Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La metamorfosi dell'attività ludica

La metamorfosi dell'attività ludica

di Raffaele Ragni - 26/06/2007




Il carattere metafisico dei ludi arcaici, che non erano competizioni sportive ma feste sacrali, sopravvisse marginalmente nei giochi tradizionali (come la soule francese, l'hurlinge inglese, il calzo fiorentino, la pelota basca) che, sebbene fossero espressione del divertimento allo stato puro, venivano generalmente celebrati in occasione di festività religiose e di ricorrenze stagionali. Essi erano caratterizzati dal diffuso esercizio della violenza e dall'indeterminatezza delle regole. Era anzi la stessa mancanza di norme ad inasprire le competizioni fino a farle degenerare in sanguinose risse. Non sempre era prevista la figura di un arbitro. Le regole, quando esistevano, non erano affatto codificate per iscritto e in modo uniforme, ma venivano tramandate oralmente e variavano spesso da villaggio a villaggio.
La soule, ad esempio, si giocava su campi non confinati con un numero indefinito di giocatori e senza limiti di tempo, per cui le partite potevano coinvolgere centinaia di contendenti e durare anche l'intera giornata. Allo stesso modo il jeu de paume, presunto antenato del tennis, era praticato con racchette di forma variabile, così come diverse erano le dimensioni del campo e della palla. E' interessante notare come, fin dall'epoca dei giochi tradizionali, si manifestassero fenomeni all'apparenza simili a quelli legati allo sport contemporaneo. E' il caso del tifo per i campioni del calzo fiorentino, o del giro d'affari prodotto dal jeu de paume che, alla fine del Cinquecento, dava lavoro nella sola Parigi a 7.000 persone tra fabbricanti di palline e racchette, istruttori, impresari, giocatori professionisti e sorveglianti dei campi.
Erano tuttavia fenomeni isolati. I giochi tradizionali venivano praticati per puro diletto, senza codici uniformi, con l'espletarsi di un notevole grado di aggressività tra i contendenti anche quando erano previsti regolamenti ed arbitri. La transizione graduale dai giochi tradizionali allo sport moderno avvenne quando alcuni filosofi e pedagoghi europei cominciarono a valorizzare la funzione educativa dell'esperienza ludica e i direttori di alcuni college inglesi codificarono un insieme di norme volte a regolare i giochi preesistenti o ad inventarne di nuovi. Furono soprattutto Michel Montaigne, John Locke e Jean Jacques Rousseau a considerare gli esercizi ginnici come veicolo di formazione etica. Il gioco, a loro giudizio, doveva mirare allo sviluppo di virtù morali e sentimenti socialmente utili, cessando di essere una mera esibizione di forza bruta.
Le loro istanze educative ebbero particolare diffusione in Germania, tra la fine del XVII e l’inizio del XIX secolo, quando Johann Bernhard Basedow e Johann Friedrich Guts Muts elaborarono un progetto pedagogico volto ad inserire l'attività fisica nella formazione scolastica. In sostituzione di giochi finalizzati al puro divertimento, bisognava incoraggiare attività fisiche adatte a formare qualità come l'obbedienza, la sobrietà, l'equilibrio interiore. Palestre, campi di tiro a segno ed attrezzi ginnici, diventavano così gli strumenti per la formazione di una nuova coscienza civica e nazionale.
Alle tali teorie si richiamava Fiedrich Ludwig Jahn, patriota antinapoleonico fondatore di un’associazione denominata Turn, che considerava la ginnastica un'attività destinata ad enfatizzare nei giovani il senso d'appartenenza alla nazione tedesca. La pratica degli stessi esercizi, l'uso della stessa uniforme, l'obbligo di darsi reciprocamente del tu, avrebbero dovuto conferire ai membri del Turn un comune sentire ispirato ai valori del cameratismo e dell'amor patrio. La vittoria delle truppe prussiane sull'esercito francese a Sedan (1870) fu unanimemente considerata il risultato di un addestramento militare che aveva alla base anche l'insegnamento della ginnastica teorizzato e messo in pratica da Jahn.
Mentre in Germania la concezione pedagogica dell'attività ginnica veniva enfatizzata in chiave decisamente nazionalistica, in Inghilterra si affermava un modello sportivo che, sebbene fosse parimenti concepito come strumento educativo, trovò diffusione in una prospettiva soprattutto cosmopolita. Fin dall'inizio del XIX secolo i direttori di alcuni college inglesi, preoccupati per la carica di brutalità cui erano improntati i divertimenti dei loro allievi, iniziarono un processo di regolamentazione teso ad eliminare il ricorso alla violenza e a valorizzare la funzione pedagogica dell'attività ludica. I giochi di squadra entrarono così nel sistema educativo britannico come strumenti finalizzati a stimolare negli allievi la disciplina, la cooperazione e lo spirito di solidarietà.
Da quest'opera di codificazione nacquero il football, il rugby, la boxe, il tennis, che si diffusero nel mondo intero parallelamente all'espansione dell'impero britannico e, in alcuni Stati dell'Europa continentale, trovarono perfino l'ostilità dei sostenitori dei giochi legati alle tradizioni nazionali. Dovunque nel mondo, insieme ai manufatti tipici della prima rivoluzione industriale, i mercanti inglesi esportarono i moderni sport praticati nei college. Dai porti marittimi alle aree percorse dalle prime strade ferrate costruite da compagnie britanniche, i nuovi giochi si irradiarono verso le regioni interne su iniziativa di coloro che, avendone appreso le regole dai commercianti e dagli operai inglesi, si fecero promotori di club e tornei.
L'attività ludica - non più concepita come puro divertimento, ma come esercizio che esclude distrazioni stimolando la prontezza di riflessi e lo spirito d'iniziativa - divenne un operatore pedagogico della nuova cultura industriale, una sorta di allenamento ai ritmi della civiltà delle macchine. Lo sport moderno traeva infatti origine proprio da quelle circostanze che avevano favorito la produzione industriale: la razionalizzazione del calcolo, la misurazione del tempo, l'universalizzazione delle regole. Mentre gli antichi giochi seguivano le tradizioni locali, i moderni sport britannici esprimevano, su scala internazionale, il processo di standardizzazione tipico del sistema di produzione capitalistico.
Il football, il rugby, il tennis, si giocano secondo le stesse regole in ogni parte del mondo. Gli spazi in cui si svolgono le gare e la loro stessa durata vengono uniformati. Muta anche la periodicità delle competizioni: se il tempo dei giochi tradizionali era scandito dalle festività religiose a dal ciclico avvicendarsi delle stagioni - residuo questo del carattere metafisico dagli antichi ludi ellenici - la frequenza delle moderne gare sportive segue criteri autonomi, essendo prestabilita nel calendario dei campionati nazionali ed internazionali.
Esemplificativa di questa metamorfosi nella concezione temporale e spaziale dell'attività ludica è la trasformazione di alcune competizioni come la corsa a piedi. Fino all'Ottocento le gare venivano effettuate sulle lunghe distanze ed era premiata la resistenza. Gradualmente cominciarono ad assumere maggiore rilievo le corse brevi: la velocità, valore tipico della nuova era industriale, prevaleva sull'antico concetto di resistenza personificato dall'eroe di Maratona. Nasceva così, insieme al mito del primato produttivo tra i Paesi industrialmente avanzati, anche il mito del recordman e iniziava la corsa al primato sportivo.