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Alcune riflessioni sul perpetuo dramma palestinese

di Amir Madani - 26/06/2007





Yasser Arafat il guerriero, gestiva 17 apparati di sicurezza. La competizione tra questi apparati garantiva ad Arafat una leadership incontrastata. Cosa impossibile a Mahmoud Abbas al quale manca il carisma di Arafat e non solo quello. L'eliminazione definitiva di Arafat ( per avvelenamento?) nei piani Usa-Israele, doveva far spazio al moderato Mahmoud Abbas (Abu Mazen) vicino alle posizioni americane. Si sostiene – da parte dei fondamentalist i- anche che la moderazione ( nei comportamenti e non solo politica ) di Mahmoud Abbas ( chiamato Mirza, nome tipico persiano) derivi dalla sua appartenenza alla setta Bahai'i , nata nell' 800 in Persia che essendo perseguitata nella terra d'origine si è trasferita in Palestina instaurando in seguito ottimi rapporti con Israele.

Con la fine dell'occupazione israeliana della Striscia di Gaza, vi sono cominciate a sorgere sontuose ville. Gli aiuti della comunità internazionale (europei soprattutto) nel buio della corruzione radicata sin dai tempi della gestione di al-Fatah da parte di Arafat, hanno cominciato ad essere più mirati . Mohammad Dahlan il potente capo dei servizi di Mahmoud Abbas, quando gli viene contestata la spesa di 600.000 dollari per la costruzione della sua villa personale, risponde che si tratta solo di 450.000 dollari. Ciò mentre i palestinesi vivono con pochi dollari al mese. Esmail Haniyeh il primo ministro di Hamas come molti altri dirigenti islamisti vive in una semplice casa di 3 stanze.

Ad Hamas che ha vinto le libere elezioni ( probabilmente senza credere nella democrazia ) non è stato mai permesso di governare. Michael Ledeen, un membro della congrega neocon dell'American Interprise Institue, ha definito la vittoria di Hamas alle libere elezioni come : “quando un popolo liberamente sceglie la tirannia”. In molti hanno cercato di ostacolare gli eletti dal popolo palestinese. Sotto pressione Usa-Israele, già da subito Abbas era pronto ad indire nuove elezioni. Si chiedeva ad Hamas di riconoscere Israele, ma Khaled Mash'al ha posto un quesito: come riconoscere Israele? come un Stato che non ha confini?

Allora gli Usa e l'Europa hanno tagliato gli aiuti e Israele ha bloccato al governo di Hamas anche gli introiti fiscali dei lavoranti palestinesi in Israele. Hanno cercato di affamare un popolo per condurlo all'obbedienza, con la conseguenza di radicalizzare il conflitto. Così i rappresentanti di Hamas si sono ridotti a portare dentro le valigie il denaro per pagare gli stipendi e garantire la sopravvivenza. Lo stesso primo ministro di Hamas Ismail Haniyeh con gli aiuti raccolti nei paesi musulmani, viene bloccato con due valigie di contanti al valico di frontiera e gli uomini di Dahlan gli sparano ferendone un figlio. Hamas a sua volta ha commesso degli errori inimmaginabili: dall'introduzione delle normative sul costume fino all'uccisione degli altri palestinesi (qualunque sia l'appartenenza) gettando i cadaveri dai piani alti degli edifici fino a un atteggiamento ambiguo nel rapimento dei giornalisti. L'estremismo di Hamas varca i confini dell'immaginazione e arriva addirittura al eliminare fisicamente gli uomini di al-Fatah (che viene sostenuta da Israele e Usa col chiaro intento di dividere ulteriormente i palestinesi) insieme ai familiari nella striscia di Gaza. Hamas non si è reso conto che il sostegno popolare espresso attraverso il voto è necessario ma non è sufficiente per governare. Bastava che i dirigenti di Hamas guardassero alle posizioni di Nasrallah leader di Hezbollah libanesi che nonostante la importantissima vittoria sull'esercito israeliano nella guerra di 34 giorni dell'estate 2006 e nonostante salde posizioni politico–militari non si è lanciata in vendette nemmeno sui collaboratorizionisti libanesi che hanno sostenuto i militari israeliani. Nasrallah certo di una vittoria nelle elezioni richieste in considerazione della fragilità libanese e del quadro geopolitico ha dichiarato: anche in caso di una vittoria alle elezioni cederemo i ministeri che ci spetteranno agli alleati della coalizione (cioè a Michele Aoun) per non urtare Usa e Francia.

Gli errori si s usseguono ma quel che colpisce è il sostegno europeo al nuovo governo di Salam Fayyad fortemente voluto dagli Usa ( laureatosi e specializzatosi in economia all'università di Austin in Texas, che ha lavorato alla Federal Riserve Bank of St. Louise con esperienza di lavoro alla Banca Mondiale) nominato da Abbas che non ha maggioranza parlamentare .

A parte i problemi contingenti, la questione palestinese e il suo perpetuo dramma vanno al di fuori dei confini palestinesi e riguardano la questione medio orientale, la guerra in Iraq, e soprattutto i rapporti Usa – Iran (e Siria). Dopo la vittoria di Hamas nelle ultime elezioni legislative palestinesi, gli Usa e Israele si sono resi conto che il processo di pace iniziato 14 anni fa con la Conferenza di Madrid e proseguito con gli accordi di Oslo, ha portato in realtà al rafforzamento del movimento islamista e al graduale indebolimento della loro influenza. Negli anni tra il 1960 e il 1980 la resistenza palestinese era caratterizzata dalla guerriglia organizzata di al-Fatah. Ma durante l'intifada (la prima e sostenibile che era una lotta civile; non la seconda che era comprensibile ma insostenibile disperazione degli uomini “suicidi” alla ricerca del “martirio”) la lotta dei nuclei militarizzati si è trasformata in un movimento popolare. Nel corso di questa trasformazione ogni palestinese è diventato un membro attivo della resistenza. Se prima la resistenza era composta da un limitato numero di guerriglieri che ricorrevano anche agli atti di terrorismo, ora l'intero popolo, milioni di palestinesi, sono diventati resistenti. Usa e Israele hanno deciso di tornare al periodo precedente alle trattative di pace senza rendersi conto della necessità di dover fare i conti con chi viene democraticamente eletto dai palestinesi. Non bisogna dimenticare che se il movimento islamista oggi è cosi radicato e potente dipende dalla politica che Usa e Israele per decenni hanno portato avanti, senza dare alcuna risposta alle esigenze di patria e di sopravvivenza di un popolo.

E' pensabile che lo Stato israeliano possa garantire la propria sicurezza continuando con l'uso della forza seguendo linee indicate dall'establishment militare, perciò bombardamenti a tappeto , costruzione di carceri a cielo aperto, affamando e dividendo un intero popolo e sequestrando statisti palestinesi, infliggendo sofferenze infinite ad un intero popolo? E' possibile che da Israele non esca una proposta seria per intavolare trattative reali per emarginare gli estremismi?

Può “il governo di Tel Aviv pretendere il riconoscimento dello Stato israeliano da Hamas, quando da mezzo secolo ignora tutte le risoluzioni delle Nazioni Unite, a cominciare dalla fondamentale 242 che gli ingiunge di ritirarsi entro i confini del 1948”?

È noto che Hamas ed altre componenti combattenti palestinesi e medio orientali sono sostenute da Iran e Siria. Un sostegno dovuto soprattutto all'aggressivo atteggiamento dell'amministrazione Bush, la quale, nonostante gli insuccessi nella realizzazione dei progetti “Grande Medio Oriente” di D.Cheney e il “ Nuovo Medio Oriente” di Condelezza Rice , dopo l'occupazione dell'Iraq, continua a minacciare la sovranità degli Stati indipendenti per mettere le mani sulle risorse altrui. Abbattendo le barriere nazionali e doganali per allargare i mercati in nome della libertà formale ma in realtà alimentando terrorismo e violenza, facendo emergere le forze radicali, irrigidendo i regimi autoctoni e indebolendo i movimenti democratici della società civile.

La questione palestinese come quella irachena non ha soluzioni magiche o militari. Bisogna chiedere un maggiore attivismo dell'Europa Unita e muoversi nell'ambito dell'autorevole rapporto bipartisan Baker – Hamilton che in sostanza suggerisce all'amministrazione Bush tre punti fondamentali :

1- L'amministrazione Bush basandosi sulla formula “due popoli due paesi” deve cercare di risolvere la questione palestinese.

2- La crisi irachena che ha forti legami con la questione palestinese, senza un dialogo con i vicini dell'Iraq e specificamente con l'Iran, è irrisolvibile. E' necessario intavolare le trattative con Iran e Siria per la soluzione dei problemi regionali e bilaterali.

3- Israele deve ritirarsi dalle alture del Golan

E' necessario che l'amministrazione Bush nell'ambito del rapporto Baker – Hamilton riprenda a Baghdad i negoziati con l'Iran e rinunci alla minaccia e all'uso della forza contro Tehrean, in modo che la società civile iraniana – punto di riferimento per tutto il Medio Oriente- si metta con più forze in cammino per ottenere e rafforzare la democrazia. Il futuro del Medio Oriente è legato direttamente ai destini della democrazia in Iran.