lasciato dietro di sé. Su Langer vorrei ricordare solo una cosa: era stato il vescovo in persona celebrare a i suoi funerali. Si conoscevano, si stimavano. Poi è ovvio, il giudizio politico o storico sulla sua figura può essere legittimamente diverso e non concorde, ma questo è un altro discorso. Il fatto di essere morto suicida quindi non deve pesare nelle valutazioni dei politici. Diverso sarebbe stato se Langer avesse dato scandalo facendo della propria morte un fatto pubblico, oppure se avesse fatto l’apologia del suicidio. Ma non è questo il caso”. A questo punto, dopo la benedizione del teologo, la palla torna al sindaco e alla giunta comunale. Stiamo a vedere.

 

Tratto da “altoadige.it”, 22 giugno 2007